Qualche giorno fa aveva richiamato l’attenzione: i bambini della scuola Manzoni finiti al Pronto soccorso, i 30 di cui si scriveva con più insistenza, erano la punta dell’iceberg (vedi QUI). Di lì a pochissimo i numeri confermarono la sua stima (vedi QUI). Oggi lo stesso papà torna a farsi vivo con un’osservazione: quello che è mancato, nel battage suscitato dalla nota vicenda, è stato il punto di vista dei bambini, dei malcapitati protagonisti. Un passaggio non semplice, per ragioni che vanno dalla riservatezza su informazioni attinenti la salute alla tutela dei minori. «Però – aggiunge il genitore – in famiglia, con mia figlia, abbiamo provato a parlarne. Anche a scriverne». Il risultato è una via di mezzo tra la cronaca e la pagina di diario. Con tanto di conclusione in versi.
«Neanche a farlo apposta – spiega il papà - nei giorni precedenti la maestra aveva fatto riflettere i bambini sulla fiducia, su che cosa sia per loro. E il tema della fiducia, ovviamente, è tornato. Nel nostro caso, la fiducia è associata al bello, a ciò che piace e allo stesso tempo sfida, intimorisce. Luce e neve, nella poesia: abbiamo in casa una sciatrice». Che esordisce: «Era un giorno come tanti altri...». Poi racconta il malessere proprio e quello dei compagni, acqua non proprio invitante (suggestione?), la paura per un momento difficile, gli appelli dei grandi alla tranquillità, il ritorno a scuola, qualche assenza un po’ prolungata. «Noi genitori – conclude il padre – restiamo in attesa di dati e informazioni che dicano qualcosa di definitivo. Come in precedenza, senza ingigantire la portata dell’accaduto e senza minimizzare». Intanto, arriva il ritorno tra i banchi. Scrive l'alunna: «Di emozioni ho sete».
Di seguito, lo scritto della piccola “reduce”.
Era un giorno come tanti altri e come tutti i giorni mi sono alzata, ho fatto colazione, papà ha provato a farmi la treccia, insomma mi sono preparata per andare a scuola. La mia mattinata prevedeva: due ore di italiano e due di arte e poi finalmente la pausa pranzo. La aspetto sempre con ansia perché non vedo l’ora di sedermi a tavola con gli amici per scherzare e mangiare.
Questa volta non mi è andata tanto bene perché c’era la minestra e l’acqua non aveva per niente un buon odore nel senso che assomigliava un po’ a quello di un calzino usato con le scarpe da ginnastica. Per fortuna c’erano provolone e finocchi. Ho pensato: ”e vabbè per oggi va così, farò merenda a casa!”. Subito dopo ecco Storia ma qualcosa non va… Inizio a sentire una forte nausea e penso: “non possono essere state le ore di italiano o di arte che mi piacciono tanto, ci fosse stata matematica invece…”
Da li in poi un disastro. La nausea è diventata sempre più forte ed il pancino ha iniziato a farmi tanto male, la maestra se n’è accorta e mi ha fatto chiamare subito casa, ma la mamma non è arrivata in tempo perché io ho iniziato a vomitare. Mi sentivo un po’ in imbarazzo ma mi sono accorta che anche altri bambini stavano male come me anzi, qualcuno anche peggio tanto da non arrivare in tempo in bagno! Allora mi sono spaventata perché non capivo cosa stava succedendo, per fortuna sono arrivati a prendermi.
Cavolo però neanche a casa la situazione è migliorata anzi non riuscivo a smettere di vomitare, stavo proprio male e avevo paura perché non passava tanto che mamma e papà hanno pensato di portarmi al pronto soccorso dove abbiamo saputo esserci già dei miei compagni. Ormai è notte, sono stanca e mi tremano le gambe, mi addormento. Dopo qualche giorno un po’ così così finalmente oggi posso tornare a scuola. E’ un po’ la mia seconda casa dove mi sento come in famiglia. Sono felice di ritrovare i miei compagni purtroppo però la mia amica non c’è, sta ancora male ed io sono tanto preoccupata per lei. Mi dicono tutti di stare tranquilla e di avere fiducia.
Prima di stare male la maestra ci ha chiesto di descrivere cosa significa per noi la parola fiducia ed io ho scritto così:
“sotto di me non c’è la rete
Acqua, luce e neve
di emozioni ho sete
mi tuffo in questo inverno breve.”