(Agostino Nicolò da LuinoNotizie..it) La questione dell’ex caserma dei carabinieri di Fornasette e della sua possibile destinazione a centro di accoglienza per richiedenti asilo ha acceso il dibattito nel consiglio comunale di ieri sera a Luino. Un’ora di discussione dai toni accesi (sulle quasi sei ore di seduta), con scontri tra maggioranza e opposizione, un sit-in di Casa Pound e il voto finale che ha visto prevalere la mozione presentata dalla maggioranza, mentre quella della minoranza è stata respinta.
Il tema, già al centro del confronto pubblico da settimane, ha visto una netta contrapposizione tra chi sostiene la necessità di rispettare le decisioni della Prefettura e chi ritiene che il territorio non sia idoneo ad accogliere nuovi migranti. La seduta è stata momentaneamente interrotta quando alcuni militanti di Casa Pound Varese Italia hanno esposto uno striscione con la scritta «Nessun centro profughi, ‘reimmigrazione’ unica soluzione». L’intervento della Polizia locale di Luino, guidati dal comandante Giovanni Buscetta, e dei funzionari della Digos ha portato al sequestro dello striscione e all’identificazione di alcuni attivisti, senza conseguenze penali.
Il sindaco di Luino, Enrico Bianchi, prendendo parola sul tema, ha ribadito che la decisione spetta alla Prefettura, sottolineando come l’amministrazione non abbia alcun potere sulla scelta dell’ex caserma come centro di accoglienza straordinaria. «Il Comune ha espresso le sue perplessità già da tempo, ma la gestione della situazione non dipende da noi, ho visto la CILA solo lo scorso 13 dicembre», ha dichiarato Bianchi, evidenziando la complessità della gestione dell’accoglienza sul territorio nazionale.
«L’incontro di venerdì in Prefettura ha già chiarito molti aspetti della questione – ha proseguito il primo cittadino -. L’informativa verbale su questo tema risale a ottobre-novembre 2023. Il Comune non ha alcun potere decisionale in merito: esiste una legge precisa, istituita da questo governo, che disciplina l’istituzione dei Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS). Si tratta di una gestione complessa e diffusa su tutto il territorio nazionale».
«Guardando indietro, non credo che avrei potuto agire diversamente – ha continuato Bianchi -. La decisione è della Prefettura ed è imposta dal Ministero dell’Interno, che prevede la costituzione del CAS. I luoghi destinati ad accogliere i richiedenti asilo devono essere individuati con una selezione accurata, ma a volte si tratta di appartamenti sfitti, come quelli nella stazione, e RFI non ha dato risposte rapide. Il CAS è un centro di accoglienza straordinario, utilizzato spesso in situazioni di emergenza, quando non si sa come gestire certe situazioni. Capisco chi dice che bisognerebbe consultare anche le autorità locali, ma non è previsto. Il Comune, insieme ai Servizi Sociali e alle associazioni che si occupano di problematiche sociali, deve svolgere il proprio lavoro con responsabilità e senso del dovere. Anche se non condivido questa decisione del Ministero, il sindaco deve rispettare le istituzioni».
Un altro aspetto critico, secondo il sindaco, riguarda il controllo del territorio. «Nessuno è contento di questa situazione. I CAS non vengono sempre utilizzati, ma in emergenza si trasformano in una soluzione di ripiego. Il problema maggiore riguarda i minori non accompagnati: arrivano senza preavviso e la Polizia si trova a doverli gestire senza sapere dove collocarli, con le comunità già al completo. C’è un intero sistema economico che ruota intorno all’accoglienza di questi ragazzi, come può confermare l’assessore ai Servizi Sociali. Funzionari comunali passano ore a cercare sistemazioni adeguate. Nel frattempo, a Castelveccana e a Villa Immacolata ci sono richiedenti asilo che lavorano in imprese edili, nella ristorazione o come aiuto cuoche, tutti settori dove si fatica a trovare personale. A un anno dalle elezioni, è chiaro che c’è la volontà di cambiare la situazione, ma credo che in certi momenti si sia andati sopra le righe. In fondo, lo sapete anche voi (rivolgendosi ai consiglieri di minoranza, ndr)».
Dalla minoranza sono arrivate critiche sulla mancata comunicazione ai cittadini e al consiglio. Il consigliere Davide Cataldo del gruppo “#Luinesi” ha denunciato la scarsa trasparenza del processo decisionale: «Noi abbiamo mosso critiche molto chiare su questa vicenda. Nessuno, tra i membri di questa opposizione, ha mai detto che la colpa sia del sindaco, né abbiamo mai fatto affermazioni di questo tipo. Il problema principale è stato un difetto di comunicazione all’interno del Consiglio comunale. Da oltre un anno era evidente la volontà del Prefetto di Varese di istituire un centro migranti, e il sindaco ne era a conoscenza. Pur non essendo obbligato, avrebbe potuto informare meglio il Consiglio con maggiore garbo istituzionale. È chiaro che questa decisione ha suscitato preoccupazione nella maggioranza luinese, ed è proprio questo il punto centrale della questione».
«Su 136 Comuni del Varesotto, il Prefetto ha chiesto e ottenuto l’apertura di centri solo in 30 di essi. Questo significa che o non c’è una reale emergenza, oppure che i CAS sono stati istituiti solo dove c’era un terreno favorevole. L’incontro in Prefettura sarebbe dovuto servire ad ascoltare il territorio, non il contrario – ha affermato Cataldo -. Se il Prefetto ci ha convocato è proprio per conoscere la voce del territorio, il sindaco avrebbe dovuto portare al Prefetto le preoccupazioni dei luinesi, non solo limitarsi a riportare a Luino i dati ascoltati in Prefettura».
Il capogruppo Furio Artoni di “Azione Civica per Luino e Frazioni” ha precisato la sua posizione: «Il sindaco e la sua famiglia hanno paura, lo ha detto lui stesso in Prefettura. Le piccole manifestazioni che si sono verificate qui mi fanno capire che il clima non è adeguato. Chi è da questa parte non vuole fomentare né strumentalizzare la situazione, ma è evidente che il clima generale non dipende solo da una parte politica. Le reazioni che si stanno verificando sono inadeguate e, in alcuni casi, spiacevoli. Detto questo, voglio essere chiaro: se c’è qualche imbecille che scrive commenti offensivi su Facebook, rimane nell’alveo dell’imbecillità. Non è quello il problema su cui dobbiamo concentrarci».
«Leggere certi commenti sui social è sconfortante, ma fatta questa premessa, le critiche politiche sono legittime, purché non diventino attacchi personali, che trovo sgradevoli e fuori luogo. La mia posizione è chiara: io sono contro l’immigrazione, e lo dico in modo tranquillo e pacato. Quella che stiamo vivendo non è immigrazione, è un’invasione. Questo è un discorso che va affrontato in termini politici, nelle sedi opportune, senza inutili estremismi ma con la consapevolezza della realtà che stiamo vivendo», ha spiegato ancora.
Dall’altro lato, la capogruppo di maggioranza Erika Papa ha sottolineato che la struttura, di proprietà demaniale, non appartiene al Comune e che l’amministrazione è stata solo informata della decisione. «Il Prefetto ha spiegato che al massimo saranno ospitate 16 persone, con vincoli imposti da ATS», ha detto Papa, cercando di smorzare le polemiche.
L’assessore ai Servizi Sociali Elena Brocchieri ha chiarito che i richiedenti asilo non avranno intenzione di attraversare il confine svizzero, mentre Andrea Pellicini, deputato di Fratelli d’Italia e consigliere di “Sogno di Frontiera“, ha contestato criticando duramente l’amministrazione la gestione del dossier: «Il consiglio comunale non è stato adeguatamente informato, la cittadinanza ha diritto di sapere».
Il dibattito si è protratto tra accuse di strumentalizzazione politica e richieste di maggiore chiarezza e trasparenza. La votazione finale ha visto la maggioranza compatta approvare la propria mozione, che riconosce il ruolo della Prefettura e chiede un monitoraggio sulla gestione del centro. La mozione della minoranza, che proponeva un’opposizione più netta all’uso dell’ex caserma come CAS, è stata respinta.
Il tema rimane aperto, mentre la cittadinanza attende ulteriori sviluppi sulla questione migranti e sul futuro dell’ex caserma di Fornasette, in un clima poco sereno, sopratutto sui social network dove il malcontento, la rabbia e l’indignazione dei cittadini continuano a far da padrone, a volte con toni esasperati e irrispettosi.