Ieri... oggi, è già domani - 11 febbraio 2025, 05:00

"faghi non 'nparò al gotu…" - non far imparare al gatto

A Busto Arsizio, non è che cambi molto, tanto da far dire ai conoscitori della realtà Bustocca, "qui si preferisce perdere da soli, piuttosto di vincere in compagnia"

Il famoso detto di Seneca: "so di non sapere" fa un po' a pugni con la realtà odierna, quando troppi, pensano di sapere "tutto" e pontificano. Dante, poi, nel suo "esilio" di Verona disse nel Dialetto Veneto "il mona sa tutto", per chiarire che il più sprovveduto degli studiosi, alla prima elementare lezione che altri gli hanno impartito, subito mostra il suo precario sapere, convinto di conoscere sia la propria materia sia quella degli altri.

A Busto Arsizio, non è che cambi molto, tanto da far dire ai conoscitori della realtà Bustocca, "qui si preferisce perdere da soli, piuttosto di vincere in compagnia". Il "motto" esposto, vale di più per il mondo industriale, dove ogni imprenditore agisce in base al proprio intuito, al proprio credo, alla propria percezione del problema …. cosicchè, affronta il mercato, impostandolo in base al proprio convincimento e mai secondo una strategia collettiva che (è vero) susciterebbe talune invidie, ma consentirebbe di risparmiare sui costi generali, dentro cui si inseriscono i "costi della ricerca".

Si instaura, nel mentre, una frase tipicamente indigena che dice : "faghi non inparò al gotu ma sa fò a rampegò" - la traduzione in italiano è semplice: "non far imparare al gatto, come ci si arrampica". Ed è logico. E' naturale per un gatto, all'occorrenza, mostrare i suoi piccoli, ma efficaci artigli che gli consentono di salire sulla cima di un qualsiasi albero, in velocissime zampate. Non per nulla, i piccoli artigli del gatto, sono coperti dal pelo corporale e li scopre, li utilizza unicamente nel momento del bisogno. Quello della fuga su un albero, appena citato è consolidato. Tuttavia, il gatto utilizza di artigli anche per la caccia, per catturare la sua preda. Che potrebbe essere una lucertola, con cui il gatto fa finta di giocare, per poi ucciderla. Potrebbe, altresì, essere un topo e, anche qui si dice "giocare al gatto col topo", solo per significare che, a vincere è sempre e comunque, il gatto.

Giusepèn sa dove si sta andando a parare. "nisogn l'a fèi 'nparò ul gatu a rampegò e a ciapò lisertul o rati, ma ul gatu l'è maestar in dul so mistè" (nessuno ha fatto imparare il gatto ad arrampicarsi e a catturare lucertole o topi, ma il gatto sa come compiere questi lavori). Quindi, non facciamola lunga e tuffiamoci nel reale. Nessuno è "gatto" e nessuno è "mona", ma ciascuno deve mostrare il proprio sapere senza credersi depositario dello scibile umano e meno che meno di cose sconosciute …… come il Dialetto Bustocco da strada, mai praticato.

Sul Dialetto Bustocco da strada, non ci si può fossilizzare su forme arcaiche che hanno attraversato il tempo. Nel primo Novecento, il Dialetto Bustocco possedeva taluni vocaboli indigeni o introdotti dai Liguri e, successivamente, con l'evolversi della Società, si è pure introdotto nel Dialetto, quel .. Dialetto Senese che è diventato poi, la Lingua Italiana. Facile da qui dedurre che nell'apprendere la Lingua Italiana, si è cercato di "normalizzare" il Dialetto indigeno, col nuovo Dialetto. Senza poi dimenticare i francesismi, introdotti dai nostri padri-liguri, si è formato un Dialetto Bustocco non più "puro" ma con contenuti plebiscitari che hanno modificato la Parlata - i nostri Avi, i Nonni e pure i nostri Genitori hanno inserito nella Parlata vocaboli provenienti dalla Liguria, che comprendeva pure vocaboli della vicina Francia.

Nel Dialetto Bustocco da strada, ci si è adeguati e, basta visionare le Commedie di Gilberto Govi , per farsi una ragione delle "palanche", del paltò, il gilèt e delle Lire che qui venivano chiamate Franchi (moneta Francese).. Facile l'esempio: "sàl custa chel robu lì" - "centu franchi" e di fronte al "cosa costa quell'oggetto" ci si sentiva rispondere "cento Franchi invece di cento Lire".

Per non essere saccente e per dimostrare che anch'io "so di non sapere", non ho timore a dire che il Dialetto Bustocco da strada, lo si apprendeva in forma vocale e mai in quella scritta. Solo molto più tardi, insigni "maestri" hanno scritto sul Dialetto Bustocco, ma l'hanno infarcito di vocaboli della Lingua Italiana, ubbidendo troppo alla Legge che vietava di parlare e scrivere nelle nostre Scuole in Dialetto. Perdere l'idioma delle nostre radici è un …. delitto e, senza Tradizioni, anche la Società futura presenterà il conto al "senza memoria, non ci sarà storia" - io amo, il "mio" Dialetto Bustocco da strada. L'ho imparato prima dell'Italiano e non voglio perderlo, anche se incuria e indifferenza non solo lo trascurano, ma non lo sanno propagandare. Il fatto è semplice: non lo sanno insegnare, per non averlo vissuto. Giusepèn è mogio e io sono dalla sua parte!

Gianluigi Marcora