Lucio Battisti in una delle sue più famose canzoni cantava "capire tu non puoi, tu chiamale se vuoi emozioni" e "parlar del più e del meno con un pescatore per ore ed ore per non sentir che dentro qualcosa muore".
Le emozioni sono stati mentali che si attivano in risposta a stimoli prodotti in un particolare momento ed è esattamente quello che ho provato personalmente nel mio recente viaggio a Cagliari, ospite di carissimi amici comuni di Gigi Riva come Giuseppe Tomasini che mi ha raccontato dello scudetto del 12 aprile del 1970 proprio mentre passavamo davanti allo stadio Amsicora. Ascoltando il suo ricordo mi è sembrato di risentire la grande festa di popolo di allora: chiamala se vuoi emozione.
Ho poi avuto il grande privilegio di essere invitato a casa di Sandro Camba, il grande amico sardo di Gigi ed avere avuto l'onore di sedermi esattamente allo stesso posto del tavolino del ristorante preferito di Rombo di Tuono, di gustare il suo piatto preferito cucinato con maestria da Kiky e di trovarmi in convivialità nel luogo più inviolabile di Riva insieme ai suoi figli Mauro e Nicola: chiamale se vuoi emozioni.
Chiamale emozioni, lo scoprire che gli studenti delle scuole primarie hanno invitato i giocatori del Cagliari del periodo dello scudetto, per capire e comprendere la storia, che dal quel 12 aprile del 1970 ha cambiato la Sardegna, da isola di confine a luogo di turismo e di benessere. Diciamo che il calcio ha aiutato, ma tanto hanno fatto i sardi con il loro grande cuore votato all'ospitalità.
Chiamale emozione, ripercorre al tramonto la spiaggia del Poetto mentre il sole va a calare e ripensare alla prima intervista in questo luogo fatta da un Luigi arrivato in Sardegna con la sorella Fausta, dove il primo suo amico è stato il Martino pescatore. Chiamale se vuoi emozioni, sentire dagli amici Tomas, Regi, Sandro Oliviero, che ogni giovedì sino al’ ultimo giorno andava a trovare il Gigi e insieme ammiravano le fotografie della sua Leggiuno.
Per chi crede nei sogni, basta un gradino per raggiungere le stelle ed io sulla via del ritorno in aereo, forse vicino alla stella di Rombo di Tuono ho spostato lo sguardo e siccome sono un sognatore che non si è mai arreso, ho pensato che forse idealmente con tanta semplicità come piaceva a Gigi, dobbiamo tendere una mano e unire la terra del Lago Maggiore e quella sarda, perché il popolo sardo è da 55 anni riconoscente alla leggenda di Rombo di Tuono e noi leggiunesi abbiamo il dovere di esserlo.
A Leggiuno sono sepolti i suoi più cari affetti, il paese è meta di molti sardi che vengono a visitare il lago Maggiore e la sua casa: senza troppa enfasi ma con discrezione abbiamo il dovere di costruire questo doveroso ponte culturale, ricreativo, sportivo ed affettivo che lega le due terre bagnate dall'acqua.
Chiamiamole emozioni: penso non ci voglia poi molto a trasformare questo obiettivo in realtà nel paese delle "Lucine di Natale", basta in fondo accendere solo un riflesso in più per illuminare il nostro lago. Nell' attesa mando un abbraccio ai miei meravigliosi amici sardi.