Sport - 06 marzo 2025, 08:10

“Tutto molto bello”: come la voce di Bruno Pizzul ha incorniciato i ricordi dei bustocchi

L'emozionante viaggio in auto insieme a Carlo Ferrario ma anche la sua voce associata ai risultati della nazionale di calcio italiana e di quella drammatica notte bianconera all'Heysel. Tanti frammenti di appassionati di sport rimarranno legati al modo elegante e garbato che aveva il telecronista friulano. «Non ostentava la sua grandezza, fu come un “nonno”»

Bruno Pizzul insieme a Carlo Ferrario

Bruno Pizzul insieme a Carlo Ferrario

Bruno Pizzul non c'è più. Come disse lui il 3 luglio del 1990, quando quel portiere argentino ci parò tutto: «Serata di grande delusione per noi». 

Sono tanti i ricordi che rimarranno legati allo stile inconfondibile, elegante e galante, di Bruno Pizzul, ma anche al fatto che, pur avendo commentato le partite della Nazionale italiana di calcio per vent'anni, non ha potuto “alzare nessun trofeo”. Purtroppo, infatti, la sua voce rimarrà una cornice melanconica per tutti i tifosi cresciuti in quell'epoca, incastrati tra il “Campioni del Mondo” di Nando Martellini e quello bitonale del duo Bergomi-Caressa. Un viaggio, da Madrid a Berlino, fatto tutto (o quasi) con "al volante" Bruno Pizzul da Cormons. 

Un viaggio con lui, di solo qualche manciata di minuti, è uno dei ricordi più belli della vita professionale (e non) di Carlo Ferrario, collega bustocco, volto noto del piccolo schermo, microfono alla mano, inviato sui parquet della Serie A di basket e sui rettangoli verdi della Champions League

Si torna a otto anni fa, al termine di una trasmissione di Sportitalia a cui entrambi avevano partecipato. Il noto telecronista ha bisogno di un passaggio a casa, a Milano, e Carlo si offre volontario, con sommo piacere. È un onore, per lui, poter condividere quel momento di inattesa intimità con un mostro sacro del mestiere: «Lo considero uno dei viaggi più belli della mia vita – spiega Ferrario - , lo ricordo come se fosse accaduto ieri tanto è stato intenso poter ascoltare i punti di vista e le opinioni di un uomo di così grande cultura. Lui però non ostentava ciò che aveva fatto, riusciva a non risultare stucchevole ma interessante. In un momento in cui il giornalismo è spesso una rincorsa al click, lui è stato grande con garbo ed eleganza. Il suo atteggiamento nei miei confronti di quella sera, poi, fu anche particolarmente affettuoso, come un nonno. Prima di scendere mi diede una carezza, come fossi stato suo nipote, con un sorriso unico e una raccomandazione: “Guida piano nel tragitto verso casa, mi raccomando”, un gesto per nulla banale per un personaggio di quello spessore».

Un professionista serio anche per uno dei personaggio più importanti del calcio a Busto: «Era molto piacevole ascoltare le sue telecronache – afferma l'ex presidente della Pro Patria ed ex assessore Alberto Armiraglio, tifoso bianconero – il calcio con lui ti faceva vivere la partita senza eccessi, con competenza. Era evidente, avendo giocato tra i professionisti, che fosse preparato e anche gli addetti ai lavori, al suo cospetto, hanno sempre avuto grande rispetto del suo lavoro. In quella triste finale dell'Heysel seppe rimanere misurato, senza eccessi, nonostante sapesse cosa fosse successo».

Un altro juventino che non riesce a gioire fino in fondo per la Coppa dei Campioni del 1985 è il tifoso tigrotto Roberto Rosanna: «Associo la sua voce allo straziante ricordo dell'Heysel, anche se per un appassionato di Juventus la coppa dalle grandi orecchie ha un sapore particolare. E poi Italia '90: “Vialli, tiro. Gol, gol di Schillaci”, queste parole me le ricordo ancora, nonostante il risultato dei quella semifinale con l'Argentina. 

Ognuno di noi tifosi, insomma, ha ricordi che vengono direttamente associati alla voce di Pizzul: «Dopo il Mondiale '82 visto (e ascoltato) da bambino, Mexico '86 è stata la prima manifestazione vissuta coscientemente – spiega Giorgio Pellegatta, nipote di Cesare, giocatore e allenatore della Pro in Serie A - Le delusioni più forti, però, sono state quelle delle edizioni 1990 e 1994. Le notti del campionato giocato in Italia diventarono meno magiche al gol di Caniggia, condita dalla sua pacata tirata d'orecchi al nostro portiere Walter Zenga per l'uscita errata. Guardai le gare di USA '94 con gli amici di sempre e, con l'avanzare delle partite, adottammo una strategia particolare che portò bene, almeno fino alla finale. Il “titolare” della telecronaca era sempre e immancabilmente Bruno Pizzul, ma lo “sostituivamo” nel corso del match girando su TMC, l'altro canale che trasmetteva in chiaro le partite della rassegna americana; era un modo scaramantico per sperare nella reazione della squadra e assolutamente non una bocciatura per il modo di raccontare, stupendo, di Pizzul».

Si arriva poi fino all'inizio del nuovo secolo, con gli Europei quasi vinti e il ricordo di un giovane Andrea De Tomasi in occasione della maratona in semifinale tra Paesi Bassi e Italia, vinta dagli azzurri ai rigori: «Vidi quella partita con mia nonna e mi rimase impresso il rigore sparato alle stelle da Stam. Pizzul gridò “Alto”, come fece con il rigore di Baggio a USA '94, ma con molta più enfasi». 

«Tutto molto bello». ciao Bruno. 

Giovanni Ferrario


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