Il detto espresso nel titolo è popolare, non solo in Lombardia, ma pure in parecchie Regioni Italiane - il culmine della Festa (lo dicono gli esperti) si svolge a Maratea, in Basilicata, ma anche qui, specie a Busto Arsizio, …. non si scherza. Giusepèn tira in ballo "usi e tradizione" di casa nostra. E ne cita esempi che …. mi coinvolgono: lui del '26 ed io del '46 per significare che anch'io ho vissuto gli "esempi" che vado a raccontare.
San Biagio è il "Patrono della gola". Protegge da raffreddori, raucedini e quant'altro. E per essere "protetti" è necessario compiere un "rito" del tutto confacente coi bisogni naturali. Quindi, per "benedire la gola" occorre mangiare "qualcosa" di benedetto. All'epoca (lo dice Giusepèn) c'era solo il panettone (il pandoro non l'avevano ancora "inventato"); quindi si utilizzava il panettone "risparmiato" da portare in Chiesa per essere benedetto. C'erano pure i biscotti!
Tuttavia (è sempre Giusepèn che parla), la gola andava benedetta anche per gli animali; altrimenti avrebbero potuto incorrere in penose malattie come la raucedine, anche nei trilli del gallo o nell'abbaiare del canne o nel muggito delle mucche o nel nitrito del cavallo. Vuoi lasciar fuori i volatili? no di certo: passerotti e piccioni dovevano anch'essi benedire la gola.
Giusepèn racconta quel che accadeva in casa sua; io ci metto la mia esperienza che è simile a Giusepèn, ma non uguale nei particolari - Giuepèn non aveva "animali da stalla"; noi avevamo gli "animali da cortile", ma attraverso lo zio Aldo, avevamo esperienza anche per gli "animali da stalla" che dovevano essere accuditi, ma pure tutelati appieno.
La mattina (Messa Prima, inizio ore 6.15 precise, presso la allora chiesetta dell'Ospedale, oggi Parrocchia dedicata a San Giuseppe) col "fardello" di sporte e sacchetti, ci si recava in Chiesa. Mamma provvedeva a mettere nella sporta, il panettone avanzato, con l'aggiunta di biscotti, riso e pasta - non solo, c'era pure la granaglia per il becchime e granoturco per i conigli - papà e zio Giannino pensavano alle manciate di fieno per i conigli e per il cavallo (di nome Piero che era nella stalla dello zio Aldo), oltre alle mucche (tre per la precisione). Il "carico" era notevole, ma la Benedizione della gola aveva importanza capillare.
Mamma "ammoniva" seria: "a Messa s'à va par tempu" che voleva significare "ci si alza presto, ci si mette a posto e si partecipa alla Santa Messa sin dall'inizio della celebrazione" (sic) - ciascuno aveva in mano il relativo sacchetto e mamma portava la sporta. Al momento della celebrazione c'era la Benedizione della gola delle persone che avveniva con due candele che il prete incrociava sotto al mento con prospettiva collo e si comprendeva quanto la gola fosse benedetta - noi ragazzi sapevamo anche che a indossare sciarpe o maglioni a girocollo era superfluo …. San Biagio, sapeva e ci …. proteggeva. Poi, il prete passava a Benedire sporte e sacchetti che portavano in processione i fedeli e la "liturgia" richiedeva una mezzora buona per benedire …. tutti.
Il ritornello su San Biagio, però era recitato da tutti, ma proprio tutti, appena ci si salutava sul "paschè dàa gesa" (sagrato della chiesa) per il freddo che ci era piombato addosso (non esistevano i riscaldamenti in chiesa) - tutti, ma proprio tutti comprendevano che "a San Biasu a ga gea a guta sut'al nasu" (a San Biagio gela la goccia sotto il naso) che le persone asciugavano e che durante i giochi, i bambini, ma pure i ragazzi e …. qualche adulto, asciugavano la "goccia" utilizzando la manica del maglione. Giusepèn "dem … te a scrivi chi robi lì" (suvvia …. è necessario scrivere questi particolari?) e subito dopo "t'e fèi ben…l'e veitò" (hai fatto bene …. è verità).
Chi non benedice la gola prenda accordi col farmacista. Il "mal di gola" è in agguato!