Ieri... oggi, è già domani - 04 dicembre 2024, 05:02

"magolciu e calastria" - disordine e povertà

Due parole del Dialetto Bustocco da strada che inducono ad attenta riflessione

"magolciu e calastria"  -  disordine e povertà

Due parole del Dialetto Bustocco da strada che inducono ad attenta riflessione. Non tanto per l'etimologia delle parole stesse, quanto invece, per il loro significato. Che, nella parlata popolare, hanno un rilievo non solo morale, ma analizza il tenore di vita della gente semplice di allora. E, visti i tempi odierni, "magolciu" e "calastria" hanno molta attinenza con la realtà.

Il "magolciu" è tutto ciò che crea disordine. Quando si arruffano i capelli, quando non si abbinano gli abiti che si indossano, quando il disordine impera in casa, quando si mescolano cose alla rinfusa. Di esempi specifici, se ne possono fare tanti. Ricordo mamma che quando non mettevo a posto la cartella, coi libri necessari per quella giornata, mi apostrofava con "vò, che magolgiu" (guarda che disordine) - oppure quando mi spogliavo per un bagno ristoratore e buttavo tutto lì, senza curarmi di mettere la biancheria sporca, da una parte e non a contatto con la biancheria pulita, mi sentivo dire "che magolciù" (che disordine)  -  oppure, quando si mettevano i giocattoli utilizzati, dentro una panca, senza curarne l'ordine, per poterli trovare, all'occorrenza …."varda chi, che magolciu" (guarda che disordine)  - di esempi ce ne sono a bizzeffe, ma il Bustocco, racchiude in una parola, tutto ciò che fa disordine e che non ubbidisce all'etica della persona.

Spostiamoci ora sul termine "calastria" che era in uso soprattutto in tempo di guerra. Espressamente, la "calastria" racchiude tutto ciò che manca del necessario, per stabilire il grado miserrimo riguardante la povertà. Oggi, c'è chi ha troppo e chi ha poco, ma anche gli indigenti sono in una categoria precaria del tenore di vita, ma non nell'assoluto nulla. Chi vive per strada, coperto di stracci o di scatoloni, può contare su qualche "anima buona" che riserva loro un bagno, un pasto caldo, un ricovero e, pur essendo nella povertà più acuta, qualche volta riescono pure anche a mangiare (ho esasperato un po' la narrazione, ma è per dire che non siamo ancora ad un passo della …. calastria). Ecco, con la "calastria" vuol dire avere nulla, non avere la speranza per il domani, non poter nemmeno contare sull'aiuto degli altri. Calastria è il fallimento della dignità umana.

Per portare un esempio sulla vita vissuta, so che la mia generazione (quella del dopoguerra), ha si provato il "morso della povertà", ma non ha provato la "calastria" che invece hanno vissuto i nonni ed i genitori nati nel periodo delle due guerre: 1915-1918 e 1940-1945 che, agli stenti hanno patito le "proibizioni" o i palliativi delle "tessere" che non saziavano i normali bisogni di vita.

In casa mia, ogni sera a cena, c'era la minestra (un giorno di riso e un giorno di pasta), poi c'era un pezzo di formaggio o qualche fetta di "bologna" o di "spalla" per concludere con una mela. Talvolta, mi lagnavo con mamma per quell'abitudine di cucinare sempre la …. minestra. Lei taceva e solo poche volte mi rispondeva con un laconico "ringrazia 'l Signui ca podu dati a minestra e caicossa d'oltar" (ringrazia il Signore che posso darti la minestra e qualcos'altro) e la vedevo triste, corrucciata, per queste mie esternazioni. D'accordo,… subito dopo mi pentivo e mi sentivo "sporco" e poco riconoscente ai sacrifici dei miei, ma intanto …. il danno era fatto (senza conseguenze). Per dire che la "calastria", i miei genitori, l'hanno provata, mentre io dovevo ritenermi fortunato per quella minestra, quel tozzo di pane con formaggio o salame e per quella mela. La povertà, c'è stata, ma differente fra i miei familiari e me.

Che dire ancora? - non mi garba andare nel pietismo, ma devo solo dire che allora, vigeva il cosiddetto "mercato nero" ed i miei, non potevano aderirvi, per il fatto che non avevano i mezzi per poterlo fare. Una volta dissi in casa "se non avessi da dar da mangiare ai miei figli, andrei a rubare" e mamma mi redarguì pesantemente. A parte che ero un giovanotto e di figli non ne avevo, ma a mamma non garbavano certe affermazioni. "Poi, ma unesti" (poveri ma onesti) soleva dire e quel "senso di Giustizia" che applicava sul babbo e lo zio Giannino, lo applicava anche con me. E da allora e per quanto è stata viva, io la ringrazio …. senza pudore e senza reticenze. Solo per dirle grazie!

Gianluigi Marcora

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