Politica - 17 agosto 2022, 11:49

Rampi candidato alla Camera: «Un brianzolo a Varese? È la legge elettorale, ma ci assomigliamo. E conosco il territorio»

Il già deputato e attualmente senatore del Pd Roberto Rampi è capolista nelle prossime elezioni nella nostra provincia. Filosofo, 44 anni, si racconta: «Il primo lavoro di mio padre, benzinaio a Sesto Calende. Mi batto per la cultura, ferita dal Covid, e verrò a incontrare la gente, a partire dai giovanissimi». Obiettivo battere l'astensionismo. E c'è un giallo, ma è quello scritto da lui "Assassinio a Montecitorio": «Ci parla di ieri e ci mette in guardia oggi»

Roberto Rampi è di Vimercate e compie 45 anni il 17 settembre

Roberto Rampi è di Vimercate e compie 45 anni il 17 settembre

Un brianzolo in provincia di Varese: Roberto Rampi è già stato deputato, poi senatore e ora è capolista del Pd alla Camera per il nostro collegio nel proporzionale. Segni particolari la filosofia (teoretica) e l’impegno per la cultura. Tra l’altro ha anche scritto un giallo, “Assassinio a Montecitorio”, con prefazione di Walter Veltroni. Ma Rampi – 44 anni che diventeranno 45 durante la campagna elettorale – ama anche la musica e scorgendo l’apprezzamento per i Police, gli chiediamo di depositare un “messaggio nella bottiglia” per i cittadini di Varese o Busto e di tutta la provincia. Perché dovrebbero votare un politico di Monza?

Lui sta al gioco e risponde con il sorriso: «Prima di tutto, io non sono di Monza, ma di Vimercate. Ci tengo anch’io a precisare. Come la Brianza voterà Alessandro Alfieri, gli incroci sono importanti: sono territori che hanno delle somiglianze e il tema è costruire insieme».

Lei ha avuto due esperienze parlamentari, attualmente è senatore.

Sì, e in questa seconda esperienza sono stato sempre nella commissione cultura, come capogruppo del Pd. Inoltre sono stato eletto parlamentare del Consiglio d’Europa, realtà che si conosce magari poco.

Qui un po’ di più. Questo territorio ha seguito con attenzione la nomina della prima donna segretario generale all’assemblea parlamentare, Despina Chatzivassiliou, greca ma cresciuta anche qui.

Guardi, ho sostenuto la sua elezione, abbiamo insistito perché ci piaceva il suo profilo. Una gran donna. Ecco, le dicevo del mio impegno della cultura. Io mi sono laureato in Filosofia teoretica con una tesi su Umberto Eco, prefazione di Gianni Vattimo, del quale sono amico. Sono un gadameriano e un vattimiano. La mia cultura politica si basa su quelle riflessioni: il diritto alla conoscenza, che abbiamo approvato anche in Consiglio d’Europa, è la traduzione politico-giuridica dell’ermeneutica. La democrazia è un confronto libero tra idee fondate, non idee dogmatiche di verità che portano – tutte – al totalitarismo. Vanno argomentate e servono strumenti culturali e informativi per discutere in maniera fondata.  

Riapprofondiamo la sua candidatura in una zona che non la conosce.

Io non ho condiviso e ho anche combattuto questo incrocio della legge elettorale e del taglio dei parlamentari, i collegi diventano molto meno omogenei. La capolistatura nasce dal fatto che Monza Brianza condivide con Varese quella del Senato, cioè quella di Alessandro Alfieri. Così io sono capolista alla Camera. Detto questo, le affinità sono fortissime. Con il Pd regionale (lui ha iniziato da consigliere comunale, poi vicesindaco a Vimercate salendo poi fino ai vertici nazionali) ho lavorato molto con Varese, con Busto e il territorio, ad esempio mi sono occupato di Maga e di Alfa Romeo. Sono territori a cui voglio molto bene. Le dico di più.  Ho anche un piccolo legame familiare, due fratelli di papà in provincia di Varese. Mio padre Francesco, peraltro, ha svolto il suo primo lavoro a 16 anni qui: benzinaio a Sesto Calende. Io conosco bene ad esempio il lago Maggiore. E ho tanti contatti con Saronno, più vicino a noi.  

Sarà una campagna elettorale intensa e tosta, per farsi conoscere anche qui. Più fisica o social?

Guardi, mi ha cercato già ieri la responsabile organizzativa del partito a Varese. I Circoli hanno piacere a promuovere iniziative e io ho dato massima disponibilità.  Ora sto compilando le carte della candidatura, il 21 c’è il deposito delle liste e dopo il 22 sono pronto. Non ho mai staccato quest’anno, ero a Roma anche ieri e tornerò. Aggiungo che ho bellissimi contatti con  una realtà che organizza iniziative negli istituti scolastici. Probabilmente farò una serie di incontri con giovanissimi, vale la pena investire del tempo per rispondere ai loro interrogativi e convincere gli astensionisti e gli indecisi. 

Anche in provincia di Varese le percentuali di astensionismo sono amare. 

Partiamo dai ragazzi, facciamo cose anche informali, le domande vengono fuori. Anche con i vicini di casa, ripeto, andiamo fuori dai tradizionali circuiti della politica. Poi conosco diverse realtà organizzative nella musica e nel teatro in questo territorio. Se venissi eletto, con Alessandro lavoreremo per portare avanti iniziative di entrambe le province.

L'emergenza Covid ha sconvolto anche il mondo della cultura, a partire dagli operatori non in prima linea, come i tecnici. Che cosa si è fatto per loro?

Molti di loro hanno anche cambiato mestiere e noi abbiamo perso talenti. Una questione di cui ho cercato di occuparmi. Se perdiamo queste figure professionali, ci perde la società tutta. Ecco perché abbiamo lavorato all’introduzione dell’indennità di discontinuità, che copre cioè i periodi non lavorati.  Il Covid ha fatto emergere la drammaticità della situazione e quei periodi sono diventati importanti. Un altro tema interessante è la semplificazione delle regole. Dobbiamo compiere un salto di qualità, la cultura è un bene primario per l’uomo.

Lei prova a tornare a Montecitorio. Ci passi la battuta, ma ci vuole coraggio visto che ha scritto un giallo, “Assassinio a Montecitorio”, lì ambientato. Senza spoilerare, ci dice almeno se si scova il colpevole nel suo libro?

Sì, posso dirlo, si trova! Anzi, le dirò altro: è un giallo che ha una dimensione storica reale, ambientato negli anni Venti. Un periodo che ha somiglianze con i giorni nostri. C’è un morto, ma il vero grande morto sarebbe stata la democrazia. Il giallo serve anche a quello: a raccontare come si uccide, sul nascere in quel caso, una democrazia. E a stare ben attenti quando si vedono quelle condizioni.

Marilena Lualdi

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