I bambini di Haiti, i piccoli del Madagascar: una doppia emergenza, quella che si trova ad affrontare suor Marcella Catozza contando sul cuore dei tanti amici, di chi ha conosciuto la bontà dei suoi progetti. E proprio prima di partire per l'Africa, la missionaria bustocca ha voluto fare un incontro nel territorio. Sarà questa sera, mercoledì 8 gennaio, alle ore 19 alla Meeting House di Olgiate Olona, in via Landriani 10: «Celebreremo insieme l'Eucarestia e festeggeremo con una pizza».
A gennaio sono previsti la posa della prima pietra e l’inizio dei lavori della casa di accoglienza in Madagascar: « Ancora una volta siamo chiamati a rispondere ad un’urgenza: 67 bambini albini hanno bisogno di una casa. Devono essere portati al nord del Paese perché al sud la credenza che li reputa figli del diavolo, li farebbe uccidere. In tutta l’Africa esiste un commercio di “pezzi” di corpo di bambini albini come amuleti. I progetti non nascono a tavolino, ma in risposta ad un bisogno incontrato e quindi quando mi è stato chiesto se fossi disponibile ad accoglierli non ho potuto non rispondere che le porte della nostra casa sono spalancate. La stella ci guida, i passi sono certi, l’avventura inizia».
Tutto questo senza scordare i bambini di Haiti: suor Marcella ha dovuto lasciare quel Paese martoriato, ma l'impegno continua. La violenza dilania ogni giorno la gente di Haiti ed è avvenuto un massacro «davanti alla Kay di circa 200 persone, maggiori di sessant’anni, ritenute responsabili dei riti wodoo». Alla fine saranno più di 400 i morti, «portati davanti alla Kay, sgozzati, uccisi a colpi di machete, bruciati... Tra quei 400 il marito di Nadege la nostra cuoca, da sempre con noi: lascia due bimbi. Il nonno di Christophet, uno dei nostri bambini. Monsieur La Fortune, il giardiniere della nostra scuola materna, e ancora tante persone che conoscevamo. Sparite per sempre nel silenzio del mondo. Qualche giorno dopo la notizia uscirà e anche in sede Onu si griderà allo scandalo, si metterà una taglia sulla testa del capo e si chiede a chiunque ne abbia notizie di telefonare ad un certo numero.... Ridicoli! Tutti sanno dov’è! Non si sta nascondendo, è tranquillo in bermuda e maglietta che passeggia per Waf dicendo che non ha finito perché ha parlato con il diavolo che gli ha chiesto 1.500 anime...».
La gente si è messa in fuga, un inferno mai visto nonostante Haiti abbia dovuto pagare prezzi pesantissimi. «E allora nell’inferno di Waf cosa non è inferno? La nostra casa! - osserva suor Marcella - La Kay ed i suoi abitanti, bambini ed adulti che continuano dentro una situazione disumana a sperare e a credere che il Buon Dio li ama e che cambierà le cose. Non sperano nell’Onu, nell’Unicef o nella polizia, sperano in Dio e a Lui si rivolgono per chiedere aiuto certi che un giorno saranno ascoltati. La speranza di Waf è la nostra casa. La speranza di Haiti è la nostra casa».