«Lizzani diceva ai suoi amici del mondo del cinema: guarda che se vai al Baff passi all'A/storia». Lo ricorda Paolo Castelli, direttore esecutivo del Baff. Allora l'albergo che si affacciava in viale Duca d'Aosta era più che vivo e vegeto: rappresentava un riferimento per Busto. Ci passavano le star, i campioni, ma era legato anche a quei piccoli ricordi quotidiani legati anche alla natura tessile della città: quei turisti d'affari, diremmo oggi - allora, clienti o rappresentanti e spesso destinati a diventare amici - passavano da lì.
Anche per questo motivo ha destato emozione la notizia che non solo riprenderà vita l'immobile, ma anche assumendo la medesima natura di un tempo (LEGGI QUI). Sui social tanti hanno commentato l'annuncio con l'entusiasmo di chi condivide memorie di lavoro o di incontro. Un tempo, Astoria significa anche il mitico
Moreno. Almeno la parte del ristorante non è venuta meno, ma la vista di quel gigante accanto addormentato faceva male al cuore dei bustocchi e non solo.
Dicasi Oscar
Si scrive Astoria, si legge anche Oscar. Lo rammenta sempre Castelli, perché l'albergo era la colonna dell'ospitalità oltre vent'anni fa quando nacque a Busto il festival del cinema: «Anche alcune star e premi Oscar sono stati ospitati all'Astoria. A molti piaceva perché potevano andare in centro a piedi senza dover chiedere un driver per arrivare».
Era un fattore chiave, pragmatico, per l'hotel. Arrivavi lì e non avevi bisogno di niente: pochi passi e si poteva raggiungere il centro storico. «Ricordo che la Spaak fece shopping in particolare in un negozio - dice ancora Castelli - Una mattina ho fatto colazione con Luis Bacalov e Gabriella Cristiani, la montatrice di Bertolucci. Una altra volta andai a prendere dei farmaci per Anna Galiena che mi apri la porta della camera con l'accappatoio e un asciugamano sui capelli». Perché era un albergo, era casa.
Non solo Pelè
Una consacrazione sportiva venne senz'altro con un'immagine: quella di Pelè che scende dalla scalinata dell'Astoria, anche se poi soggiornò a Lisanza, ospite di un imprenditore.
Ma c'è una squadra intera che era solita frequentare l'Astoria: la Roma di Liedholm. Se a Busto negli anni Ottanta sbocciò anche una minigenerazione di romanisti fu anche per quella coincidenza. Un paio d'anni fa, ospite del Roma club di Como, Sebino Nela raccontava anche quel lato delle trasferte al Nord: il soggiorno a Busto Arsizio.
Tanti ragazzini incontravano i giocatori della Roma, dal campione del mondo Bruno Conti a Falcao, all'indimenticato capitano Di Bartolomei e molti altri. Una figura fondamentale fu il massaggiatore Giorgio Rossi, una vita dedicata alla squadra, che se scorgeva una piccola bustocca a caccia di autografi, non solo l'aiutava, ma avrebbe mantenuto per sempre il legame tra cartoline, foto firmate, gadget inviati a Busto Arsizio.
L'Astoria divenne la casa naturale per la Roma, ma più che una magia bisogna parlare di un mago: quello di Bienate. Per questo motivo, si diceva che Liedholm puntasse senza esitazione verso Busto Arsizio.
Un legame silenzioso
Ma non di sole star viveva l'Astoria. Quella sua praticità era prediletta anche dai concreti imprenditori bustocchi quando clienti, fornitori e rappresentanti anche dall'estero viravano su Busto.
Dove accoglierli nella vivace città del tessile? Questo albergo sul "viale della Gloria" è stato a lungo l'unico, poi l'iconico. Erano tempi ben diversi, dove le distanze erano reali e il virtuale si stentava a immaginarlo pure nella fantascienza.
I tempi in cui bisognava muoversi, ma nascevano e crescevano i legami. Si tornava qui a fare affari e si faceva amicizia. Un fan irriducibile dell'Astoria è il bustocco ad honorem Giordano Chatzivassiliou, padre della futura segretaria dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa (LEGGI QUI). Aveva studiato in città e poi era tornato in Grecia, ma quando annunciava il suo arrivo a Busto quando ancora brillavano quelle tre stelle, non c'era bisogno di chiedergli dove si fermasse: all'Astoria.