Busto Arsizio | 18 marzo 2025, 08:10

Violenza in centro a Busto, Sabba: «Problema culturale». Colombo: «Presto interventi educativi a scuola»

«Questa non è delinquenza, è un problema sociale, non di ordine pubblico», dice l’assessore alla Sicurezza dopo gli ultimi episodi. La collega delegata alle Politiche educative: «Nel giro di due settimane potremo avviare un lavoro nelle scuole medie»

Violenza in centro a Busto, Sabba: «Problema culturale». Colombo: «Presto interventi educativi a scuola»

Domenica l’adolescente aggredita da una undicenne. Una settimana prima, il minorenne colpito da coetanei. Sempre in centro a Busto, nei dintorni di piazza Garibaldi, teatro a gennaio dell’accerchiamento di una pattuglia della Polizia da parte di un nutrito gruppo di stranieri.

Quest’ultimo episodio si differenzia dai due più recenti, che hanno come protagonisti ragazze e ragazzi giovani se non giovanissimi. E che per l’assessore alla Sicurezza Matteo Sabba rappresentano un problema «sociale, non di ordine pubblico». Che richiederebbe un «lunghissimo lavoro culturale».

In questo senso, l’amministrazione è intenzionata a fare la propria parte. Senza perdere tempo: «Nel giro di due settimane possiamo partire con interventi di tipo educativo nelle scuole medie», afferma l’assessore alle Politiche educative Chiara Colombo.

«Non può esserci un poliziotto ogni cento metri»

«Questa non è delinquenza, è un problema sociale, culturale, non di ordine pubblico», dice l’assessore Sabba riferendosi ai fatti di domenica. «La settimana scorsa è successo qualcosa di identico, con protagonisti maschi anziché femmine. Il punto è che un poliziotto ogni dieci o cento metri non lo avremo mai, non esiste questa possibilità».
Per Sabba i presidi fissi della Polizia locale non possono essere la soluzione a lungo termine. «Tra ottobre e novembre – racconta – abbiamo mandato alcuni agenti a Beata Giuliana per problemi di schiamazzi e “ragazzate” nelle ore notturne. La situazione è rientrata e a dicembre li abbiamo portati altrove, dove servivano, e un paio di settimane fa mi hanno chiamato dal quartiere per dirmi che il problema a Beata si era riproposto. Ma non può esserci un presidio permanente».

L’assessore non vede comunque un'emergenza: «Non c’è un pericolo criminalità. Capisco che i genitori coinvolti si allarmino, ma è anche vero che episodi simili sono sempre successi. Quando ero giovane, ricordo che mentre ero al bowling decine di ragazzine sui 16 anni trascinarono in strada una coetanea per picchiarla. Non ci fu nessun articolo sui giornali e allora i social non esistevano. Purtroppo eliminare del tutto queste cose dalla faccia della Terra non si può».
Non c’è soluzione, dunque? «Se parliamo di gang, rapinatori, picchiatori, allora le forze dell’ordine – e non la Polizia locale – possono intervenire. Ma per questi ragazzi servirebbe un lunghissimo lavoro culturale. E sarebbe utile avere una società che non si voltasse dall’altra parte se si imbatte in certi episodi. Senza dimenticare il problema dei testi violenti di alcune canzoni che i ragazzi ascoltano, pensando poi di essere più duri degli altri».

«Modelli positivi nelle scuole»

L’assessore Chiara Colombo è rimasta colpita dall’ultimo episodio: «L’aggressione da parte di una ragazzina così giovane è qualcosa di pazzesco. Cercheremo di strutturare dei percorsi di educazione al rispetto degli altri, destinati alle scuole medie».
In realtà, «come assessorato stavamo già pensando di attivare un lavoro sul cyberbullismo, ma a questo punto va allargato ad aspetti di violenza “concreta”. Il degrado sta toccando ragazzi sempre più giovani e questo è davvero preoccupante».

L’esponente di giunta è docente all’Ite Tosi: «Nella scuola dove insegno, non ho questa visione dei giovani. Sono anzi collaborativi, attivi, propositivi. Sicuramente ci potranno essere degli screzi tra di loro, ma la violenza è qualcosa di inconcepibile».
Urgente a questo punto «andare nelle scuole a proporre modelli positivi, di collaborazione, sostegno. In questi giorni ci organizzeremo e nel giro di due settimane potremo partire con interventi di tipo educativo nelle scuole medie».

Ma si riesce davvero a comunicare con i ragazzi? «Assolutamente sì – risponde Colombo –. Quando ho letto la notizia, sono rimasta sconvolta e ne ho parlato con i miei studenti, a loro volta molto colpiti. Non è semplice comunicare quando ci sono casi particolatamente complessi o situazioni di disagio. Ma dovremo creare una rete con le scuole per capire quali sono le problematiche di certi ragazzi e cercare di coinvolgerli in attività che li allontanino da questo contesto di violenza. Io ho insegnato dappertutto, in situazioni difficili. Ci vogliono tempo e fatica per recuperare certi ragazzi, ma se si lavora bene un’impronta si può dare, anche se il ruolo della famiglia è preponderante. E poi c’è il discorso dei modelli che vengono proposti dai social».

Un lavoro complesso per il quale occorre muoversi subito. «Ho già avviato contatti con dei professionisti che si occupano del recupero dei ragazzi con difficoltà comportamentali. A breve inizieremo a fare il giro nelle scuole. A questo punto è necessario».

«Forze dell’ordine dai ragazzi»

Sui fatti di cronaca interviene anche il consigliere comunale Francesco Attolini: «Provocano sconforto e preoccupazione, soprattutto per chi ha due figli di quell’età. Ognuno cerca di fare qualcosa, le scuole, l’amministrazione, le famiglie, ma evidentemente non è abbastanza. Bisogna impegnarsi di più, ormai gli oratori sono vuoti, l’educazione è interamente demandata alla scuola».

Per l’esponente di Fratelli d’Italia «occorre trovare un modo diverso con cui comunicare con i ragazzi. Bisogna organizzare più incontri con le forze dell’ordine nelle scuole, facendo passare il messaggio che sono coloro che ci aiutano». Attolini ha anche individuato nell’app YouPol uno strumento utile «che permette ai maggiori di 14 anni di segnalare alla Polizia qualsiasi episodio, in famiglia o a scuola, allegando anche video o immagini.
I ragazzi “cattivi”, chiamiamoli così, non sono la maggioranza. Dobbiamo dare coraggio ai bravi ragazzi, che sono di più rispetto agli sbandati».

Riccardo Canetta

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