Busto Arsizio - 30 novembre 2024, 08:00

Chiude “Amadeus musica”, Marisa Pozzi e Sara Pizzolotto salutano: «È stata una bella storia»

Stop alla vendita di strumenti musicali. Il negozio vittima, fra l'altro, della tendenza all’acquisto (troppo) economico on line: «Sempre più clienti chiedono di rimediare a qualcosa, nei loro strumenti, di cui non sono soddisfatti. Non è su questo che può reggere un’attività come la nostra». Resta la scuola di musica

Chiara Pizzolotto e Mariza Pozzi fra le chitarre. Nel riquadro, la vetrina di via Milazzo

La buona notizia è che in via Milazzo la musica sarà ancora di casa: si continuerà a suonare, insegnare, imparare, provare, educare. Quella cattiva è che il negozio Amadeus chiude i battenti, la vendita di strumenti, accessori, spartiti, manuali si ferma. Al civico 4, termina una storia, fatta di passione e competenza, durata 31 anni. Prosegue, con denominazione “Scuola di musica Amadeus” a cura di Musikademia, l’impegno fra le sette note.

Dietro al bancone, Marisa Pozzi, titolare dell’attività commerciale, e Sara Pizzolotto, dipendente, ancora per qualche giorno accolgono e sorridono. Con determinazione, per sconfiggere l’ombra di tristezza che ogni tanto vela gli occhi. «Il dispiacere c’è e si fa sentire – concordano – ma ricordiamolo: abbiamo lavorato tanto e bene».

Marisa ha tenuto a battesimo il negozio, nato da un’idea sua e del maestro Pieralberto Pizzolotto, un importante curriculum di esperienze e progetti musicali alle spalle in cui si incastona, come una pietra preziosa, il Festival chitarristico e mandolinistico internazionale bustese. Sara si è “messa a bottega” una volta diplomata e non ha più lasciato la trincea. «I miei figli – scherza ma non troppo – sono nati in ospedale per una questione di attimi, fino a poco prima di partorire ero in negozio». Una quasi residenza, via Milazzo 4, anche per gli allora neonati, una femmina e un maschio: «Stavano qui anche loro, da piccolissimi. Mi è capitato di dire a qualcuno: sì, te le cambio le corde della chitarra, ma tu mi devi tenere il figlio. E ho piazzato il piccolo in braccio al cliente. Tutte le operazioni sono andate a buon fine, senza danni».

Perché, quindi, interrompere un’esperienza alla quale si è così legati? «Perché – allarga le braccia Marisa - non si può fare diversamente. La mentalità e le abitudini dei clienti sono cambiate, il periodo Covid è stato uno spartiacque. Ha preso ancora più piede una tendenza in atto da prima, quella di scegliere da sé gli strumenti on line, puntando a spendere poco. I consigli di chi vende da tanto tempo, però, contano. Così in negozio si è intensificato l’arrivo di persone che ci chiedono di mettere a posto, di sistemare, di rimediare a qualcosa di cui non sono soddisfatte. Si fa, se possibile, ma non è su questo che si regge un’attività come la nostra. Non siamo le sole, ad abbassare la saracinesca: stando alle statistiche, ogni anno in Italia ci sono circa cento negozi di musica in meno».

Un andamento che dovrebbe preoccupare innanzitutto i musicisti, o aspiranti tali: «Il percorso di accompagnamento tipico, quello al quale abbiamo partecipato tante volte, inizia con la vendita di uno strumento economico. Se, poi, l’interesse cresce, ci si orienta via via verso acquisti più impegnativi, comunque mirati: si consiglia confrontandosi con chi suona, vuole migliorare, ci spiega di che cosa ha bisogno. Clienti di cui finiamo col conoscere bene le esigenze». Una rete di contatti e un bagaglio di esperienza che va in archivio. Nella consapevolezza del molto che si è fatto. «Mesi fa abbiamo iniziato con gli sconti per esaurire le scorte. E i clienti, tanti, hanno reagito subito. Comprando, soprattutto nella fase iniziale. E comunicandoci anche il loro, di dispiacere. Persone che, magari, abbiamo incontrato giovanissime e che poi si sono presentate con i figli. Qualcuno è arrivato con un omaggio floreale. Ci ha fatto piacere, grazie».

Adesso si affronta l’ultimo periodo di apertura, scadenza 21 dicembre. Poi nipoti, nelle prospettive di Marisa. La prosecuzione di tanti impegni extralavorativi, i figli e la ricerca di una nuova occupazione, in quelle di Sara. Con una consapevolezza che ripetono insieme: «È stata una bella storia».

Stefano Tosi