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Storie | 19 ottobre 2024, 13:15

I segreti di San Gregorio svelati dall’appassionata di storia locale Carla Castellanza

L'ex professoressa, domenica 20 ottobre, tiene una visita guidata nella chiesetta di via Foscolo. Illustra la storia, i dipinti e racconta le vicende della pestilenza che ha colpito Busto Arsizio nel 1630

I segreti di San Gregorio svelati dall’appassionata di storia locale Carla Castellanza

Forse non tutti conoscono come è nata la chiesa di San Gregorio, il legame con la peste, i dipinti di Biagio Bellotti. A svelare i segreti della chiesetta della peste del 1630, spetta alla professoressa Carla Castellanza, appassionata di storia locale che domenica 20 ottobre alle 16 tiene una vista guidata in San Gregorio.

«Spiego come è nata la chiesa, ossia con le offerte lasciate dai morti della peste del 1630 – racconta – Quindi parlerò della peste. Occorre sapere che solo noi bustocchi abbiamo un testo contemporaneo che parla della peste. Era stato stilato da un canonico di San Giovanni, sopravvissuto al morbo, un certo Lupi sanmichelino che ha raccontato giorno dopo giorno la peste»

Due sono le cause: una che il morbo provenga da Saronno tramite un mercante di stoffe, l’altra che proviene dal figlio di un bustocco andato presso i lanzichenecchi».

Il manoscritto a un certo punto sparisce e poi ritorna in una bancarella in Svizzera, viene acquistato da una persona che l’ha venduto a un medico e ora si trova a Copenaghen. A Busto Arsizio ci sono alcune copie.

«Questo manoscritto porta il timbro della biblioteca dei Belgioioso – fa notare - che abitavano davanti al Manzoni a Milano. Quando Manzoni parla di manoscritti, sorge un sospetto: quali argomenti sono del Lupi e quali nei Promessi sposi?»

Nel museo di arte sacra di San Michele, poi, ci sono due tele di un anonimo del 1650 (contemporaneo al manoscritto) che ricalcano esattamente, insomma sono “le fotografie” di tutto quello che il Lupi racconta. Dunque il testo del Lupi in immagini. Una rappresenta la via San Michele com’era nel 1630 con le immagini della peste (e con autorità civili e religiose), poi case inchiodate, si vedono dalle finestre gli appestati che non possono scendere perché inchiodati alle porte, il baldacchino con un sacerdote. La seconda tela ci illustra esattamente il lazzaretto di Busto con tutti i particolari che il Lupi racconta nel suo manoscritto: capanne e in ogni capanna alberga un nucleo familiare. Interessante l’immagine di un signore con un neonato e la capretta per dare il latte al suo bambino e un episodio che racconta “La madre di Cecilia” ricordata dal Manzoni.

«Gli appestati per paura di finire all’inferno facevano elargizioni alle scuole dei poveri e alle società caritative dell’epoca – conclude - Con questi soldi è stata costruita la chiesa, tra il lazzaretto e la cinta che chiudeva il borgo di Busto. Nel 1700 da chiesa dove si celebravano solo messe per defunti diventa una struttura più ampia e viene incaricato Biagio Bellotti di allungarla e decorarla con due figure: San Clemente e San Gemolo. Racconterò quindi le storie di entrambi».

Infine non mancheranno cenni all’intitolazione della chiesetta che ha preso il nome dal papa Gregorio Magno, effigiato nella tela sopra all’altare con la processione di San Gregorio Magno lungo il Tevere in un momento di peste e sopra a Castel Sant’Angelo compare San Michele che rinfodera la spada.

L.Vig.

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