Opinioni - 05 marzo 2025, 11:39

CIAO, MAESTRO. Quella voce che si porta via gli anni più belli della nostra vita

Bruno Pizzul e la telecronaca dell'Heysel con i morti a pochi metri da lui e la gente che gli diceva: "Per favore chiami mia mamma e le dica che sono vivo". Bruno Pizzul e le partite all'oratorio in cui ripetere ad alta voce quel suo "Gòòòòòllll". Bruno Pizzul e le serate estive in tv insieme agli amici ad aspettare la sua voce inconfondibile. Bruno Pizzul che non urlava davanti a una giocata di Baggio perché urlare non avrebbe aggiunto nulla alla bellezza del gesto

Bruno Pizzul se ne è andato a 86 anni

Bruno Pizzul se ne è andato a 86 anni

L’infanzia, l’adolescenza, gli anni dei giochi e delle ore spensierate si portano dietro tante cose: i ricordi, i giochi, le presenze di persone che non ci sono più, la semplicità. Ma si portano dietro anche una colonna sonora fatta di voci che hanno accompagnato il periodo più bello della nostra vita, quello in cui il futuro e i guai potevano essere fatti fuori con un po’ di fantasia.

Bruno Pizzul è stato la colonna sonora della mia adolescenza, della mia e di tutti quelli per cui il calcio e le partite della Nazionale erano qualcosa di più importante e di più serio rispetto a una semplice partita di pallone. Erano serate estive a condividere una tv insieme ai vicini, perché gioire per una vittoria o piangere per una sconfitta è più facile se si è in compagnia, con quella sua voce inconfondibile a condire ogni immagine. Erano notti magiche inseguendo un gol e il gol magari era di Schillaci magari era di Vialli e chissenefrega perché comunque sarebbe stato urlato con quel suo “Gòòòòllll” e ci bastava questo. Erano le serate di Coppa con l’Inter che non ce la faceva mai a passare il turno con il Real, erano la delusione dopo la sconfitta con il Bayern ma allo stesso tempo erano quel “Berti, Berti, Berti, Berti, Berti” ad accompagnare la galoppata dell’Olympiastadion di Monaco.

Bruno Pizzul è stato uno dei più grandi giornalisti della nostra storia, uno cha ha cambiato il modo di fare il nostro mestiere con la sua telecronaca dall’Heysel che andrebbe mostrata in tutte le scuole di giornalismo per spiegare come si fa a fare una diretta di tre ore con i morti a pochi metri da te e la gente che ti cerca per passarti un bigliettino con un numero di telefono “Per favore signor Pizzul chiami la mia mamma e le dica che son vivo”.

Bruno Pizzul è stato una delle interviste più belle che mi sia mai capitato di fare, trent’anni dopo quella tragedia quando mi misi in testa di fare due pagine per raccontarla e non potevo certo fare a meno di parlarne con lui. Gentilissimo nel rispondermi, professionale nel raccontarmi, uomo quando a un certo punto disse “Ora però basta, perché lei non ha idea di quanto mi faccia male parlare di queste cose”.

Un gigante, in tutti i sensi. Un pezzo della nostra storia che se ne va. Della storia del nostro sport e di quando non serviva urlare davanti a una giocata di Baggio perché urlare non avrebbe aggiunto nulla alla bellezza più vera. Della storia del nostro Paese e di quanto fosse facile sognare, e bastava aspettare un papà che tornasse a casa dal lavoro un po’ prima e una partita da vedere insieme. Della mia storia e di quando ascoltando Pizzul mandavo a memoria le telecronache per poi ripeterle ad alta voce mentre giocavo a pallone all’oratorio. Avevo scelto di fare il giornalista o forse il giornalismo aveva scelto me, e tanto di quel che è successo dopo è figlio di quelle serate, figlio di quella voce, figlio di Bruno Pizzul.

Ciao, Maestro.

Francesco Caielli


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