Lucia Riva è la sorella maggiore di Gigi Riva, essendo nata nel 1938: Rombo di Tuono ha avuto altre due sorelle, Candida morta a soli 14 anni nel 1955 per una grave malattia e la più nota Fausta scomparsa nel 2020 a 82 anni.
«La prematura scomparsa della nostra sorellina ha segnato per sempre la vita del Luigi insieme alla morte del papà Ugo nel 1953 quando mio fratello aveva solamente nove anni - racconta Lucia, che abita con la sua famiglia a Sesto Calende - sono stati due anni terribili e difficili e pieni di tanto dolore».
E' una chiacchierata a cuore aperto quella con Lucia Riva, persona schiva e riservata e molto somigliante anche in questo e non solo fisicamente al grande bomber leggiunese.
«La nostra mamma Edis morta nel 1962, si è davvero prodigata con enormi sacrifici a non farci mancare nulla, lavorando sia in fabbrica sia a casa di conoscenti per racimolare qualche soldo il più - prosegue - è stato un'infanzia difficile, per tutti noi, specialmente per il Luigi, che era il più piccolo. Nel 1961 mi sono sposata, e sono andata ad abitare a Gemonio, dove poi sono venuti a stare per un certo periodo sia Fausta che Luigi, dopo la prematura scomparsa della nostra mamma».
Anni duri e difficili per tutta la famiglia e Rombo di Tuono non si è mai tirato indietro per dare una mano.
«Mio fratello, per guadagnare qualche soldo, aiutava mio marito Lino nel posare i pavimenti in legno - prosegue la sorella del Luis - questa attività poi è proseguita anche quando siamo venuti ad abitare a Sesto Calende e che mio figlio Ugo tuttora porta avanti».
Signora Lucia che ricordi particolari ha di suo fratello Gigi Riva?
Ci sentivamo spesso e parlavamo sempre in dialetto come lui voleva sempre fare. Era molto legato ai miei figli Candida, Ugo e Mauro e non mancava mai l’occasione quando era in zona di venirci a trovare. Abbiamo trascorso diverse vacanze estive in Sardegna, dove abbiamo anche conosciuto tanti calciatori di quello storico Cagliari, tra i quali Nené, Tomassini, Reginato, Greatti.
Com'era suo fratello da piccolo?
Sino alla morte di mia sorella Candida, spensierato, sempre in movimento. Poi la scomparsa di Candida e del papà gli ha cambiato il carattere, il suo modo per evadere era avere il pallone tra i piedi.
Un ricordo di suo fratello calciatore?
Tanti, ma in qualche modo sono già stati tutti raccontati. Sinceramente nel vederlo giocare, dopo aver subito i due infortuni, soffrivo molto, pertanto non seguivo le partite, poi anche quando ci sentivamo, si parlava di tutto ma non di calcio ma ho un ricordo particolare legato al ritiro della Nazionale di quel periodo.
Ci racconta questo aneddoto?
Con mia figlia Candida e con Ugo, che erano piccoli, sono andato al trovarlo all'hotel Gallia di Milano dove erano in ritiro. Luigi mise in braccio a Facchetti la Candida e a Rivera Ugo. Facchetti chiese a mia figlia di recitare una preghiera per loro, cosi l'indomani avrebbero vinto la partita e la piccola Candida innocentemente si mise a dire l'Eterno Riposo, al che Facchetti rimase un po' sorpreso e le chiese il motivo di quella preghiera. Lei risposte che quella era la preghiera con cui i nonni e la zia aiutano lo zio Luigi.
Quando era in zona a giocare andava spesso a trovarlo?
Si andavamo, compatibilmente con gli impegni dei figli. Ma era difficile avvicinarlo anche per me, in quanto dopo le interviste doveva firmare moltissimi autografi e a lui questo non piaceva, perché diceva che fare il calciatore era il suo mestiere e suo dovere farlo bene. Esattamente come deve fare un muratore, al quale però non si chiedono autografi. Luigi era fatto cosi, gli dava un fastidio tremendo la popolarità ed essere celebre; non era perché voleva essere antipatico, ma perché si sentiva a disagio. Era contento se poteva aiutare le persone comuni e a questo proposito ho un ricordo particolare.
Ci racconta quale?
In occasione di un Varese - Cagliari, mio fratello aveva dato a mio marito Lino una decina di biglietti per andare a vedere la partita in tribuna con alcuni suoi amici di Leggiuno che per un contrattempo però non erano potuti venire al Franco Ossola. Mio marito allora regalò i biglietti a dei soldati, alcuni dei quali sardi, che erano fuori dallo stadio e che non avevano i soldi per comprare il biglietto. Rimasero sbigottiti e videro la partita dalla tribuna centrale del Franco Ossola. Potete immaginare la gioia di quei militari che se la memoria non mi inganna erano una decina. Mio marito, a fine gara , raccontò l’episodio a Luigi che fu molto contento e di questo episodio in famiglia si parlò per molto tempo.
In che occasione lo ha sentito per l'ultima volta?
Era il 15 gennaio, qualche giorno prima di lasciarci. Abbiamo parlato molto, era sempre lo stesso Luigi e nulla faceva presagire quello che sarebbe accaduto e che ancora oggi non sono per nulla riuscita a metabolizzare. Ovunque si trovi adesso sono certo che stia aiutando tutti come ha sempre fatto e finalmente potrà raccontare alla nostra mamma quello che ha fatto giocando con il pallone. Si perché, ironia del destino, la Edis non voleva che il figlio giocasse a calcio.
Quando veniva a trovarvi si fermava a mangiare con voi?
Certamente, veniva a trovarmi quasi sempre sempre nei periodi autunnali o invernali, quando aveva meno impegni con la Nazionale. Mi richiedeva sempre di cucinargli la polenta con lo spezzatino, diceva che la preparavo in maniera eccellente. Poi entravamo in modalità ricordi leggiunesi, insieme ai miei miei figli; anche mio marito Lino raccontava qualche aneddoto legato al lago. Per finire non mancava di cantare qualche ritornello di canzone popolari dialettali legate a quel periodo.