Concentrato, attento, defilato: don Luigi Ciotti ha seguito in silenzio, da semplice partecipante, la prima parte della commemorazione dedicata ai deportati della Comerio Ercole, nel parco che ai martiri della storica fabbrica è dedicato. Poi, al Teatro Manzoni, l'oratore ufficiale della ricorrenza ha tenuto un discorso vibrante, quasi tellurico per quanto ha provato a scavare in profondità, del presente e della storia.
Davanti alla lapide che ricorda gli uomini del gennaio 44, è stata la voce storica di Natale Pargoletti a introdurre la cerimonia e gli interventi. Presenti le autorità civili, militari e religiose (con il sindaco, Emanuele Antonelli, e la presidente del Consiglio comunale, Laura Rogora, una folta rappresentanza di assessori e consiglieri di Busto, sindaci della Valle, la vicesindaco di Legnano, Anna Pavan, l’eurodeputata Isabella Tovaglieri, Francesco Speroni, ha impartito la benedizione don Giorgio Fantoni) le associazioni d’arma e combattentistiche, ovviamente l’Anpi e una delegazione della Franco Tosi, l’altra fabbrica che, sul territorio, visse il dramma della repressione e delle deportazioni. Liberto Losa, presidente di Anpi Busto Arsizio, ha tenuto un discorso incentrato su alcune parole chiave: coralità, che caratterizza la partecipazione alla ricorrenza, barbarie, quella dispiegata dai nazifascisti, legittimità, dello sciopero «indetto da lavoratori che non riuscivano a sfamare i propri figli».
Apprezzata la presenza, tra letture, canto e performance teatrale, degli studenti provenienti dai licei Crespi, Candiani, Bausch, dall'Olga Fiorini, applaudito il Consiglio comunale dei ragazzi di Cassano Magnago (il sindaco giovane, Paolo Dabraio, ha affiancato sul palco del Manzoni Emanuele Antonelli).
Al Manzoni, don Ciotti ha preso le mosse dalla disumanizzazione che inevitabilmente la guerra genera, dall’effimero “basta” detto da tutti al termine del secondo conflitto mondiale, dai milioni che ancora soffrono e muoiono sotto le bombe.
«Serve un supplemento di umanità (…) - ha ammonito - Ci sono date che graffiano dentro ma la memoria viva deve tradursi in responsabilità e impegno. Il vero progresso, amici e amiche, è crescere in umanità». Il fondatore di Libera ha ricordato le tante situazioni critiche dell’oggi: migranti, carceri, morti sul lavoro, precariato. «L’umanità è sempre in divenire a ha un’infinita possibilità di bene. Il processo di liberazione non è ancora terminato, il sacrificio che qui stasera ricordiamo non è terminato, è incompiuto, ricordiamo la resistenza di ieri ma sentiamo dentro il bisogno delle resistenze di oggi».
Sulla meta cui tendere: «La libertà è il motore più potente della storia, ha animato la Resistenza e ci ha consegnato la democrazia. Faccio fatica a dirlo ma quell’ideale in parte è stato tradito. Mai generalizzando o dimenticando le cose belle, dobbiamo dirci che la libertà in molti contesti è degradata, da bene comune è diventata bene individuale, con un passaggio dall’ecosistema all’egosistema. Occorre impegnare la nostra libertà per liberare chi libero non è. Chi è povero non è libero, chi è senza lavoro, chi non ha accesso al diritto alla salute non è libero. Dobbiamo amare il nostro Paese ma anche sapere che ci sono momenti in cui tacere diventa una colpa, parlare è un imperativo etico». Sui morti della Comerio: «Loro sono stati assassinati, loro sono morti. Noi dobbiamo essere più vivi».