Nelle scorse settimane alcuni sindaci dei comuni del Bustese hanno espresso opinioni e preoccupazioni sulla sanità territoriale, evidenziando come la mancanza di dialogo tra le amministrazioni e Asst possa esacerbare i disagi che i cittadini vivono a causa delle decisioni prese dall’alto.
I comuni infatti, come hanno sottolineato i primi cittadini di Marnate (leggi QUI) e Solbiate Olona (leggi QUI), sono spesso i primi a raccogliere le segnalazioni dei cittadini in caso di criticità, anche quelle legate al mondo della sanità, e altrettanto spesso, come ha ricordato la vice sindaco di Castellanza (Leggi QUI), il confronto diretto tra i comuni e gli enti è fondamentale per risolverle nel minor tempo possibile.
Tra le voci dei sindaci della Valle non poteva mancare quella del primo cittadino olgiatese, che di professione fa proprio il medico di medicina generale: «Innanzitutto è necessario premettere – spiega Giovanni Montano – che i problemi che sta vivendo in questi anni il mondo della sanità non sono in alcun modo risolvibili a livello locale; il territorio è penalizzato da scelte e decisioni che vengono prese dall’alto, che a volte sono addirittura in contraddizione tra loro.
Basti pensare alla realizzazione del nuovo ospedale unico, che viene costruito per accentrare i servizi in un unico luogo, a cui si affianca l’apertura delle Case di Comunità, che invece si propongono di delocalizzare i servizi».
CASE DI COMUNITÀ
Ed è proprio sulle Case di Comunità che si soffermano le riflessioni di Montano che, pur non essendo in alcun modo contrario alle nuove realtà, è molto scettico riguardo al loro funzionamento.
«Creare le strutture senza avere il personale per farle funzionare è inutile – prosegue il primo cittadino olgiatese – in questo modo l’unica cosa che si potrà fare al loro interno è la delocalizzazione dei settori amministrativi.
Da diversi anni uno dei problemi fondamentale relativi alla sanità pubblica è proprio la carenza di personale, causata dalla mancanza di volontà e di investimenti da parte delle istituzioni; chi lavora in ospedale, negli ambulatori pubblici o nelle Case di Comunità deve essere gratificato, e non parlo solo di gratificazioni economiche, ma anche della riduzione del carico di burocrazia e degli aspetti amministrativi che ormai sono parte integrante della quotidianità di ogni medico, sottraendo tempo prezioso all’effettiva cura dei pazienti».
È questo, che secondo Montano, sta spingendo i dottori, e il personale in generale, verso le strutture private che, a volte anche senza retribuzioni più alte, offrono luoghi di lavoro meno appesantiti dalla burocrazia, e quindi più attrattivi.
«Se la mentalità di chi prende le decisioni non cambi i problemi che stiamo vivendo in questi anni non saranno mai risolti – rimarca il sindaco di Olgiate Olona – anche perché essi sono causati a monte, lo ripeto, dal sistema burocratico.
Il timore è che le novità che si stanno introducendo siano solo degli specchietti per le allodole, e che in realtà complicheranno solo la situazione, perchè con esse si aumentano gli aspetti burocratici, e quindi si inaspriscono i problemi».
Cosa resta da fare alle amministrazioni, dunque? Per il sindaco Montano la risposta è una sola: «È evidente che noi dobbiamo fare fronte comune per creare un sistema che permetta alla gente di accedere ai servizi residuali.
Il territorio, poi, può solo rappresentare le esigenze che emergono dal confronto con i cittadini, che tra l’altro dovrebbero già essere note, rappresentare il disagio e mettere dei paletti».
GLI OSPEDALI DI PROSSIMITÀ
Sulle azioni che andrebbero intraprese per migliorare la situazione attuale il primo cittadino olgiatese ha poi le idee molto chiare: «Per prima cosa bisognerebbe consentire ai pazienti che, durante l’emergenza causata dai pensionamenti dei medici, sono stati assegnati a un dottore con ambulatorio in un altro comune, di poter tornare da uno di quelli che lavora nel proprio paese.
Questa situazione, infatti, crea difficoltà e dispendio di tempo per tutti, sia per i medici che per i mutuati, ed è fondamentale, adesso che la crisi è rientrata, una ridistribuzione dei pazienti.
Inoltre credo che piuttosto che le Case di Comunità siano più utili delle piccole strutture cittadine, in cui afferire i medici, affiancati da infermieri e da personale amministrativo e fornire servizi in loco; una sorta di ospedale di prossimità, destinato ai malati sub acuti, in modo da poter dare cure più efficienti che rappresenterebbero un vantaggio sia per i pazienti e le loro famiglie, sia per la sanità, anche a livello economico».