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io_viaggio_leggero | 30 novembre 2024, 07:00

Nel cuore del Bangladesh, quando un viaggio diventa una storia

In questa rubrica troverete interviste a viaggiatori, esperienze vissute in prima persona lontano dal turismo di massa. Luoghi da scoprire, avventure emozionanti, incontri inaspettati in giro per il mondo. Se hai un viaggio da raccontare… scrivi a : ioviaggioleggero@gmail.com

Paolo Guarneri 31 anni Bresciano di origine, fotografo e documentarista gira il mondo alla ricerca di storie da raccontare. Dal Brasile all’Africa passando per il Bangladesh, utilizza “le sue ottiche” per dar voce a chi non sarebbe ascoltato .

 

Raccontaci dove sei stato?

Sono stato nel sud-ovest del Bangladesh, nella regione del Sundarban. Una terra affascinante, ma piena di contraddizioni. Il motivo del viaggio, però, non era solo esplorare il territorio, ma raccontare una storia importante, una storia di disobbedienza.

Di cosa si tratta?

È la storia di un gruppo di ragazze che hanno avuto il coraggio di dire “No” ai matrimoni precoci. Parliamo di una pratica, ancora diffusa in tutto il paese: circa il 50% delle donne in Bangladesh si sposa prima dei 18 anni, e quasi il 20% prima dei 15. Tra la comunità Munda, che ho incontrato, molte ragazze vengono date in matrimonio già a 12 o 13 anni. Ma alcuni anni fa, qualcosa è cambiato.

Qual è stato il tuo itinerario?

Siamo atterrati a Dhaka, ma ci siamo spostati subito verso il sud-ovest. Dopo 17 ore di macchina, anche attraversando il Gange, siamo arrivati nella zona rurale vicino a Khulna; una delle poche città della regione. Da lì, abbiamo raggiunto alcuni villaggi, dove le condizioni di vita sono estremamente difficili. Il Bangladesh non è una meta turistica, e anche l’organizzazione pre partenza è stata decisamente complicata. Per ottenere il visto occorre passare da un ufficio consolare a Roma e poi, per entrare nel paese sono necessari: un invito da un residente bengalese, un itinerario dettagliato e contatti locali.

E i contatti ?

Siamo stati accolti dai Padri Saveriani, un ordine missionario di Parma. Lavorano in Bangladesh da decenni, con l’obiettivo di sostenere le comunità più povere. Non hanno mai cercato di imporre la religione, ma si dedicano a progetti educativi e sociali. Il nostro approccio e’ stato con Padre Mario, una persona veramente straordinaria. Quando l’ho incontrato a Brescia per la prima volta, gli ho detto Buongiorno, Padre, e lui mi ha subito corretto: Di padre qui non c’è nessuno, chiamami Mario! Quella frase mi ha colpito profondamente, e devo dire che racconta molto della sua storia personale. Istruzione, cibo, diritti umani .. una vita spesa per gli sconosciuti.

Il Bangladesh, un Paese in difficoltà ?

Assolutamente si e vi parlo della cosa basilare per la vita, cioè l’acqua. Il Bangladesh è ricco di fiumi, ma molti sono salati o inquinati. Nel Sundarban, la foresta di mangrovie più grande al mondo ai confini con l’India, l’acqua è spesso inutilizzabile perché il mare penetra nelle falde acquifere. I villaggi cercano di sopravvivere costruendo stagni artificiali che si riempiono durante la stagione delle piogge. Quest’acqua viene usata per tutto: lavarsi, cucinare, allevare pesci. Il vero dramma è che neppure i pozzi, potrebbero risolvere il problema. È un paradosso incredibile: un paese ricco d’acqua, ma assetato.

Entriamo nel vivo della storia ?

Nel cuore del Bangladesh, in una zona remota, la vita di una tribù è cambiata radicalmente grazie alla forza di alcune giovani donne. Non dimenticherò mai il primo incontro. Siamo arrivati di notte, stanchi e silenziosi, ma già il mattino dopo ci siamo ritrovati seduti affianco con una tazza di tè, come se ci conoscessimo da sempre. La tribù ci ha aperto le porte, con il calore che solo chi sa, cosa significa lottare per sopravvivere sa offrire. Le ragazze che hanno preso in mano il loro destino, sfidando tradizioni secolari, ci hanno raccontato le loro storie con una determinazione che ci colpiva dritto al cuore. Quelle non erano solo parole, ma una vera e propria dichiarazione di guerra contro un sistema che le voleva ridotte a silenziose mogli precoci.

Cosa ha spinto queste giovani donne a rischiare tutto?

La motivazione più profonda, è stata il desiderio di liberarsi da quella prigione invisibile fatta di tradizioni oppressive. E poi sicuramente la figura di Padre Luigi, un Saveriano sul campo, che da alcuni anni porta avanti un progetto-scuola a favore della comunità Munda. In Bangladesh, l’istruzione è un privilegio che pochi possono permettersi, ma per queste ragazze è diventata una possibilità, una forma di resistenza. Stanno lottando da tempo, per un futuro che non può essere fatto solo di matrimoni combinati a 12 anni. Queste giovani donne hanno trovato nei libri, nella scuola, nella cultura, la via per evadere dalla loro condizione e sognare un mondo diverso. La lotta per l’istruzione è stata, per loro, un atto di disobbedienza senza pari.

Da “sogno impossibile ” a realtà?

Tutto è cominciato 15 anni fa con una sola ragazza, Minuti. Una giovane donna che ha avuto il coraggio di cambiare, di sfuggire ad un sistema che le toglieva ogni passione. E’ diventata il simbolo di una rivolta, che è andata ben oltre le sue aspettative; le sue amiche l’hanno seguita. Sono state tante le giovani donne che, pur avendo paura, hanno avuto la forza di sfidare l’impossibile. Grazie a Padre Luigi e al progetto scuola, Minuti ha realizzato il suo sogno. Oggi è laureata in ingegneria ed insegna nelle scuole, ma continua ad essere in prima linea.

C’è stata molta opposizione da parte delle famiglie?

Mi ha raccontato Minuti che all’inizio, c’era molta resistenza. Le famiglie non volevano “perdere” quelle ragazze, che venivano considerate come “proprietà”, da far sposare precocemente per ragioni economiche. Una bocca in meno da sfamare, e, una garanzia per la giovane donna di un futuro assicurato. Il vero ostacolo, è stata la cultura patriarcale che tradizionalmente governa queste terre; dove la donna non ha mai avuto un’autonomia di scelta. Poi è arrivato il momento della lotta: dalle manifestazioni al boicottaggio dei matrimoni imposti, dalle lettere alle autorità locali alla creazione di una rete di supporto tra di loro. Per molto tempo, hanno dovuto combattere contro chi voleva mantenere lo status quo; ma queste ragazze non si sono arrese. Ogni volta che qualcuna di loro veniva minacciata o picchiata, ne arrivavano altre pronte a portare avanti la causa. Come dice Padre Luigi : “Quando la disobbedienza è vita !”

Oggi e guardando al futuro?

Molte di loro sono professioniste. Alcune sono diventate insegnanti, altre lavorano nel sociale, altre ancora portano avanti la lotta per i diritti nella singole comunità. Non si fermano, e non lo faranno mai; l’istruzione è il loro potere. Una forza che continua a crescere e a diffondersi, come un fuoco sempre acceso. E’ la prova che quando una donna decide di cambiare la propria vita, può davvero cambiare il mondo intero. E queste ragazze stanno cambiando il Bangladesh.

Cosa ti ha lasciato questo viaggio?

È stato intenso e faticoso, ma anche straordinario. Il Bangladesh è un paese che ti mette alla prova , ma ti ripaga con incontri umani incredibili. In quei villaggi, ho visto persone che affrontano difficoltà quotidiane con una dignità e un coraggio disumano. Senza dubbio questa Terra , mi lascia la voglia di tornare. Forse perché le persone che abbiamo incontrato sono così giovani, vicine a me per età, eppure così lontane per esperienze di vita. Mi ha colpito profondamente, la loro determinazione nel credere alla scuola come vero strumento di cambiamento. La storia di queste ragazze rimarrà con me per sempre, e proverò a raccontarla al mondo attraverso le immagini.

Ringrazio l’amico e collega Matteo Raineri, mio compagno di viaggio in quest’avventura.

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Marco Di Masci

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