/ Busto Arsizio

Busto Arsizio | 29 gennaio 2025, 09:30

Edicole che scompaiono: addio anche in piazza XXV Aprile

Rolando Pellegatta, nell'inconfondibile postazione per 20 anni, ha detto basta. L’abnegazione che fa alzare la cler tutti i giorni alle 6 non più sufficiente a compensare le difficoltà del settore: «Nel tempo mi hanno chiesto di tutto, “La settimana mistica” è stato un classico. Lascio avendo venduto a lungo prodotti che aiutavano a informarsi, ad approfondire, a migliorarsi»

Rolando Pellegatta davanti all'edicola di piazza XXV Aprile

Rolando Pellegatta davanti all'edicola di piazza XXV Aprile

È una delle edicole più riconoscibili di Busto, certamente quella più caratteristica dal punto di vista estetico, nata con altra funzione e acquisita alla causa della carta stampata. Dopo decenni di onorato servizio, però, la rivendita di giornali e riviste in piazza XXV Aprile ha smesso di accogliere i clienti. Perché Rolando Pellegatta, più o meno un ventennio passato in trincea, ha detto stop. E a distanza di qualche giorno dalla chiusura (ora arriva l’edicola mobile, dalle 7.30 alle 9.45, le chiavi della struttura torneranno al Comune) si dice dispiaciuto quanto sicuro di avere fatto la scelta giusta.

«Ci sono arrivato per una serie di motivi - riflette a pochi metri dalle linee inconfondibili della vecchia pesa – anche di delusioni. Intanto ho sperimentato nel tempo la difficoltà della mia categoria, quella degli edicolanti, nel rappresentare i propri interessi, nello spiegarsi e organizzarsi. In secondo luogo, ho messo sui classici piatti della bilancia vantaggi e svantaggi nel portare avanti l’attività per gli anni che mi separano dalla pensione. Fatti i conti, tra contributi e fatiche, sono convinto che non valesse la pena di proseguire».

I tempi sono stati a dir poco impegnativi: 13 giorni lavorativi ogni due settimane («…ma anche in quello libero bisognava provvedere alle consegne per quelli che chiedono il servizio a domicilio senza interruzioni»), sveglia alle 4 di mattina per andare a prendere i giornali, apertura dalle 6 alle 15 e, per altre quattro ore, nel pomeriggio. «Fra i colleghi, c’è chi sceglie di vivere in edicola. Lo capisco ma non lo approvo. E poi…». Poi? «Da tempo ci si sono messi gli editori. Spesso si sbarazzano di redazioni considerate costose. Per esempio quelle di riviste tecniche e specialistiche nei campi più disparati: lo sport, l’arte, il collezionismo, i viaggi, i motori… In questo modo, la qualità delle pubblicazioni precipita. E quelli come me, quelli che agganciano lettori attenti alla qualità, hanno iniziato a faticare sempre di più. Anche per una sorta di trascinamento: la professionista che veniva a comprare il mensile, bellissimo, sulle bellezze d’Europa prendeva spesso un fumetto al figlio, l’appassionato di modellismo tirava su anche una settimana enigmistica e così via. La scomparsa di certe riviste ha avuto ripercussioni negative un po’ su tutto».

L’idea che i giornali servano, e che si stia gettando un patrimonio al vento, per Pellegatta è un chiodo fisso: «Parliamoci chiaro: leggere serve a fare funzionare la testa e a dotarsi degli strumenti, delle informazioni aggiornate per guardarsi intorno e capire. Se si perde questa possibilità… E mentre le pubblicazioni serie soffrono, vanno benone quelle con le foto, brutte, dei vip».

Nell’analisi dei mutamenti intercorsi durante gli anni di attività, un posto particolare è riservato al periodo Covid. Drammatico, come noto, ma allo stesso tempo, e paradossalmente, positivo: «È stato un “boom”, per vendite e rinascita di interesse verso la lettura. La gente si è resa conto che esisteva ancora la possibilità di approfondire, di coltivare un hobby, di parlare e confrontarsi, seppure a distanza».

Un ritorno di fiamma i cui effetti sono andati affievolendosi. «Peccato. Con i lettori ho puntato a creare un rapporto di fiducia e, credo, in molti casi ci sono riuscito. Ho ascoltato e provato ad accontentare anche le richieste più strampalate e confuse. Quante volte qualcuno è venuto in edicola e mi ha detto: stavo cercando quella cosa, quella della pubblicità ma non quella là, quell’altra… Mistero. Più comprensibile è stato chi, ai tempi di “Donna moderna pocket” mi chiedeva “Donna moderna poker”. Il gioco d'azzardo non c'entrava nulla. Poi “La settimana mistica”, un classico». Conclusione agrodolce: «Al di là di strafalcioni e qualche risata, è stato importante dare per tanti anni ai clienti quello che serviva loro per coltivare una passione, per approfondire un interesse, per dedicarsi del tempo. In qualche modo per migliorare».

Stefano Tosi

TI RICORDI COSA È SUCCESSO L’ANNO SCORSO A GENNAIO?
Ascolta il podcast con le notizie da non dimenticare

Ascolta "Un anno di notizie da non dimenticare 2024" su Spreaker.
Prima Pagina|Archivio|Redazione|Invia un Comunicato Stampa|Pubblicità|Scrivi al Direttore