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Sociale | 16 febbraio 2025, 08:45

Aido Busto, avanti i giovani. Le storie di Riccardo, Marika e Giuliana

L’associazione vuole rinnovarsi e punta sulle nuove generazioni. Importante in particolare è il racconto della loro esperienza ad altri ragazzi

Aido Busto, avanti i giovani. Le storie di Riccardo, Marika e Giuliana

Uno dei modi migliori per capire che cos’è l’Aido e che cosa vuol dire donare gli organi è ascoltare le testimonianze di Riccardo Chiodi, Marika Scalise e Giuliana Sablich. Insieme ad Enrico Forte sono i giovani della sezione di Busto Arsizio dell’Associazione italiana per la donazione di organi, tessuti e cellule.

La presidente bustocca, Maria Iannone, tra le tante iniziative che con il suo gruppo organizza, non vuole trascurare la crescita delle nuove leve.  «Vogliamo rinnovare l’associazione – dichiara – inserendo i giovani, formandoli, facendoli camminare insieme a noi per poi passare il testimone. Tra le diverse attività che portiamo avanti, andiamo insieme a loro nelle scuole per parlare agli studenti».

L’informazione è infatti essenziale perché, benché a Busto gli iscritti all’Aido siano tanti, circa 1.600, e sebbene i trapianti siano in aumento (ma non abbastanza), parecchi sono coloro che non conoscono che cosa vuol dire donare.

Lo sa bene invece Riccardo Chiodi, studente universitario, che fin da piccolo è stato circondato da persone che hanno avuto bisogno di un trapianto, come i suoi zii e sua mamma. Percorsi, i loro, a volte lineari a volte tortuosi.

Nelle scuole Riccardo porta la sua testimonianza di famigliare di persone trapiantate. «La persona trapiantata – dice – sta male, ma il dolore si espande anche alla famiglia e agli amici».

In base alla sua esperienza, i ragazzi non rimangono insensibili al tema, la risposta è molto positiva, e tanti cambiano idea in merito alla possibilità di donare. «In occasione di diversi eventi – afferma Riccardo – abbiamo notato che sono proprio i ragazzi quelli che si fermano di più a parlare con noi di Aido: il trapianto infatti rimanda alla morte e la morte fa paura. I giovani riescono a parlarne di più perché la sentono lontana. Però potrebbe capitare a chiunque di aver bisogno».

Marika Scalise, studentessa universitaria, porta invece un altro tipo di testimonianza perché lei stessa ha subito un trapianto. A 16 anni le è stata diagnosticato un prestadio di leucemia mieloide acuta (una malattia rara, spiega, che colpisce gli anziani), scoperta dopo aver accusato malesseri mentre giocava a pallavolo. Il quadro sin da subito è apparso grave tanto è vero che dopo due trapianti rimandati da donatori compatibili al 100%, nel 2018 è stata operata grazie al midollo osseo di suo papà, compatibile solo al 60%. Ma non c’erano alternative.

«Io mostro ai ragazzi che anche dopo il trapianto si può avere una vita dignitosa» dichiara la studentessa. Notare: Marika Scalise gioca a pallavolo nel Club Volley Italia trapiantati e dializzati campione d’Europa.

Giuliana Sablich è diventata socia dell’Aido coinvolta dall’amico Riccardo. «Lui mi ha sempre detto – racconta la studentessa – che questa associazione non solo fa bene al trapiantato, ma salva la vita degli altri che stanno attorno al trapiantato».

Conoscere, rimarca Giuliana, è fondamentale. «Tanti pensano di non poter donare perché ad esempio fumano o sono anziani, ma non è così» spiega.
Anche perché chi esprime il proprio consenso alla donazione degli organi (sempre revocabile) non è detto che effettivamente poi abbia i requisiti necessari per farlo.
«Tocca ai medici stabilire le condizioni delle persone e dei loro organi – conclude Riccardo – ma intanto con la scelta del sì alla donazione il gesto d’amore c’è»

Mariagiulia Porrello

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