Ieri... oggi, è già domani - 09 marzo 2025, 05:25

"Me car Signui" - Mio caro Gesù

Mi fa notare, Giusepèn, che soprattutto le donne, quando erano in vena di invocazioni, dicevano "mio caro Gesù". Tuttavia, la sottigliezza induce a precisare che si preferiva invocare il "Signore" piuttosto di invocare Gesù. Che, in buona sostanza è l'identica cosa...

"Me car Signui" - Mio caro Gesù

Mi fa notare, Giusepèn, che soprattutto le donne, quando erano in vena di invocazioni, dicevano "me car Signui" che possiamo ben tradurre in "mio caro Gesù" - tuttavia, la sottigliezza induce a precisare che si preferiva invocare il "Signore" piuttosto di invocare Gesù. Che, in buona sostanza è l'identica cosa. Giusepèn, però fa rilevare che "Signui l'è pissè da coei" (Signore è più di cuore), e il dire Gesù, diventava maggiormente "da gesa" (di chiesa).

Non posso dargli torto. Ricordo benissimo quando mamma invocava l'aiuto di Dio, soprattutto per il figlio discolo che aveva in casa (me) e si proponeva così: "me car Signui, faghi fa co" (mio caro Signore, fallo maturare) con quel "fa cò" che letteralmente è "fare testa" che è un sinonimo del fallo maturare, ragionare, essere all'altezza della situazione. 

Il "me car Signui" lo si diceva di fronte a un problema grave, una necessità impellente, un motivo di salute che richiedeva l'intervento del potere divino. "Sta tenti, me car Signui" (fai attenzione) con la precisa invocazione del "car Signui" che doveva proteggere chi ne aveva bisogno. Di fronte a un lutto, "l'à fei a so oelta, car Signui" (ha compiuto il suo destino) raccomandando al Signore, la pietà che ogni defunto merita. In prospettiva degli esami, poi, mia madre si rivolgeva al Signore, così: "utàl Ti, car Signui" (aiutalo tu) buon Dio che fa parte sempre del "car Signui", ma somiglia più a un rafforzativo dell'invocazione.

Anche di fronte alle necessità quotidiane, il "car Signui" era logico nominare. Dopo aver consumato un pasto o una cena "esussi par tuci i por morti, car Signui...u mangiò anca in co" (osanna per tutti i cari morti, mio caro Signore... ho cenato anche oggi). Nelle ricorrenze, poi, il "car Signui" era d'obbligo. A un Compleanno, a uno Sposalizio, c'era sempre il "car Signui" da accompagnare alle necessità; "Lu, al t'à sculta" (il Signore, ti ascolta) e non c'era deroga che potesse essere citata.

Il "car Signui" era di famiglia e ti accompagnava nell'evoluzione della giornata e in prospettiva della notte da trascorrere "in di so brasci" (nelle sue braccia). Il mistico, diventava reale e per ogni necessità, lo si tirava in ballo, per "dami 'na man" (dammi una mano), per chiarire che la richiesta di aiuto, accompagnava un'azione che si voleva intraprendere, mai "fomi stà grozia" (fammi questa grazia) - l'aiuto per compiere bene un'azione è lodevole; il domandare di "far la grazia" senza il minimo impegno dell'azione, è deplorevole. Per dire -chiarisce Giusepèn in italiano- "che un senso logico è adoperarsi ad agire nel modo migliore e "delegare" il Signore a... fare tutto Lui è ben diverso dal collaborare.

C'è tuttavia qualche esempio, dove si cita Gesù e non "ul Signui" - ad esempio, quando ci si dimentica di qualcosa : "oh bòn Gesù" (a proposito, non si dice Gesù, come lo si legge in italiano, ma quel Gesù, lo si apostrofa alla francese. L'esempio non vuol essere irriverente, ma Gesù "l'è teme ù" detto ai cavalli che devono trainare un carretto, "va là, ù" (suvvia muoviti).

C'è poi un altro esempio che (e Giusepèn sta già facendo fibrillare i suoi baffetti furbi) nel mondo semplice, rupestre, contadinesco, operaio , si diceva... "candu a pèl a la tia pu, s'à racumandàn tuci al bon Gesù" (quando la pelle -ho usato un eufemismo- non tira più, si raccomandano tutte al buon Gesù) e, per dirla papele-papele erano i maschietti che pronunciavano quella frase, appioppando alla parola "pelle" il nome volgare dell'organo genitale femminile.

Chi si inorridisce per l'esempio, sappia (una volta per tutte) che si sta parlando del Dialetto Bustocco da strada e non di un "trattato teologale" che presuppone maggiore delicatezza.

Gianluigi Marcora

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