«Le mie scelte? Le ho sempre fatte per il bene comune». Si intitola proprio “La scelta” il libro che Sigfrido Ranucci ha presentato questo pomeriggio a Varese, dialogando al Lyceum in via Carrobbio con Pasquale Diaferia, nell’ambito di Think&Talk by Living.
Il libro ripercorre le principali inchieste del conduttore di Report, già inviato per le rubriche del Tg3 e RaiNews 24, intrecciandole con aneddoti e vicende personali.
Scelte, appunto. Quelle che hanno guidato i suoi numerosi servizi, spiega il giornalista, hanno avuto come filo conduttore il bene comune. «Alcune sono venute bene, altre meno», racconta a margine. Tra le prime, cita la denuncia dell’uso del fosforo bianco in Iraq da parte degli Usa, o il ritrovamento dei quadri di Tanzi, con aneddoti gustosissimi sulla nascita di questa inchiesta (nel corso dell’incontro citerà anche quella sulla pandemia).
Nessun ripensamento sulle scelte professionali. «La scelta che non avrei voluto prendere – dice invece – riguarda la vita privata, quando fui costretto per motivi di salute a mentire a mio padre, una persona a cui tenevo tantissimo e che mi ha insegnato a battermi per la legalità».
Il giornalismo in Italia
Ranucci, figura emblematica del giornalismo d’inchiesta, si sofferma sullo stato dell’informazione. «L’Italia è il paese europeo con più giornalisti minacciati, 516 – afferma –. 270 sotto tutela, 22 sotto scorta, con il record di politici che denunciano i giornalisti e una serie di leggi che ci portano verso il bavaglio o l’oblio di Stato. Dobbiamo impegnarci a difendere il nostro diritto di essere consapevolmente informati».
Ecco perché Ranucci auspica «tanti giovani liberi, coraggiosi, indipendenti che si cimentino col giornalismo in questo momento molto complicato. Ne abbiamo bisogno. Sto facendo chilometri su chilometri per presentare il libro per significare l’importanza di fare questo mestiere. E dire che se ce l’ho fatta io, nonostante tutti gli attacchi, ce la può fare chiunque. L’importante è fare una scelta consapevole finalizzata al bene comune». Il racconto della sua esperienza può essere uno sprone: «La mia vicenda personale può diventare un incentivo. Qualcuno mi ha detto che vivere con me è un po’ come vivere in un film. Spero di poter ispirare anche un solo giovane a fare questo mestiere».
La raccomandazione della mamma
Coraggio e stress sono due aspetti tornati più volte nel corso dell’incontro, seguito da tanti varesini attentissimi. «Dal 2021 sono sotto scorta. La mia vita non è cambiata molto – racconta Ranucci –. Facevo una vita di merda prima e ho continuato a farla, non ho mai frequentato i salotti».
Tante le difficoltà: per difendere un servizio di nemmeno venti minuti, «passo anni tra aule giudiziarie, minacce, fango, dossieraggi. Con tantissimo stress per le persone a me care».
A rinfrancarlo, il messaggio di una madre incontrata in una delle tante presentazioni del libro, che gli ha portato il messaggio della figlia, che lo ringraziava per l’impegno per la collettività dopo aver trascorso i mesi della malattia guardando le inchieste di Report.
A guidarlo un’ossessione per la cosa pubblica: «Mio padre, che non ha mai potuto vedere una puntata di Report da me condotta, era nella Guardia di Finanza e mi ha catechizzato sul bene comune».
La mamma, invece, quando Sigfrido ha ricevuto il testimone di Milena Gabanelli, lo chiamava a telefono: «Mi raccomando, stasera non fare i nomi».
Il processo a Varese
Oggi Ranucci era a Varese come autore, ma dovrà tornare come imputato per le denunce - tra le altre - del ministro Giancarlo Giorgetti, dell’avvocato Andrea Mascetti, dell’avvocato Maria Cristina Fontana, figlia del presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, relative a servizi di Report andati in onda nel 2020.
«Si esprimerà il giudice, noi pensiamo di aver fatto il nostro lavoro – afferma a latere –. Tra 196 tra querele e richieste di risarcimento danni, non mi è mai passato per la mente di accusare i magistrati. Abbiamo gli strumenti per poterci difendere all’interno della legge».