Ieri... oggi, è già domani - 01 aprile 2025, 05:00

“Candu ga sona i campàn”... - “Quando suonano le campane”...

L’annuncio della festa, l’effetto sulle persone, il prete buono (don Roberto Macchi), gli amici chierichetti...

“Candu ga sona i campàn”... - “Quando suonano le campane”...

Avverto, proprio ora, uno scampanio solenne. Mi scoppia nel cuore, la gioiosità di quel suono che, appena lo assaporo, corro con la memoria ai tempi antichi. Li centellino come il buon vino. Li godo, per l'allegria delle campane a festa, per l'emozione che mi incutono, dentro lo sciabordio di momenti buoni, magari vissuti per la festa che viene o tutt'al più per gli impegni assunti, che vanno mantenuti.

C'è un brivido di piacere in quel martellare di tocchi e di rintocchi solenni. Momenti che vanno al "dovere", quando facevo il chierichetto e, con gli amici che ho già citato in altri componimenti, ci si tuffava ai piedi del campanile, imbracciando le corde (tutte di dimensioni differenti) per dar vita a un'orchestra che a tutti piaceva per il ritmo imparato ad ogni esecuzione, che formava armonia, senza il pentagramma.

Le campane mi hanno sempre mosso allegria. Non quella dei "rintocchi funebri", ma le campane suonate in ricorrenza di un Matrimonio, un  Battesimo, una Cresima, una Comunione, una Solennità racchiudevano i pensieri e le meditazioni, ma pure l'avvisaglia dei giochi in compagnia.

Sapevo, che dentro uno scampanio, c'era voglia di stare assieme, in allegria, coi "colleghi" chierichetti, coi preti (don Roberto, il "buono", don Giuseppe, l'energico e coi preti che si sono avvicendati alla Chiesa dell'Ospedale che negli anni successivi è diventata Parrocchia.

Ho indicato per primo don Roberto Macchi, additato da tutte le mamme "un predi bon mel pan" (prete buono come il pane) per il suo carattere docile e per la voce sempre sommessa dentro uno sguardo buono. Noi ragazzi volevamo sempre assisterlo, quando si andava a benedire le case, per Natale. Sapevamo che la "mancia" era sempre "tanta" per un "lavoro caritatevole" compiuto con addosso veste e tonaca e con le immagini di Gesù Bambino in mano, da lasciare in ogni casa. Con don Giuseppe Ravazzani (poi diventato Monsignore) si coadiuvava il suo Ministero.

Coi Matrimoni, i Battesimi, le Cresime e le Comunioni, c'era bisogno del (o dei, massimo due) chierichetto e, alla fine dei Sacramenti, ci si sedeva sulla poltrona della canonica, ad …. aspettare …. si sapeva (quasi per prassi), che i convenuti elargivano sempre una "mancia"…. non solo gli sposi, ma pure i parenti degli sposi, come si "usava" per gli altri Sacri Eventi. Sempre sotto lo scampanio festoso, si "mettevano via" quei soldi (si diceva così, allora). Non era un guadagno. Non lo si faceva per lucro, ma avere in tasca quattro soldi guadagnati, senza chiederli in Famiglia, era cosa …. giusta e onesta. Intanto, anche a suonare le campane era una delizia. Noi ragazzi, la nostra "devozione" la esprimiamo nel coadiuvare il prete e a tirare le corde con armonia, prima e dopo le varie Funzioni. Abbasso le palpebre e mi vedo con Fernando, Oliviero, Antonio, alle prese con le corde.

Terminata la "carriera" di chierichetto, il fascino di quel suono melodico, toccante e a volte incisivo, ci apparteneva. Era entrato nelle emozioni, per suscitare altre emozioni, ma pure per raccontarci "ti ricordi, quando, detto tra di noi", senza il sussiego per  un buon lavoro svolto, magari (scusate l'ardire) con professionalità. Il "campanaro" era un'arte!

Anche nei giorni feriali, le campane avvisavano i momenti di andare in fabbrica, quando il vespro invitava al raccoglimento; quando addirittura, sul far della sera, qualche rintocco "anomalo" ma efficace, confortava il contadino che avvertiva il messaggio del ritorno a casa, ma pure per ammonire l'arrivo dell'autobus che ci portava alle Scuole serali.

Quel tocco melodioso e suadente somigliava al pigolio dei passeri nel nido, a una ninna-.nanna per i pargoli fra le braccia di mamma, a un soffuso richiamo del Cielo che ci faceva attratti all'evolvervi della giornata sia quando scendeva la pioggia, sia quando il sole richiamava l'azzurro del bel tempo. Succedeva pure che il rintocco delle campane, lo si sentiva amico, allo spuntare del sole, al tramonto, quando il sole andava a dormire e i pensieri scivolavano sulle marachelle compiute, sui propositi di diventare migliori, sui giochi spariti, gli studi da rispettare, l'ammonimento di mamma che ogni tanto sospirava, per avere in casa un discolo che tuttavia, nell'esercizio delle sue funzioni, era sempre attento a mitigare ogni azione. La campana somigliava a un amico che consigliava il "far bene". Il mitigare era un calmare, un ponderare, un rendere meno intenso, meno acerbo, meno aspro, un rimbrotto o un consiglio "duro" che dovevi obbedire, pena l'esasperazione degli animi.

Le campane suonate a Festa contenevano i momenti di Felicità. Ho ancora nel cuore, la melodia di un'orchestra spicciola, fatta da amici senza un direttore acustico. Oggi, quel tocco lieve o acuto di …  un disco che intona e suona le campane, mi fa deglutire quasi per compiacermi, ma le rughe fanno pensare ai tempi lontani, a chi non c'è più, alle tenerezze che accompagnavano i fasti dei giochi, quelli del dovere …. talvolta quelli del dolore. Ma per me, uno scampanio festoso, ancor oggi, mi tocca il cuore, lo fa emozionare e mi "racconta" il respiro del tempo che fugge, ma che somiglia tanto all'amore! Non è nostalgia. E' sensibilità …. semplice come il suono delle campane!

Candu ga sona i campàn... quando la semplicità è dentro a un'emozione!

Giusepèn e TU ammiccano e sorridono compiaciuti!

Gianluigi Marcora

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