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Storie | 30 marzo 2025, 09:42

L'INTERVISTA. L'astrofisica Maddalena Reggiani a caccia dei segreti dell'universo: «Ecco cosa si scopre guardando il cielo»

Coordinatrice dei progetti di strumentazione astrofisica della KU Leuven in Belgio e mamma di cinque figli, la quarantenne sta lavorando a numerosi progetti. «La prima idea di fare questo lavoro mi è venuta all’epoca delle scuole medie»

L'INTERVISTA. L'astrofisica Maddalena Reggiani a caccia dei segreti dell'universo: «Ecco cosa si scopre guardando il cielo»

Ha la testa fra le stelle, Maddalena Reggiani, che per interesse e per lavoro va a caccia dei segreti dell’Universo.

Astrofisica quarantenne (con cinque figli) di Busto Arsizio, dove ha frequentato le scuole fino al liceo classico Crespi, la Reggiani dopo la laurea in fisica alla Statale di Milano, la tesi magistrale, il master a Baltimora e il dottorato a Zurigo, è approdata in Belgio per il post dottorato. Prima all’Università di Liegi e poi alla KU Leuven dove dal 2022 è coordinatrice dei progetti di strumentazione astrofisica.

Nel 2020 il suo nome e quello dei colleghi del suo gruppo di ricerca avevano fatto il giro del mondo perché erano riusciti, con un sistema di misurazione diretto, a catturare la prima immagine in assoluto di un sistema multiplanetario attorno ad una stella simile al Sole, ma più giovane.

Dal Belgio dove abita ci spiega quali sono i più importanti progetti di strumentazione astronomica a cui sta lavorando mentre contestualmente porta avanti l’attività di ricerca.

Il primo è un progetto europeo a cui collaborano parecchie università e istituzioni. Si tratta dello sviluppo di Metis, un riproduttore di immagini e spettrografo nel medio infrarosso che sarà posizionato sull'ELT, l’Extreme Large Telescope dell’Eso (European Southern Observatory). Quest’ultimo è un telescopio di dimensioni ciclopiche, di 39 metri di diametro (quelli attuali arrivano ad una decina), ancora in costruzione, che troverà abitazione nel deserto cileno.

«Lo strumento – afferma la Reggiani, project manager per il Belgio – potrà servire, tra le altre cose, per scoprire ulteriori esopianeti, cioè pianeti esterni al nostro sistema solare, attraverso la presa di immagini ad alto contrasto. Dovrebbe essere pronto per il 2030».

Poi c’è Marvel, una schiera di quattro telescopi installati alle Canarie connessi ad uno spettrografo che consentiranno di effettuare la caratterizzazione degli esopianeti scoperti da altre missioni spaziali dell'Agenzia Spaziale Europea, come Plato e Ariel.

Infine il satellite Cube Spec, finanziato dall’Agenzia spaziale europea. «E’ un progetto pilota – spiega la scienziata bustocca – che vuole mostrare che in due anni riusciamo a realizzare e spedire nello spazio un satellite per fare asterosismologia delle stelle massive (stelle da 8 a 50 volte più pesanti del Sole). In pratica vogliamo fare con le stelle più o meno quello che sulla Terra fa la sismologia. L’obiettivo è capire com’è fatto l’interno degli astri».

Le stelle massive infatti non sono stelle qualsiasi. «C’è chi le chiama le fabbriche dei mattoni dell’universo – dichiara l’astrofisica -perché a parte pochissime sostanze derivanti dal Big Bang, la maggior parte degli elementi chimici che compongono l’Universo, e di cui noi stessi siamo fatti, sono prodotti nel cuore di queste stelle che li rilasciano quando esplodono».

Ma se da una parte le stelle massive arricchiscono il cosmo, dall’altra hanno anche un effetto distruttivo a causa dei forti venti e delle radiazioni che sprigionano e che possono influenzare l’ambiente circostante. «Studiarle – dice la Reggiani – ci permette di capire di più su come si è formato anche il nostro sistema solare».

Ma facciamo un passo indietro.

Quando hai deciso di diventare astrofisica?

«La prima idea mi è venuta all’epoca delle scuole medie quando, durante un incontro pubblico a Milano, avevo sentito parlare un ricercatore, poi diventato mio prof., di cosmologia».

Busto per te è…

«Casa. Ci torno sempre. Anche se la mia vita è qui a Liegi, considero Busto casa mia».

Qual è il cielo più bello che hai visto?

«Quello del Cile».

Non è facile, almeno da noi, riuscire a vedere un cielo stellato

«Uno dei problemi è l’inquinamento luminoso, anche se ci sarebbero molte modalità per limitarlo pur mantenendo in sicurezza le strade. In tanti posti, penso al Belgio e alla Francia, hanno deciso di contenerlo. Dall’altro lato però bisogna dire che abbiamo anche perso l’abitudine a guardare il cielo. Una parte del mio lavoro è legata proprio all’educazione: sono responsabile per il Belgio di un progetto dell’Agenzia spaziale europea volto a portare lo spazio nelle scuole».

Desideri?

«A livello di scoperte, trovare un esopianeta attorno ad una stella massiva sarebbe il massimo. E poi vorrei riuscire ad andare in Cile quando sarà installato Metis».

Che cosa si perde chi non guarda il cielo?

«Secondo me è utile, guardando il cielo, rendersi conto della nostra piccolezza di fronte all’immensità dell’Universo. Inoltre una cosa che mi ha sempre colpito è il fatto che pur dal nostro piccolo punto siamo riusciti nel corso dei secoli, per l’interesse verso il cielo stellato, a scoprirne tanti segreti».

Mariagiulia Porrello

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