Con quella di oggi sono 150 donazioni: Giuseppe Di Mino, castellanzese, 69 anni a breve, operaio meccanico in pensione, è arrivato alla ragguardevole cifra tonda in oltre 45 anni. È stato accolto intorno alle 9 di questa mattina (foto anche in fondo) al quarto piano del padiglione Pozzi, all’ospedale di Busto, dal responsabile di Medicina Trasfusionale e Immunoematologia, dottor Ivo Beverina, e naturalmente da una delegazione Avis composta dal presidente della sezione di Busto, Giuseppe Bianchi, dalla vice, Maria Maddalena Lange’, e dal direttore sanitario Giovanni Trotti. Fra sorrisi e complimenti, ha sostenuto la visita di rito e si è accomodato per l’ennesima volta sulla poltrona, un po’ stupito per l’attenzione suscitata da un gesto divenuto naturale e routinario.
«Quasi non mi sono accorto di essere arrivato a 150 – rifletteva – anche se ieri sera, chiacchierando con mia moglie, ho fatto qualche conto. Sui litri di sangue che ho donato in tutto, per esempio. E mi sono detto: caspita». Trotti e Beverina concordano: «Un calcolo preciso è impossibile perché certi parametri sono cambiati nel tempo. Ma se diciamo che al signor Di Mino sono stati prelevati fra i 50 e i 70 litri non sbagliamo. Non sono in molti ad arrivare a questa soglia». Un rapporto lungo, quello del castellanzese con Avis: «Ho iniziato nel 1978. Mio papà mi raccontò che la mamma, allora malata, aveva ricevuto molto sangue. Così ho pensato di fare la mia parte. E non ho più smesso. Non mi è mai costato nulla, davvero con la donazione si fa qualcosa di buono senza particolari sforzi. Posso donare ancora per un anno e penso che lo farò».
Una generosità, del singolo e dei donatori nel loro complesso, di cui si sente la necessità: «Il sangue è prezioso e ce n’è bisogno – sottolinea il dottor Beverina – anche a causa dell’invecchiamento della popolazione. Un fenomeno che da un lato accresce le necessità e, dall’altro, fa diminuire il numero di persone comprese nella fascia d’età utile alle donazioni». «Per non parlare – aggiunge il dottor Trotti - dei cambiamenti nel mondo del lavoro. I ritmi sempre più irregolari e le disponibilità di tempo risicate incidono sulla facilità con cui i donatori si presentano».
Qualche segnale positivo, del resto, arriva. Ben esemplificato, sempre questa mattina, dalla stretta di mano tra il veterano Giuseppe e Walter Rodà, 29enne di Busto, carabiniere a Lonate Pozzolo, alla prima donazione. «L’idea è essere d’aiuto anche al di fuori del mio lavoro – spiegava l’esordiente – e parlando con amici mi sono orientato verso la donazione. Agitato? Un po’ sì. Ovviamente mi sono sottoposto a tanti prelievi ma la donazione è qualcosa di nuovo. Nel complesso, però, essere qui dà una bella sensazione».