Vedere Giusepèn che si commuove è quasi … commovente! - scusate l'incrocio di parole, ma io che gli ho visto l'espressione ilare del suo sguardo, m'è piaciuto assai. Proprio così, commovente!
Di che si tratta? m'è capitato di ricordare un vecchio detto (per me) che, per Giusepèn è ancestrale. E' questo: "a estòia da San Martèn, a la dùa tri dì e 'n zichinèn" (letteralmente è (l'estate di San Martino, dura tre giorni e un po' di più) - per chi non ricorda la "storia" la riassumo in poche parole: sul calendario, San Martino si celebra l'11 di novembre - narra di una vicenda che vede protagonista un soldato romano e un poverello quasi ignudo, trovato per strada. Il soldato, visto il povero tutto infreddolito, non esitò a tagliare in mezzo il suo mantello e farne dono all'uomo - e d'improvviso, in un momento di freddo autunnale, apparve il sole , la temperatura divenne più calda e mite, rispetto a quelle che si riscontrano durante l'autunno.
San Martino è il Vescovo di Tours e la vicenda (leggenda religiosa) è narrata nel IV° secolo d.C. e vuol lanciare un messaggio caritatevole - offrire al prossimo, un aiuto concreto, senza attendere un "invito" a compierlo ….. appunto, come fece quel soldato romano nei confronti del poverello.
Per giustificare i TRE GIORNI di temperatura che arriva ai 28° si possono calcolare i "tre giorni" sia precedenti l'11 novembre sia successivi a tale data. Gli storici asseriscono che "non è raro" avere uno sbalzo di temperatura in novembre che fa da "ponte" alle normali temperature autunnali con le temperature maggiormente rigide che si riscontrano in inverno.
Giusepèn commenta: "candu 'ndeu a scoea, a San Martèn, tuci eàn in giru senz'ul paltò … ghean tuci coldu e fean festa da broi giugatuni" (quando andavo a scuola, a San Martino, tutti circolavano senza il cappotto -paletòt di desinenza francese, importata qui dai Liguri, quando occuparono la nostra plaga- avevano tutti caldo e facevano festa da bravi giuggerelloni).
Ci tiene a dire Giusepèn che anche per "ricordi" così semplici, ci si divertiva …. magari con quattro marroni ben cotti che diventavano caldarroste o con la "faina di mochi" (farina di castagne) che si accompagnava "cunt'ul giusu" (con la barretta di liquirizia) che deliziava il palato della gente.
I ricordi di Giusepèn, non si fermano qui: i tempi dell'Oratorio sono indimenticabili e, con l'estate di San Martino si "inventavano" giochi all'aperto che coinvolgevano tutti quei ragazzi: i "figuiti, i bugetti, cunt'ul pignò, a piramide e ul pasèn, al tigalè, a tola, a scondàs e a saltò dontar àa corda".
Traduzione: "le figurine" - "le biglie con la base di tre biglie e una sopra la base" - la piramide, con una base di dodici biglie e, a scalare, sino ad arrivare a una biglia - il toccarsi dopo aver raggiunto il compagno di giochi - la "tòla" era una latta gigante o quella delle conserve che a debita distanza si doveva colpire - nascondino - e il salto dentro la fune che ai lati di essa, c'erano due compagni che la facevano roteare.
Oggi, non si gioca più così …."ghe'l computer … i telefuniti…ah che mondu …." un pizzico di sconforto, Giusepèn, lo manifesta (c'è il computer, ci sono i telefonini …ah, che mondo) e capisco che ora devo confortare il mio caro Giusepène so come: "un fiò da Nocino, Giusepèn?" (un sorso di Nocino?" e sul suo visto ossuto, gracile, rugoso, riappare un sorriso dolcissimo!