Ha parlato della sua vita, la dottoressa Alessandra Kustermann, della sua carriera, del centro antiviolenza da lei fondato alla Mangiagalli, della “Cascina rinascita” e dei progetti-pilota che sta portando avanti. Ha intrattenuto la platea della sala Tramogge che questa volta era popolata dagli studenti di quarta del liceo scientifico Tosi. Sì perché in occasione della giornata contro i femminicidi del 25 novembre e in ricordo del triste anniversario dell’uccisione di Giulia Cecchettin, l’istituto bustese ha pensato bene di invitarla accanto alla coordinatrice del centro antiviolenza Eva Odv Cinzia Di Pilla, che ha fatto il punto della situazione a Busto.
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Dal liceo classico a Medicina, senza tralasciare la politica
Ad accoglierle la dirigente Fabiana Ginesi che, parlando della violenza di genere, ha fatto emergere «l’emergenza educativa, il delicato rispetto che non è sinonimo di debolezza, bensì di attenzione: nell’uso delle parole ad esempio». Di Pilla ha poi esordito raccontando il suo curriculum professionale, cedendo poi la parola ad Alessandra Kustermann che, sulla stessa scia, ha proseguito illustrando passo dopo passo il cammino da lei compiuto per arrivare a diventare dirigente medico di I livello nel reparto di Ginecologia e Ostetricia alla Clinica Mangiagalli nonché Dirigente medico – Direttore Ginecologia e Ostetricia dell’U.O.C. di Pronto Soccorso ed Accettazione Ostetrico – Ginecologico, Soccorso Violenza Sessuale e Domestica (SVSeD).
Una carriera che la dice lunga a partire dal liceo classico da lei frequentato prima a Milano poi gli ultimi due anni a Roma e concluso un anno prima, la sua passione iniziale per gli animali. «In quinta ginnasio pensavo di intraprendere la carriera di veterinario – ha esordito – poi, frequentando un corso alla Croce Rossa, mi sono appassionata di medicina. Sfidando i genitori, in particolare il padre che per fortuna mi aveva insegnato che “Se qualcuno ti sfida e tu vuoi vincere, ti devi impegnare moltissimo”, ho deciso di concludere il liceo classico effettuando due anni in uno, ma non a Milano (non era possibile), ma in una scuola privata a Roma».
Diplomata, ecco l’iscrizione alla facoltà di medicina: «Anche se un po’ pesanti, le materie mi sono piaciute subito – ha raccontato – Poi quando al terzo anno “sono arrivate le cliniche” ho capito che quella era la mia strada. Un evento ha poi cambiato radicalmente il mio modo di vedere le cose: il colpo di stato in Cile. Voglio dirvi, ragazzi, che anche alcuni eventi straordinari possono portarvi a compiere determinate scelte».
A 21 anni si sposa, a 22 nasce la prima figlia, poi il secondo figlio dopo una gravidanza patologica che l’ha costretta al ricovero in ospedale. «Nel frattempo studiavo e non ho mai abbandonato la politica, tanto che ho portato avanti e lottato per la proposta di alcune leggi come quella sull’aborto, il divorzio, il delitto d’onore: la libertà di scelta è l’unico faro in cui credo. Fare il medico è stato per me importante anche perché ho capito che potevo cambiare un piccolo pezzo del mondo sanitario. Mi piacerebbe che anche voi, ragazzi, aveste la possibilità di cambiare un pezzo di mondo».
Il Centro antiviolenza
La dottoressa Kustermann continua nella descrizione della sua carriera, in cui a un certo punto s’inserisce negli anni Novanta la costituzione insieme al dottor Eugenio Vignati del centro antiviolenza alla Mangiagalli. «La sanità doveva occuparsi di violenza, visto come un reato contro la persona, non solo contro la morale pubblica», ha precisato. E snocciola numeri da brivido: «Al centro di Milano si contano mille casi all’anno, di cui 550 sono violenze sessuali, il numero degli uomini si aggira sui 55, quindi 950 sono donne e bambini. Ogni anno contiamo anche un centinaio di casi di violenza sui minori di 13 anni».
La dottoressa Kustermann, in pensione con due anni di anticipo, si è dedicata al centro antiviolenza e ha portato avanti altri progetti, come la “Cascina rinascita”, finalizzata a «far rinascere un bambino o una donna che hanno deciso di ricominciare a vivere. E per fare questo – ha puntualizzato – occorre dare benessere (vivendo in un bell’ambiente), autostima, autonomia economica e abitativa». Così in un rudere ristrutturato e protetto dalle belle arti, ha preso il via la “Cascina rinascita”. Accanto anche il progetto pilota dedicato a 90 donne, pagate con uno stipendio per la formazione, laboratori, tirocini e per i ragazzi con attività di pet terapy e ginnastica per i disturbi del comportamento.