“La cura della vita fino alla fine” è il titolo dell’incontro pubblico che si terrà ai Molini Marzoli, giovedì 6 marzo, inizio alle 20.30 (locandina in fondo). Un titolo che concentra i concetti cardine della serata: la cura, dovere e diritto, la vita, tra dignità e rispetto, la fine, capolinea inevitabile. «Eppure – sottolinea Ivanoe Pellerin, presidente di Lilt provinciale, organizzatrice dell’appuntamento – questa nostra società di matti non tiene nel dovuto conto la fine della vita: esorcizza, nasconde, allontana. Così ci priviamo della possibilità di riflettere nel modo più positivo e ragionevole, lasciamo spazio a interpretazioni straordinarie, improbabili. Bisogna vivere intensamente, con convinzione. E bisogna riflettere sul percorso intero, dunque anche sulla fine».
Il professor Pellerin aprirà i lavori, seguiranno il dottor Luciano Orsi (medico palliativista, nel suo curriculum la direzione scientifica della Rivista Italiana Cure Palliative) e don Stefano Cucchetti (teologo, docente, cappellano del carcere di Bollate, esperto di bioetica).
Paola Mega (La Provvidenza), nel comitato scientifico che sovrintende alla serata: «Il nostro hospice è attivo da più di cinque anni, un’esperienza che ci fa percepire quanto poco diffusa sia la consapevolezza sulle cure palliative e quanto faccia paura parlare di morte. Ma la consapevolezza fa la differenza nell’approccio a certi momenti».
Parola condivise da Rita Maimone (associazione Amici di Rossella, già coordinatrice dell’hospice all’ospedale di Busto): «Fondamentale è il concetto di un percorso lungo il quale non si deve perdere la luce, appunto, fino alla fine. Occorre, fra l’altro, fare in modo che alle cure palliative si ricorra in anticipo rispetto a quanto avviene oggi, prima dell’ultimo tratto di strada».
Così Emi Bossi (Mai Paura): «Siamo una realtà che supporta la vita e sappiamo quanto sia importante una buona morte. Affrontiamo volentieri temi che vanno trattati con gentilezza ed emozione. C’è chi ha paura di fronte a questo argomento ma è necessario toccarlo, c’è un messaggio da cogliere».
Dal sindaco, Emanuele Antonelli, e dall’assessore Paola Reguzzoni il grazie agli organizzatori dell’incontro per la scelta di un tema rilevante quanto, per tanti aspetti, scomodo. «Parliamo poco della morte – la riflessione dell’assessore – che ha tante sfaccettature. Peresempio quella dell’intimità, non sempre garantita in situazione sanitaria, e quella della solitudine: nessuno merita di morire solo. Sfuggiamo l’argomento ma la sua rilevanza per tutti si comprende da un dato di fatto: chi per qualche ragione si trova vicino alla morte e scampa, si ritrova con la vita cambiata, un secondo dopo considera la vita in modo diverso».