E così vanno chiudendosi, con il 2024, i primi settant’anni del Gruppo alpini di Castellanza. Sette decenni di lavoro al servizio della comunità cominciati nel 1954. Il capogruppo delle 51 penne nere della fondazione era Pino Cagelli, a cui poi la sezione venne intitolata (foto anche in fondo).
Se si dovesse ricordare solo con qualche data fondamentale la storia dell’associazione d’arma castellanzese non si potrebbe non citare il 1976, l’anno dell’inaugurazione del Monumento alle penne mozze nel parco di via Cantoni, un’opera in cemento e vetro unica nel suo genere. Il 1976 è stato anche l’anno del terremoto del Friuli e Castellanza fece la sua parte. Proprio la risposta organizzativa degli alpini giunti da tutta Italia fu una delle micce che fece nascere l’idea di una Protezione civile. Nel 1984 è stata aperta la sede del gruppo nel “Torrione” e nel 1989 le penne nere castellanzesi hanno iniziato ad allestire il presepe, diventato una tradizione per la città.
1993, in Russia per i bambini
E poi c’è il 1993, l’anno della trasferta in Russia cinquant’anni dopo la drammatica ritirata della seconda guerra mondiale. L’associazione nazionale alpini, in ossequio al principio “onorare i morti, aiutando i vivi” propose negli anni ’90 l’Operazione sorriso. L’obiettivo era realizzare un asilo a Rossoch, luogo che era stato sede del comando del Corpo d’armata Alpino nel 1943. La struttura avrebbe ospitato circa 140 bambini: da tutta Italia gli alpini si mobilitarono. «Noi eravamo in otto – rammenta il capogruppo Dario Crenna che oggi guida una quarantina di penne nere – e ci siamo occupati di tutti gli impianti idraulici». «L’idea era quella di andare in un luogo dove eravamo già stati, ma dove non eravamo stati invitati ed eravamo ospiti indesiderati, per lasciare un ricordo di pace» precisa il consigliere Mario Farioli.
Dopo la costruzione dell’edificio in condizioni proibitive (la zona di Rossoch era desolata, non vi erano mezzi sul posto e tutto doveva essere portato dall’Italia, lontana migliaia di chilometri) gli alpini negli anni si sono occupati anche della manutenzione dell’asilo. Dal 2014 però la situazione è molto cambiata a livello internazionale e della struttura non si hanno più notizie.
Gli anni 2000
Il 2012 è stato l’anno della raccolta fondi per i terremotati dell’Emilia Romagna, il 2014 quello dell’assegnazione della civica benemerenza e il 2019 quello dell’inaugurazione della rotonda “Io alpino”. Il 2020 è stato l’anno del Covid e gli alpini si sono dati un gran da fare insieme ad altre realtà territoriali. «Abbiamo allestito una cucina da campo – afferma Crenna – e divisi in turni abbiamo preparato 4870 pasti in 35 giorni, con una media di 160/170 al giorno». Tra l’altro non senza difficoltà perché occorreva anche tenere conto delle diverse esigenze alimentari delle persone assistite (niente carne di maiale per le famiglie mussulmane, solo verdura per i vegetariani e così via).
Oltre al contributo in avvenimenti particolari, c’è poi tutta l’attività “ordinaria”: ad esempio l’impegno nell’organizzazione di eventi sportivi e ludico sociali e la partecipazione ad eventi tradizionali per la comunità come la Gioeubia.
L’anno nuovo
Ed eccoci arrivati al 2025. Un auspicio? Quella degli alpini è una risposta sicura: la pace. «Noi siamo sempre a disposizione – aggiunge Farioli - chi ha bisogno sa che noi ci siamo. Nec videar dum sim per dirla con il motto del Quinto Alpini, non mi vedi ma ci sonklo». Un’ultima nota riguarda i giovani. «Non so – dice il capogruppo - se i giovani sanno chi sono gli alpini, ma bisogna ricordare che se l’Italia oggi è libera è perché qualcuno è morto». Bisognerebbe, questo è il pensiero delle penne nere, entrare maggiormente nelle scuole, ma sembra che i valori di oggi siano altri.