È ormai la star indiscussa della Schiranna, anche se sarebbe meglio dire il divo, visto che la magnifica gru coronata è un maschio, con tanto di test del Dna fatto fare attraverso l’analisi di una piuma. Fuggita dal vicino Zoo Varese il 26 febbraio scorso, questa specie, il cui nome scientifico è Balearica regulorum, vive di solito a sud del Sahara in coppie all’interno di un gruppo, in luoghi vicino all’acqua, ed è il simbolo della bandiera dell’Uganda.
Dopo il primo sconcerto e la domanda "che ci fa una specie africana al lago di Varese?" ecco che la voce di un uccello esotico alla Schiranna si diffonde nei social e così le fotografie della gru spopolano in rete, con persone che vanno al lago solo per vederlo, portandogli da mangiare e scattando a più non posso, anche perché il soggetto, di indubbia bellezza e nato in cattività, non teme l’uomo e si fa avvicinare.
La domanda che poniamo a Giambattista Lamperti, proprietario di Zoo Varese è ovvia: “Come mai non l’avete ancora riacciuffata?”.
«È semplice dirlo, vado là due volte al giorno per cercare di prenderla, ma appena mi vede si allontana di una ventina di metri. La gru si sente sicura quando ci sono più persone, ma capisce che voglio riportarla in gabbia e vola lontano. È scappata probabilmente per via di un buco nella rete fatto da una volpe, adesso è in ottima forma, perché la gente le porta da mangiare. La gru coronata si nutre di granaglie e piccoli invertebrati, io vado ogni sera a portarle il cibo, con la speranza di avvicinarla e prenderla, ma finora non ci sono riuscito. È nata in cattività e porta un anello con tutti i dati, del resto da 30 anni il commercio di questa specie è vietato. In fondo un po’ mi spiace catturarla, è diventata il beniamino dei bambini, e in effetti è un magnifico esemplare».
Milo Manica è il presidente del Gio, Gruppo insubrico di ornitologia, che si occupa di ricerca e divulgazione nella nostra provincia, spesso di concerto con la Lipu. Gli abbiamo chiesto se e quanto possa sopravvivere una gru coronata nata in cattività e al di fuori dal suo habitat naturale.
«Ce la può fare, finché la gente le porta da mangiare o trova cibo in giro. Però non è bene che una specie non autoctona sia libera, la gru va ripresa al più presto, anche per il bene dell’animale stesso. Questo esemplare non riconosce l’uomo come possibile nemico, per cui è anche esposto a pericoli, magari a qualche malintenzionato che lo vorrebbe impagliare. Non è una novità, comunque, vedere dalle nostre parti animali non autoctoni. Ad Angera, per esempio, stazionano due oche canadesi e un’alzavola sudamericana, e in pianura si avvista spesso qualche ibis sacro, una specie peraltro invasiva e originaria dell’Africa subsahariana».