C'è sempre un momento che mescola emozioni, un senso di euforia e di malinconia insieme': è quello in cui le fiamme della Giöbia si stanno esaurendo e si sistemano via via le ceneri.
L'aspetto incredibile, in un mondo che lamentiamo sempre più spersonalizzato e frammentato, è il vigore con cui si rinnova questo rito di anno in anno. Una nuova giovinezza quasi, dopo qualche anno in cui tra pandemia e burocrazia si temeva potesse affievolirsi la manifestazione. Non è stato così e ieri da Busto Arsizio alla Valle Olona (né è finita, perché domani alle 22 toccherà al Buon Gesù di Olgiate) è stato un furore buono di volontari al lavoro, fantocci che si moltiplicano con i loro messaggi, folle che avvertono il bisogno di unirsi davanti a quei falò e prima ancora di immortalare le fattezze di tutte le creazioni. Senza scordare il coinvolgimento crescente delle scuole.
Che cosa rimane dunque il giorno dopo? Diversi messaggi, alcuni potenti, qualche sorriso e non solo.
La buona notizia numero uno è quella già accennata prima: la forza del volontariato, che continua a essere una certezza nel Bustese. Lo è silenziosamente la maggior parte delle volte, tante cose funzionano grazie a donne e uomini di buona volontà nel sociale, nella cultura, nello sport; in queste occasioni è visibile, ma quanto lavoro c'è dietro non si può neanche immaginare. Ciò non significa che tutto vada bene: ci sono anche difficoltà, dalla già nominata burocrazia al ricambio generazionale. Esistono associazioni che hanno giovani già in campo, altre che ne hanno disperatamente bisogno: sarà la grande partita del futuro perché questa fiamma sia sempre alta nel territorio.
Il secondo, ma non troppo, elemento fondamentale è come ciascun rione, ciascun paese si sia impegnato e distinto. Quest'anno poi la Valle era compatta, ha accolto anche il ritorno di Fagnano e Marnate con la Giöbia. E i rioni di Busto Arsizio? Pazzeschi. Un amico borsanese ci ha chiamato: «Ma che falò vedo dal balcone scendo a guardare». Entusiasta, è rimasto là con la gente a condividere fino all'ultimo istante. In tanti si sono trovati o ri-trovati attorno a questo rito. E non solo: chiaro che visto che erano radunati diversi fantocci storici, molti occhi fossero puntati sul centro di Busto Arsizio, con le autorità e via dicendo. Restiamo però proprio in centro: che colpo d'occhio la magnifica Giöbia della Famiglia SInaghina. Faceva impressione il cuore di Sacconago che brillava davanti al santuario di Busto. Un "colpo di stato" si rideva (tanto più che c'è un "sindaco sinaghino onorario" di fatto a Busto, Ginetto Grilli)? No, un'unità profonda, nel rispetto delle identità di tutti: non scordiamo che il Carnevale in città vede in pole position proprio la Sinaghina.
Nella Giöbia nessuno è stato periferia.
L'estetica vuole la sua parte, ma il fantoccio affida anche spesso riflessioni interessanti. A Solbiate Olona ci hanno ricordato, ad esempio, e con una maxi creazione che l'intelligenza artificiale sta facendo passi da giganti, quella normale passi indietro. La Famiglia Bustocca con la Marco Riva ci ha ricordato che il sacco azzurro (un anno fa protagonista di grandi polemiche, solo recentemente rientrate con il ritorno della frequenza settimanale) non fosse proprio un dramma.
Poi, siccome questa tradizione è appunto anche sorriso, abbiamo notato che dove c'erano sedie per i fantocci, queste ultime facevano sempre fatica a bruciare. Sarà mica l'ultima metafora consegnata dalla Giöbia, scherzava qualcuno.