Busto Arsizio - 11 marzo 2025, 09:20

La Giustizia del Perdono. Una serata per riflettere con la presidente emerita della Corte Costituzionale Marta Cartabia

Il pubblico del cinema teatro San Giovanni Bosco di Busto è stato catturato dalle testimonianze di Claudia e Irene e dalla loro storia di dolore e di ritorno alla vita

La giurista Marta Cartabia, presidente emerita della Corte Costituzionale, già ministra della giustizia, è intervenuta ieri sera, lunedì 10 marzo, al Cinema San Giovanni Bosco, in qualità di moderatrice dell’incontro “La giustizia del perdono. La storia di Irene e Claudia: un modo nuovo di fare giustizia”. Con lei erano presenti il prevosto della città, monsignor Severino Pagani, e il cappellano del carcere don David Maria Riboldi.

L’appuntamento rientra tra le catechesi cittadine organizzate dal Decanato di Busto Arsizio nell’ambito della rassegna “Giubileo in città”. Stasera e domani si replica rispettivamente con il film “Mother Cabrini” (ore 20.30 nel medesimo teatro con la presentazione di don Gianluca Bernardini, Presidente nazionale Acec Sale della comunità) e con l’incontro “Guerra e pace. Il contributo della comunità cristiana” con don Alberto Frigerio, docente di bioetica (ore 21 sempre al San Giovanni Bosco).

La Giustizia del perdono

Protagoniste dell’incontro di ieri sono state Irene Sisi e Claudia Francardi che hanno raccontato la loro storia in videocollegamento. Claudia era la moglie del carabiniere Antonio Santarelli.
Nel 2011 l’appuntato ferma un’automobile e il conducente, il diciottenne Matteo, risulta positivo all’alcoltest. Antonio sta redigendo il verbale quando il giovane lo colpisce alla testa con un bastone. Una colluttazione, anche con l’altro carabiniere presente, la fuga, poi lo stop e l’arresto. Tentato duplice omicidio. Una posizione che si aggraverà dato che dopo 13 mesi di coma vegetativo Antonio muore.
Come i famigliari e gli amici, Claudia è devastata, non abbandona la preghiera, si mette sulle orme di Gesù, cerca un senso, ma non trova pace, sprofonda in un calvario fatto di depressione, cure, farmaci, fragilità.
L’aurora spunta con Irene (nomen omen visto che in greco significa pace?), anch’ella colpita da un dolore lancinante: Matteo è suo figlio. Grazie al coraggio di guardare in faccia la verità, di assumersi la responsabilità e con il desiderio di stare accanto all’altro (parole di Irene), le due donne si avvicinano. C’è la mediazione del cappellano del carcere di Grosseto dove si trovava Matteo, c’è stata la lettera con la richiesta di perdono di Irene a Claudia, infine l’abbraccio. «Venirsi incontro è stato il nostro miracolo» ha detto Claudia.
La riconciliazione tra Irene e Claudia è stato un nuovo inizio, insieme hanno intrapreso un percorso che ancora continua. E lo stesso con Matteo. «Quando in aula gli diedero l’ergastolo tutti festeggiavano – ha raccontato Claudia - mentre io ho provato dolore. Già durante il processo erano scattati nei suoi confronti empatia e compassione». La loro storia è stato lo spunto per parlare della Giustizia riparativa, un nuovo modello introdotto proprio dalla Riforma Cartabia.

L’intervento della presidente emerita della Corte Costituzionale

«Dal bisogno di verità e di risposta non si può prescindere – ha dichiara la professoressa – per cui la Giustizia della punizione non va messa da parte. Ma non ci si può fermare lì. Quando il processo finisce, inizia un percorso». Il bisogno di cura della persona infatti non è risolto con la sentenza, ha messo in evidenza l’ex ministro. «Il reato ferisce, la giustizia deve poter curare. Quello che Claudia e Irene hanno vissuto è il paradigma della giustizia riparativa».
Una giustizia peraltro, a parere della giurista, adatta a tutti perché il bisogno umano è lo stesso. «Meglio di così – ha constatato infine la moderatrice – non si poteva iniziare la Quaresima dell’anno del Giubileo della Speranza».
«Oggi abbiamo letto un’autentica pagina di umanità e soprattutto un’autentica pagina di Vangelo» ha concluso Mons. Severino Pagani.

Mariagiulia Porrello

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