Busto Arsizio | 13 gennaio 2025, 08:43

FOTO. La nevicata del 1985, quando Busto diventò uno snow park e le ruspe entrarono allo Speroni

Ricorrono oggi i quarant'anni dalla “nevicata del secolo”. Non era ancora l'epoca dei telefonini e in pochi hanno qualche fotografia, ma in tanti è ancora viva la memoria di un evento più unico che raro che trasformò Busto e fece vivere alcuni giorni straordinari, sotto quasi un metro di neve. Mandateci anche i vostri scatti e ricordi

Pareti di neve alte come quelle che si creano lungo le strade del Passo dello Stelvio. A chi scrive, che a quel tempo di anni ne aveva “una manciata o poco più” (otto per l'esattezza) e che guardava incuriosito il mondo dal basso verso l'alto, mastodontici apparivano i cumuli di neve creati per permettere il passaggio di alunni e maestre alle scuole Aldo Moro. La nevicata del secolo, dopo settantadue ore ininterrotte di fiocchi a ripetizione, si era ormai esaurita ma i centimetri rimasti a terra, per le strade di Busto, erano tanti. A Milano furono tra i 70 e i 100, poco differente la situazione nella nostra città e zone limitrofe. 

Le premesse per quella che è definita la “nevicata del secolo” si crearono una settimana prima quando, intorno all'Epifania, furono Centro (in Emilia si scese sotto i -20°C) e Sud Italia vennero imbiancate, compresa Roma, entrambe le coste e giù fino alla Calabria. La Pianura Padana, inizialmente risparmiata dalle precipitazioni ma non dal freddo, dovette attendere una settimana, a partire dalla sera del 13 gennaio 1985: una depressione centrata sul mar di Corsica innescò lo straordinario fenomeno meteorologico. Già nella mattina di lunedì 14 ci si svegliò in un mondo ovattato e candido, generando emozioni contrastanti. La nevicata proseguì a più riprese nel corso dei tre giorni a seguire, con fiocchi grandi e resistenti, che andavano via via ad infittire il manto già depositato. Spostamenti resi ardui, scuole chiuse, ma fu possibile anche godersi panorami assolutamente inusuali, sicuramente eccezionali. 

Era il 1985, appunto, e, seppur le nevicate fossero più abituali rispetto agli ultimi anni, la pulizia delle strade era organizzata in maniera meno capillare. Figuriamoci come potesse essere la situazione in occasione di una situazione straordinaria come quei giorni di quaranta anni fa. Qualsiasi aiuto aggiuntivo, quindi, era più che utile. Tra chi si diede più da fare, l'allora consigliere comunale Alberto Armiraglio ricorda l'amico Italo Brazzelli, a quell'epoca assessore della giunta guidata da Angelo Borri: «Italo si impegnò molto – ricorda l'ex presidente della Pro Patria – e, con l'aiuto di un amico trattorista, passò tutta la notte in giro per le strade che più di altre avevano bisogno di un intervento rapido, affiancando i mezzi messi a disposizione dal Comune. Lo raccontava con piacere nei giorni successivi e in molti l'avevano visto darsi da fare in quelle ore. E' stato uno stacanovista, correva laddove c'era qualcuno che era in difficoltà. Credo che dormì davvero pochissimo».

Tra l'altro, va precisato che la fitta coltre bianca caduta su tutto il Nord Italia non poteva essere semplicemente spazzata via o non si poteva aspettare si sciogliesse autonomamente. Anche a Busto, quindi, si individuarono una manciata di luoghi periferici, tra campi e prati, su cui veniva scaricata la neve raccolta dai camion che giravano per la città.

Il match settimanale della Pro Patria si disputò regolarmente proprio perché allo stadio Carlo Speroni si giocò come di consueto la domenica pomeriggio, poche ore prima dell'inizio della nevicata (pareggio in extremis per 1-1 con la poi promossa Virescit Bergamo). Ma il campo non poteva rimanere coperto dalla neve e ci si attivò per liberarlo. «Ma non si poteva solo ricorrere solo a degli spalatori volontari, ci avrebbero impiegato troppo tempo – prosegue Armiraglio – Così intervenne l'assessore Garavaglia che, grazie ad amicizie, mandò le ruspe a pulire il terreno di gioco; la neve fu buttata sotto le tribune».

Le tubature di diverse case ghiacciarono e fu necessario scavare con mezzi pesanti e accendere falò improvvisati per far sciogliere il ghiaccio, permettere all'acqua di tornare a scorrere ed entrare nelle case dei bustocchi. 

Viaggiare diventò indubbiamente più complicato. E alle volte anche inutile. Diversi studenti universitari dell'epoca raccontano che impiegarono 5 ore per raggiungere Milano, prima di rendersi conto che l'ateneo era chiuso. «Era impossibile girare in macchina in quelle ore – ricorda Stefano Colombo - , si avventurava solo qualcuno con jeep e poco altro, ma le auto tradizionali non si muovevano. Ai tempi o mettevi le catene o rimanevi fermo, la neve era veramente troppa. Quando poi passava qualche automezzo, a lungo andare si creavano due binari da cui era difficile uscire. Strade vuote e silenziose: i giorni del lockdown nel 2020 sono stati molto simili, ma nel 1985 la neve aveva creato una atmosfera magica. Di quei giorni ho un ricordo speciale: insieme a mia madre, raggiunsi a piedi il panettiere Maccia di Corso Italia che aveva appena sfornato il pane caldo e profumato. Lo mangiai per strada in questo paesaggio ovattato, quasi fiabesco, con la neve che attutiva i pochi rumori che si potevano udire».

Il centro di Busto fu incredibilmente trasformato in uno “snow park” dai giovani. «Avevo 17 anni e con i miei amici, nel pomeriggio, ci davamo appuntamento in piazza Garibaldi verso le 5 – ricorda divertito “Maurino” Castaldelli – Così facemmo anche in quei giorni ma ovviamente giocammo a prenderci a palle di neve. Ci fu però qualcuno del gruppo che arrivò in centro con gli sci di fondo e ben presto in molti lo imitarono. Più tardi, quando poi ci raggiunsero anche i ragazzi più grandi, quelli che già lavoravano e si muovevano in macchina, fu un attimo organizzare una sorta di sci nautico per le vie del centro: uno guidava, io sedevo nel bagagliaio aperto e reggevo una corda a cui era attaccato l'amico munito di sci. Accumulammo anche un grande quantitativo di neve all'inizio di via Milano e iniziammo a fare i salti. Poi arrivarono i Carabinieri, invitandoci a smettere. Li ascoltammo solo in parte, perché ci trasferimmo ai giardini di fronte al cimitero di Sacconago; c'era chi sgommava con il freno a mano ma spuntarono anche alcuni bob». 

L'unico video che mostra Busto Arsizio sommersa di neve è quello pubblicato su YouTube da una famiglia che abitava nel quartiere di Sant'Edoardo e che trovate a questo LINK. Se però avete qualche scatto in archivio, saremo felici di condividerli con tutti i nostri lettori e tramandarli ai bustocchi del futuro. 

Giovanni Ferrario

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