Attualità - 07 marzo 2025, 10:10

Il nuovo codice della strada spaventa e fa bere meno nei locali di Busto. Avanti anche la "wine bag" e i cocktail analcolici

Abbiamo svolto un sondaggio tra alcuni bar e ristoranti della città per capire come sono cambiate le abitudini dei bustocchi dopo l'introduzione di pene più severe per la guida in stato di ebbrezza. Molti lamentano una flessione del 30%, ma c'è qualche eccezione. Il caso dei giovani

Il nuovo codice della strada spaventa e fa bere meno nei locali di Busto. Avanti anche la "wine bag" e i cocktail analcolici

È in vigore da metà dicembre il decreto voluto dal ministro dei trasporti Matteo Salvini che ha apportato modifiche al Codice della strada. Pene più severe, tra le altre cose, per chi guida con un tasso alcolemico più alto di quanto la legge prevedeva già precedentemente: questo fattore ha impattato in maniera diretta sul consumo di alcolici nei locali pubblici, anche a Busto Arsizio. Molti degli esercenti che vendono, in varie forme, bevande alcoliche, infatti, segnalano diminuzioni anche del 30% nel numero di consumazioni ordinate dalla clientela, abituale o non. Ma, stando alle testimonianze, molto dipende anche dall'età degli avventori. 

Si tratta, probabilmente, anche di come la gente ha percepito il cambiamento della legge, in vigore dallo scorso 14 dicembre: «Partendo dal presupposto che girano meno soldi e siamo un po' tutti in crisi – spiega il titolare del Kandinsky di via San Gregorio, Agostino Ponsini – , il modo in cui il nuovo codice della strada è stato presentato ha indubbiamente creato confusione nella testa delle persone. Nonostante i limiti non siano cambiati, la gente ha più paura a fare un secondo giro, di bere superalcolici e, di conseguenza, si limita a bere altro. Ho parlato anche con alcuni ristoratori che spiegano come il numero di bottiglie ordinate a settimana sia il 10% rispetto a prima. È chiaro ci sia più paura rispetto a prima, ognuno di noi tiene alla patente perché è molto importante, soprattutto per lavorare. Ma Salvini, con questa legge, ha creato un bel disagio: non hanno saputo spiegare che non cambiava assolutamente nulla nei valori massimi, ma unicamente le sanzioni. C'è stato “terrorismo”: è chiaro che chi abita nel raggio di un paio di chilometri non ha problemi, ma chi deve fare più strada è intimorito. A monte, poi, c'è un problema strutturale: non abbiamo un adeguato servizio taxi o uber. Dovremmo tutti avere la possibilità di muoverci in libertà e divertirci, nel fine settimana è un diritto di tutti, ma non ci sono abbastanza mezzi per poterlo fare».

Di uguale tenore la testimonianza di Renato Bozzetti, titolare del Bar Franco di via XX Settembre: «Tra gennaio e febbraio c'è stato un calo del 30%, ora in molti si fermano alla prima consumazione. Di questo tema parlavo anche con i rappresentanti di vini e alcolici in genere, che mi raccontano di aver dimezzato le vendite. Manca poi un valido servizio di trasporto: se qui chiami un taxi, ti arriva dopo mezzora; oltre a non essere economico, non è neanche rapido. Per ovviare alla cosa, ho affisso un carrello suggerendo ai miei clienti di comprarsi qui la bottiglia da bere poi a casa».

La speranza degli esercenti è che il trend possa tornare a salire dopo un primo periodo di comprensione delle regole. «C'è indubbiamente stata una flessione – spiega Lorenzo Grana dal bancone dell'Harry's Bar di via Fratelli d'Italia - , soprattutto nelle serate in cui lavoravo maggiormente, ovvero venerdì e sabato sera, al momento dell'aperitivo e dopo cena. Numeri precisi non li ho, però il calo è quantificabile in un buon 20-30%. Clienti abituali, che una volta bevevano due o tre drink a sera, ora si limitano a un bicchiere, magari di birra. Parlando con molti di loro è chiaro ci sia timore ed è comprensibile che ciò avvenga. Indubbiamente i più attenti sono quelli che hanno da quaranta anni in su, ma anche i giovani, che magari prima bevevano tutti, adesso magari optano per una coca-cola. Seppur la tendenza generale sia in calo anche da prima, secondo me, passato questo primo periodo, nel giro di qualche mese si tornerà a livelli simili a prima, seppur leggermente inferiori». 

Non vale la stessa “regola” per tutti i locali. Ovviamente è anche una questione di clientela, a partire dall'età. Nelle fasce più giovani il calo è minore o addirittura non c'è stato: «La diminuzione è pressoché nulla tra i giovani – racconta Stefano Colombo, di Cafè 900 in via Montebello - : i ventenni, numeri alla mano, bevono quello che bevevano prima, magari perché poi non devono utilizzare l'automobile. Se flessione c'è stata, ma comunque minima, è solo tra gli over trenta. Gennaio e febbraio sono comunque mesi di relativa tranquillità, come è sempre accaduto negli anni». 

C'è poi chi sceglie opzioni di consumazioni diversa: «Non ho visto grande differenza di volume di vendita - spiega Alessio Guglielmi, chef del Crazy Point di viale Pirandello - ma sicuramente c'è chi presta più attenzione. E da intendersi in questo senso la scelta più frequente di chiedere il tappo e di portare a casa la bottiglia, che più spesso i clienti preferiscono non finire ma fare la “wine bag”, cosa che in passato non accadeva quasi mai».

Nella nouvelle vague della mixology bustocca sta provando a declinarsi anche allo “zero alcol”, un'alternativa che sembra piacere ai consumatori: «Molto probabilmente siamo una realtà che si contraddistingue da tutto questo movimento - afferma Ambrogio Ferraro di bar_is_the_name di viale Borri - poiché, già da quando abbiamo aperto, lavoriamo tantissimo con i cocktail analcolici. Questa scelta ha sicuramente facilitato il cliente a sceglierci quando è arrivato l'aggiornamento del codice della strada: il numero totale di cocktail non è cambiato e l'unica flessione sugli alcolici l'abbiamo avuta su altri prodotti come gli amari, che nel nostro locale sono secondari. In generale siamo molto attenti alla situazione, abbiamo anche il macchinario per poter fare un alcol test e, se un cliente dovesse necessitare mezz'ora in più per far scendere il proprio tasso alcolemico non abbiamo problemi ad aspettare».

Giovanni Ferrario

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