Revival: a paragone, il Natale di una volta col Natale attuale. E ci metto pure "San Stèan" (Santo Stefano) - non "per risparmiare", ma per includere due feste che hanno la stessa "portata". Per via del costume. Lo si diceva ogni anno per ogni Natale - nessuno si "tirava indietro" - in ogni casa, la Poesia del Natale coinvolgeva tutti. Sia coloro che vivevano nell'agiatezza, sia la gente comune che a Natale preparava leccornie "a non finire" che per … smaltirle, erano necessari dai due ai tre giorni. Mi viene in aiuto mamma Paola che, attraverso la figlia, la carissima, Graziella Enrica Puricelli, mi "illustra" il suo Natale", paragonandolo al Natale odierno.
"al sa capièa cal vegno Natòl" (si capiva che arrivava il Natale).: "'i mandariti sa metèan su u alberu e ul so prufùm al duèa tanci dì" (i mandarini si collocavano sull'albero -come facevano, non lo so- e il loro profumo durava più giorni) - notare che i mandarini si vedevano sulle tavole a Natale e, per "vestire l'albero natalizio" si trovava il modo di collocarli sui rami. Quei "mandariti" facevano parte dei regali-natalizi e, quando si levava la buccia, la si poneva delicatamente sulla stufa a legna e il profumo che emanavano era delicato (ovviamente si evitava la bruciatura).
Mamma Paola ricorda benissimo un'altra leccornia: "i anciùi" (le acciughe) che facevano da corollario all'antipasto: "na feta da prosciuttu crùu, 'noltra fetta da gianbòn, tre fetti da filzetta e un poeu' da bruscu e … .du anciùi a cò" (una fetta di prosciutto crudo, un'altra di prosciutto cotto, tre fettine di salame crudo tagliate dalla filzetta e un po' di "bruscu" a base di acetelli, carciofini, cipolline e ovviamente, due acciughe a testa). Mai visto nel corso dell'anno un …. antipasto così completo.
C'era poi l'oca "ben guarnìa" (dentro la quale si metteva un sopraffino con qualche erba "medicinàl" … .così la chiamava in casa nostra, lo zio Giannino. Aggiunge, mamma Paola, "ul rostu negar da ven sui gratòn da grossu" (l'arrosto, dal colore del vino dove era inzuppato da nonna Angiola) che faceva colare il grasso di condimento. Riguardo l'oca, mamma Paola aggiunge "u oca, l'à tuèan nustrona e ma ragordu che a nona Angiola l'a ga tièa via 'l co e u oca l'à curèa ingiru in dul curtil prima da muì" (compravamo l'oca nostrana, dal contadino e nonna Angiola la uccideva, tagliandole la testa e l'oca, prima di accasciarsi a terra, quindi di morire, correva all'impazzata nel cortile).
A Natale (ma pure a Santo Stefano) "s'a mangèa pulidu e s'a bèea un po' pissè" (si mangiava bene e si beveva un po' di più degli altri giorni" e si diceva "ùi, t'e alzò'l bascèn? (ehilà, hai alzato il gomito?" - A Natale sera, ma pure a Santo Stefano sera, "rusi mè i pulòn e cuntenti me'i rati" (rossi come tacchini e contenti come i topi) -cosa c'entra la "contentezza" dei topi non lo so, ma all'epoca, l'espressione era proprio questa - parola di Giusepèn) - poi, ci si coricava, beatamente, evocando i giorni dell'abbondanza che collimavano con una "tombola" e "na feta da panatòn cunt'ulmuscatu" (una fetta di panettone, col il vino moscato-dolce).
Mamma Paola precisa pure "meti su a pel dul mandarèn sul grassu, ma sumèa d'andò in dre" (mettere la pelle del mandarino sul grasso dell'oca, mi sembra di tornare indietro cogli anni).
"Incò a ide i lusi dul Natol in giru, m'a egn ul magòn … a pensò a chi ghe pu e ai bèi tauloi d'una oelta" (oggi, ad ammirare le luci del Natale in giro, mi viene il magone, un po' di nostalgia … penso a chi non c'è più e alle belle tavolate di un tempo).
E siamo all'epilogo …."ligàl…. ligàl" (legalo, legalo) e si riferisce al Natale che va e a Santo Stefano che lo segue. E si pensa ai "ricordi dolci e asprigni" che suscitano emozioni a non finire.