Sociale - 23 novembre 2024, 13:10

Violenza di genere, dal principe azzurro al mostro. Ma insieme può vincere la “bellezza del coraggio”

FOTO E VIDEO. Affollata la sala della Croce Rossa dove si sono confrontate più voci del mondo sanitario, sociale, legale e politico. Al centro antiviolenza Eva odv di Busto, 200 le donne che hanno chiesto aiuto: in aumento, soprattutto le giovani. Inaugurata la panchina rossa

“Ma perché non se ne vanno?”. È l'interrogativo su cui ci si è soffermati all’incontro di questa mattina nella sede della Croce rossa di Busto Arsizio dedicato alla violenza di genere. Lo ha posto la psicoterapeuta di Eva odv, Stefania Ponti, una delle relatrici del convegno intitolato “La bellezza del coraggio”. La sua voce si è confrontata con quella di altri relatori, tutti accomunati dal voler rompere “il muro del silenzio” che si erge attorno al problema della violenza di genere.

Dal principe azzurro al mostro

«Chi subisce – ha fatto notare – fatica a uscire dalla spirale. Si potrebbe pensare che le donne maltrattate non se ne vadano per motivi di carattere lavorativo, economico, ma non è così». E snocciola cifre di donne che dal primo gennaio a oggi si sono rivolte al centro antiviolenza di Busto Arsizio: 200 vittime, la maggior parte italiane; il 51% aveva un’occupazione stabile e il 45% un titolo di studio pari o superiore al diploma di maturità. «Dunque non colpisce solo le fasce deboli – ha rimarcato – Spesso sono professioniste, dirigenti: insomma tutte hanno difficoltà a muovere il primo passo. L’aspetto che le accomuna è la descrizione che fanno di lui: inizialmente è un principe azzurro, un uomo premuroso, attento, insomma perfetto». Tutte forme che poi si trasformano in gelosia, controllo e che sfociano in insulti, umiliazioni, sberle, oggetti lanciati per poi immediatamente chiedere scusa, tornare a essere il principe azzurro, magari colpevolizzando anche lei. E poi, la consapevolezza che il mostro sia solo in casa, fuori è un uomo rispettabilissimo. «E magari per questo lei lascia il lavoro con la conseguente mancanza di autonomia economica. Poi subentra anche la critica al modo di vestire. La violenza non avviene di notte in un parco, ma tra le mura domestiche: solo nell’1% dei casi a perpetrarla è uno sconosciuto, nell’84% è un marito, un fidanzato».

Occorre intercettare il pericolo 

Dunque  il fenomeno non riguarda solo le fasce deboli, ma «situazioni di debolezza contingente – fa notare il sostituto procuratore Carlo Alberto La Fiandra –. E’ un fenomeno trasversale che coinvolge tutti i contesti sociali. È fondamentale intercettare il pericolo prima che si arrivi al femminicidio. I reati rappresentano un crescendo criminoso e il nostro obiettivo è quello di attivare un procedimento che possa avere gravi indizi per arrivare a una misura cautelare. Da un anno, dopo il caso di Giulia Cecchettin, è stato imposto il divieto di avvicinamento assistito attraverso il braccialetto elettronico e una distanza minima di 300-500 metri». 

Gli obiettivi del nuovo programma regionale

Dunque quali interventi? Chiara Federigi,  responsabile della Ssd gestione monitoraggio, progettualità, famiglia e fragilità dell’Ats Varese ha spiegato gli obiettivi del programma della Regione Lombardia. «Intanto importante è sostenere le reti territoriali interistituzionali antiviolenza nell’erogazione dei servizi. Favorire il processo di integrazione degli interventi non solo all’interno della rete esistente, ma prevedendo il raccordo con tutti gli enti del territorio (con particolare attenzione alle Asst). Poi dare continuità e potenziare i servizi erogati dai centri antiviolenza e dalle Case rifugio aderenti alle reti territoriali istituzionali antiviolenza e sostenere il monitoraggio delle principali dimensioni del tema, delle caratteristiche delle donne che si rivolgono ai Centri antiviolenza e dei servizi erogati, attraverso l’inserimento dei dati in Istat». Ha poi concluso l’intervento parlando dei Cuav, ossia centri per uomini matrattanti, che hanno provocato violenze. 

Vecchie fratture, vecchi traumi

Hanno parlato degli interventi all’istituto San Carlo, il direttore sanitario Giuseppe Reggiori e il medico radiologo Sabrina Crespi (era presente anche l'amministratore delegato Sara Tosi). «Quando arrivano le donne – ha chiarito Reggiori – per noi non sono “pazienti”, ma donne. Donne spaventate che inizialmente non vogliono parlarci. Poi, prese in disparte, tolto il camice, iniziano a raccontare le violenze subite. Molto spesso analizziamo vecchie fratture, vecchi traumi: non sono violenze di ieri, ma perpetrate negli anni. Il loro timore è anche quello di perdere i figli, di non conoscere quale sarà il loro percorso, chi potrebbe aiutarle». 

Donne forti

Infine Ibrahim Malla, fotografo umanitario volontario della Croce Rossa di Busto Arsizio, oggi non ha voluto parlare della debolezza delle donne, ma della forza delle donne, «perché nel mio lavoro ho incontrato donne che hanno mostrato la loro forza, bravura, per se stesse e per gli altri».

Tante le associazioni presenti all’incontro: Eva odv, Lilt, Avuls e altre ancora. Per l’amministrazione comunale, il sindaco Emanuele Antonelli, l’assessore Paola Reguzzoni. Tanti anche i cittadini di Marnate con il loro sindaco Marco Scazzosi. Reguzzoni ha fatto notare che «la strada è ancora lunga, ma è importante compiere un passo dopo l’altro. La consapevolezza della problematica fa aumentare i numeri delle denunce. Nell’ultimo anno a livello nazionale si sono contati 89 femminicidi, 77 in ambito familiare e 48 per mano del partner. 

La mattinata si è conclusa con l'inaugurazione della panchina rossa collocata nel piazzale della Croce Rossa e della mostra fotografica di Malla.

Laura Vignati

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