Riceviamo e pubblichiamo le lettera aperta del segretario generale della Uil Lombardia Enrico Vizza sul tema della sicurezza sul lavoro.
Gentilissimo Direttore,
più di una volta la sua testata ha garantito spazio e informazione alla tragica emergenza sugli infortuni sul lavoro, talvolta mortali. Ogni anno nel nostro Paese si registrano circa mille morti sul lavoro .
Negli ultimi cinque anni sono stati dichiarati oltre 5000 morti sul lavoro. A questi, nello stesso periodo si devono aggiungere oltre 3.500.000 infortuni. Nel leggere questi dati attraverso le analisi che mensilmente elaboriamo anche attraverso i nostri uffici e dipartimenti, siamo giunti ad una affermazione molto forte; negli ultimi cinque anni abbiamo perso la dimensione degli abitanti di un Comune. Se pensiamo che su ottomila comuni in Italia, la stragrande maggioranza è tra 1 e 5000 abitanti, la risposta è già data.
Dopo ogni infortunio mortale la macchina della comunicazione, si attiva con proclami e richieste da parte di sindaci e politici che fanno pervenire i messaggi di condoglianze alle famiglie delle vittime. E l’attenzione dura complessivamente 48 ore. Non troviamo più termini per definire le morti sul lavoro; tragedie, stragi, omicidi, morti bianche, bollettino da guerra civile.
Nella nostra regione, la Lombardia nell’anno 2023 abbiamo avuto 172 vittime sul lavoro e oltre seicento infortuni. Mogli che non vedono tornare a casa il proprio coniuge, figli che perdono il proprio padre, giovani vite spezzate, lavoratori immigrati che giungono nel nostro Paese per un futuro migliore e invece trovano la morte. Un dramma che uccide due volte. Prima la vittima e poi una tragedia per le famiglie.
In questo Paese abbiamo sistemi informatici, dispositivi tecnologici, aule e lezioni di formazione, contratti di lavoro, decine di figure incaricate per la salute e sicurezza sul lavoro; coordinatore alla sicurezza, RSPP, RLS, RLST, docenti, ispettori, una legge all’avanguardia quale è il testo unico sulla sicurezza 81/2008 e nonostante questo le tragedie sono quotidiane: quasi 3 morti al giorno.
Si organizzano convegni, webinar e si continua a morire sul lavoro. Chi le scrive si occupa da 24 anni di sindacato, prima di categoria per il settore delle costruzioni e ora per la Confederazione come segretario generale. Ma non sono arrivato al sindacato tramite un concorso, sono al sindacato perché arrivo dal mondo del lavoro. Si perché da ottobre 1988 a luglio 2000, ho operato in cantiere partendo dalla qualifica dell’apprendista fino ad arrivare a quella del responsabile di cantiere.
Ho eseguito molte lavorazioni per il settore: dalla manutenzione nelle fabbriche metalmeccanico – chimico, alla ristrutturazione e costruzione di edifici nuovi. Con diversi colleghi ogni volta che si doveva eseguire una lavorazione in altezza o in sottosuolo, si decideva come eseguirla in sicurezza!
Oggi gli infortuni anche mortali interessano quotidianamente tutti i settori, dal giardiniere, all’addetto di un macchinario, dal gruista fino all’operaio specializzato in fabbrica. Come non ricordare braccia di gru che si spezzano, operai sommersi da colate di metallo fuso, operai “catturati” da macchinari a cui, purtroppo, era stata tolta una protezione per lavorare più celermente o ancora centrali elettriche che esplodono con dentro operai che lavorano. Questi non sono più incidenti ma omicidi.
Davanti a tutto ciò mi sento di dire che tutti, ma proprio tutti dobbiamo essere i promotori di denunce e segnalazioni di quello che non va. Il singolo cittadino deve segnalare quando possibile se vogliamo una società diversa.
Così come le aziende, che spesso si fanno concorrenza sleale, devono denunciare se un’altra azienda non rispetta le regole. Lo dico per esperienza personale che in diverse occasioni mi ha portato a fotografare cantieri, impalcature e edifici oggetto di ristrutturazione in cui si ravvisavano situazioni pericolose, che ho segnalato alla polizia locale, agli uffici tecnici dei Comuni, all’ATS dandone anche comunicazione alla stampa e alla Procura della Repubblica che in diversi casi, a seguito delle verifiche hanno sequestrato alcuni cantieri.
Di certe situazioni si deve parlare anche pubblicamente. E allora, mi chiedo cosa non sta funzionando nel nostro paese? Chi decide di fare impresa è consapevole che le sue scelte ricadono anche sui propri lavoratori? I responsabili di produzione nelle catene di montaggio sono formati? I lavoratori hanno la dovuta informazione e formazione? Un direttore dei lavori, il progettista di una casa, di un edificio, di una ristrutturazione ha consapevolezza dei rischi che corrono i lavoratori impiegati?
E ancora il committente privato che accetta l’offerta di un’azienda, è consapevole dei rischi che dovrà affrontare la stessa per l’esecuzione dei lavori nella sua fabbrica o edificio?
Gli enti pubblici che predispongono i bandi di gara, ad esempio con risorse del Piano di Ripresa e Resilienza PNRR, hanno consapevolezza di tutte le procedure prima di affidare i lavori all’azienda A piuttosto che B?
Sono una serie di quesiti che mi sono posto e che ci stiamo ponendo da tempo, come UIL anche a seguito della campagna ZEROMORTISULLAVORO. Una campagna che dura da tre anni e che sta toccando tutte le città e migliaia di lavoratori per rimettere al centro la questione di un lavoro dignitoso e la tragedia degli infortuni.
Una campagna volta, anche, a chiedere una Procura Speciale e il reato di Omicidio sul Lavoro, perché, come detto molti sono veri e propri omicidi. Tanto dovevo per aumentare la sensibilizzazione delle persone, dei lavoratori e delle istituzioni, per fermare una tragedia ingiusta e inconcepibile nel 2024.
Enrico Vizza
Segretario Generale UIL Lombardia