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Scuola | 24 aprile 2025, 16:04

Il processo di Shamgorod: quando il teatro dei giovani diventa atto di resistenza

Otto studenti delle scuole superiori portano in scena “Il processo di Shamgorod” di Elie Wiesel, in un progetto teatrale intenso e coraggioso. Hanno scritto il copione, studiato il testo e affrontato temi come odio, fede e indifferenza. Lo spettacolo andrà in scena il 3 maggio al Teatro Sant’Anna, a offerta libera. A sostenere i ragazzi "Gli Amici di Angioletto"

Il processo di Shamgorod: quando il teatro dei giovani diventa atto di resistenza

“Il processo di Shamgorod” porta sul palco otto studenti delle scuole superiori che, prossimi a dover vivere quello che è il nostro futuro, vogliono farsi sentire tramite una delle armi più taglienti che ci siano: il teatro, una delle forme espressive più potenti, che viene difficilmente data in mano ai giovani per esprimere loro stessi. 
Eppure tutto nasce dal teatro, dal perdersi nei personaggi di un racconto che nonostante sembri lontano, riguarda tutti quanti. Ad essere messo in scena non sarà solo l’odio che dilania il mondo, non sarà solo l’indifferenza di esseri umani che hanno mollato troppo presto, ma anche le speranze per un futuro in cui la discriminazione non trovi terreno in cui radicarsi.

Sabato 3 maggio (ore 20.30) sul palco del Teatro Sant’Anna, otto studenti provenienti dal liceo artistico – sezione teatro – e da altre scuole superiori (tra cui il liceo scientifico di Parabiago e l’istituto Olga Fiorini), metteranno in scena “Il processo di Shamgorod”, adattamento teatrale di “The Trial of God” di Elie Wiesel. Ingresso a offerta libera, con il ricavato destinato a coprire i costi del teatro. Un progetto ambizioso, coraggioso e profondamente necessario.

Una regia giovane con radici profonde

Dietro alla regia c’è Nicole Trevisan Gioffrè, che racconta: «Tutto è partito dal libro: mi era piaciuto tanto, così ho deciso di presentarlo a scuola per la Giornata della Memoria. A quel punto mi sono detta: perché non metterlo in scena? Abbiamo chiesto ai prof, fatto ricerche sul testo e ci siamo divisi le parti. Le tematiche sono tante e interessanti: odio religioso, violenza, il relazionarsi dell’uomo dopo una tragedia, la resilienza».

Il gruppo di attori è composto da Nicole Trevisan Gioffrè, Andrea Baltieri, Lucia Bastone, Luca Fiore, Iris Ghidoni, Angelica Passeri, Giada Zoe Russo ed Emanuele Sarais. Otto giovani, ciascuno con il proprio sguardo sul mondo, che si confrontano con un testo difficile e profondo, in cui si mescolano fede, dolore, dubbio e speranza.

La storia di tutti: memoria, identità, responsabilità

“Il processo di Shamgorod”, così come si svolse il 25 febbraio 1649 è ambientato in una locanda, in una cittadina distrutta da un pogrom. Sopravvivono solo un taverniere, Berish, e la figlia Hanna, stuprata e impazzita. A loro si uniscono tre attori girovaghi e una cameriera. In questo microcosmo, si discute di Dio, di fede, di amore, di morte, e si celebra un Purim amaro e surreale. In mezzo a tutto questo, si decide di intentare un processo contro Dio: è colpevole dell’orrore subito dagli uomini? È indifferente alla loro sofferenza? O è Egli stesso una vittima?

Wiesel scrisse questo testo nel 1979, ispirandosi alle sue memorie da sopravvissuto della Shoah. Nato a Sighet, deportato ad Auschwitz a 14 anni, premio Nobel per la pace nel 1986, nel “Processo di Shamgorod” Wiesel mette in scena il dialogo interiore tra l’odio e il perdono, tra la fede e la disperazione. Le sue parole, come quelle del dialogo tra Berish e Mendel, colpiscono il cuore e lo stomaco: “Berish: io ho paura del mondo intero.
Mendel: io non ho paura.”
Un duello ideologico e spirituale, che i ragazzi hanno saputo fare proprio con grande maturità.
 

“Trust the process”: quando la fiducia diventa rivoluzione

Il progetto prende il nome di “Trust the process”: un invito a credere nel percorso, anche quando è difficile, anche quando non si vedono risultati immediati. Un nome che è dichiarazione d’intenti.
«Il progetto nasce con un obiettivo: criticare l’indifferenza. Parlare di quanto sia pericoloso l’odio religioso, di fede, di morte, del ribaltamento degli schemi. Far pensare chi ci guarda. Perché anche i ragazzi hanno qualcosa da dire, e il teatro può essere il loro megafono».

In un mondo che spesso affila i coltelli e costruisce muri, otto ragazzi hanno scelto il palco come forma di resistenza. Hanno scritto, pensato, provato, discusso, pianto e riso insieme, dentro un copione che è diventato parte di loro. Lo spettacolo, tratto da un’opera teatrale ambientata nel 1649, non è storia antica: è attualità. È denuncia. È domanda aperta.

Chi recita per chi?

La domanda che resta sospesa, alla fine, è quella più potente: “Chi recita per chi? Chi è il pubblico di chi?”
Il confine tra palco e platea si sfuma, si scioglie, si trasforma. È la vita, che si riflette nella scena e chiede di essere ascoltata. È un grido che risuona: “Fuori affilano i coltelli e voi fate del teatro?” Sì. Perché il teatro è arma, è scelta, è cambiamento. E allora il teatro diventa vita, e la morte diventa un elogio alla vita stessa: “A volte è bella, a volte è piuttosto brutta. Ma la vita è la vita: giustifica tutto.”

Per info sullo spettacolo:
https://sites.google.com/view/trust-the-process-teatro/eventi/the-trial-of-god

A sostenere gli studenti "Gli amici di Angioletto" e il Comitato Soci Coop. 

Laura Vignati

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