Busto Arsizio - 11 febbraio 2025, 08:13

Esodi forzati e foibe, una serata per conoscere e fare memoria. Il dolore e le braccia aperte di Busto

In occasione del Giorno del ricordo la Croce Rossa ha organizzato un convegno per parlare della tragedia che ha coinvolto gli italiani del confine orientale

Centotrentacinque metri di buio scavati nella terra sono stati la tomba di Norma Cossetto (a cui è dedicato il Parco di via Ugo Foscolo a Busto), studentessa istriana legata e gettata viva in una foiba dopo essere stata arrestata dagli uomini di Tito, stuprata e seviziata.

Una sorte che è toccata a migliaia di italiani che come lei si sono trovati a vivere in quella parte d’Italia che, dopo la sconfitta della seconda guerra mondiale, Italia non poteva essere più. L’Italia perse l’Istria, la Dalmazia, la regione giuliana; gli italiani che abitavano là persero tutto, casa, amici, famiglia, lavoro, oggetti, terra, e talvolta pure la vita.

Lunedì 10 febbraio, Giorno del ricordo (LEGGI QUI), nell’Aula magna della nuova sede di via Savona, il comitato locale della Croce Rossa, grazie in particolare ai Cultori divulgatori di storia della Cri, ha ricordato l’esodo giuliano-dalmata e la tragedia delle foibe.

Tenere vivo il ricordo

Ad aprire il convegno, dopo il saluto dell’organizzazione di volontariato, Giulio Turconi, è stato Pier Maria Morresi, presidente del comitato di Varese dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, nato a Pola nel 1944, esule. Esule come lo sono statti circa 360mila italiani del confine orientale. «Il ricordo va comunicato – sono state le sue parole – va studiato così diventa storia. Se non conosciamo il passato non possiamo interpretare la complessità del presente». 

L’Italia doveva pagare alla Jugoslavia i danni di guerra, ha spiegato, e l’ha fatto con le case degli italiani in quelle regioni. «Le cinque provincie perse – ha dichiarato Morresi - hanno combattuto come tutte le altre province, la guerra l’hanno persa tutte, ma sono state le uniche a pagare la sconfitta».

Ricerche e testimonianze

Con l’aiuto della moderatrice Giovanna Bonvicini, il pubblico ha potuto ascoltare racconti e testimonianze da parte dei componenti della Cri e non solo.

Oreste Foppiani ha parlato degli esodi forzati avvenuti tra il 1943 con l’arrivo dei titini e il 1956. «È stato detto – ha affermato - che gli esuli hanno dovuto lasciare le loro case perché erano tutti fascisti, ma non è così: hanno dovuto lasciare tutto perché erano di origine e di lingua italiana».

La “sorella” (crocerossina cioè) Paola Costa ha letto “Addio Pola, addio” dal diario di Mariuccia Pussini, mentre Edoardo Sechi, studente dell’ultimo anno del Liceo artistico Candiani, indirizzo teatrale, ha letto un brano sul “treno della vergogna” che trasportava gli esuli da Ancona a La Spezia (e sul quale viaggiava anche lo stesso Pier Maria Morresi che allora aveva 3 anni). Gianluca Fontana ha raccontato la storia di Norma Cossetto.

C’è poi il capitolo degli scomparsi, persone “sparite” nel nulla, come è accaduto al tenente medico Giorgio Rossaro, medico della Croce rossa. «Di lui si erano perse le tracce – ha raccontato Marcello Ceriani - ma nel 2005 una storica slovena ne ha scovato il nome insieme a quello di altri 1.000 prigionieri. Tre ore dopo la pubblicazione del suo lavoro la ricercatrice è stata licenziata. La speranza – ha aggiunto il relatore – è che prima o poi la storia permetta a tutti gli eredi almeno di sapere in quale luogo poter piangere il proprio caro».

Tra tante sciagure, ci sono anche uomini di speranza. Tra questi, don Emerico Ceci arrivato a Busto Arsizio come coadiutore di San Giovanni e insegnante di religione. Come ha spiegato Stefano Mazza, fu lui a convincere l’allora sindaco Giampiero Rossi a realizzare quello che sarebbe diventato il Villaggio dei Giuliani e Dalmati a Borsano. Il Comune ci mise il terreno, il Governo i soldi e gli industriali bustocchi la loro generosità. Nel 1966 venne inaugurato.

La parola al sindaco di Busto Arsizio

A chiudere la serata, dopo la proiezione di un concentrato del film “Rosso Istria” di Maximiliano Hernando Bruno, è stato il primo cittadino Emanuele Antonelli, presente insieme a tanti rappresentanti dell’Amministrazione comunale.

«Oggi ho detto agli studenti della città che non siamo stati bravi a mettere in pratica le cose che non si devono fare più. Ma poi ci ho riflettuto meglio: alcuni di noi non sono stati capaci. La cosa più straziante è pensare che bimbi piccoli strappati dalle loro case ci sono ancora oggi. Però non è giusto mettere in mezzo tutti perché c’è tanta brava gente in giro. Dobbiamo continuare a fare del bene come voi fate – ha aggiunto rivolgendosi alla Cri – che poi forse è la migliore risposta al male».

L’evento di lunedì è stato importante. Lo ha rimarcato anche il sindaco. «Sono cose queste che più si vedono e più fanno soffrire. È possibile – si è chiesto – che c’è gente che non soffre? Questo non riesco a capirlo».

Mariagiulia Porrello

TI RICORDI COSA È SUCCESSO L’ANNO SCORSO A FEBBRAIO?
Ascolta il podcast con le notizie da non dimenticare

Ascolta "Un anno di notizie da non dimenticare 2024" su Spreaker.
SU