«La sicurezza prima di tutto, quella dei corridori e della gente. Paghiamo uno scotto molto alto: un anno intenso di passione, di sacrifici, di lavoro che va in fumo così. È stata una decisione sofferta. Abbiamo parlato con Pogacar e Bettiol: pensavamo a un giro di neutralizzazione, ma la nostra corsa ha sempre avuto grandi vincitori e in questa situazione è mancato lo spirito che da cento anni la Tre Valli si porta nel cuore. Per cui credo che abbiamo preso la decisione giusta, anche se il cuore lacrima».
Con queste parole il patron della Società Ciclistica Binda Renzo Oldani ha commentato per primo in conferenza stampa la decisione di annullare per la prima volta della sua storia la Tre Valli Varesine (leggi QUI).
Così ha proseguito Oldani: «Esiste un protocollo e lo abbiamo rispettato alla lettera. Ci sono state edizioni anche peggiori di questa, ma negli ultimi anni le norme a tutela dei corridori, dopo alcuni gravi episodi che sono accaduti, sono cambiate. E nemmeno noi vogliamo che succedano certe cose. È il corridore che deve decidere se continuare o meno: essi sono lavoratori, prima di tutto, e la sicurezza deve essere primaria».
Poi la conclusione, poetica, nel puro stile di una persona che muore per quello che fa (e gli va riconosciuto sempre): «La cosa che mi dà forza è l’abbraccio che ho ricevuto dai corridori alla fine. Mi hanno detto: torneremo il prossimo anno. Andiamo avanti con questa speranza».
«È prevalso il senso della sicurezza - ha invece dichiarato il sindaco di Varese Davide Galimberti - Fino all’ultimo abbiamo cercato di garantire le condizioni migliori. Il tempo oggi è però particolarmente critico: non possiamo farci nulla, se non un plauso agli organizzatori. Aver avuto la forza di annullare una gara così importante è segno di grande serietà da parte della Binda. Saremo al suo fianco anche l’anno prossimo».
«Abbiamo sempre la “capacità” di vedere il bicchiere mezzo vuoto - è stato l’intervento di Mauro Vitiello, presidente della Camera di Commercio di Varese - Invece la Binda deve prendersi i giusti meriti per quello che ha fatto. Nulla lo può annebbiare, non c’è nulla da rimpiangere: si sono superati nell’organizzazione».
Dopo poco si presenta in sala stampa Tadej Pogacar, anche lui inizialmente lucido nell’analizzare la situazione: «Parlo a nome dei corridori: abbiamo avuto la sensazione di poca sicurezza mentre correvamo. La strada era coperta d’acqua, che veniva da tutte le parti compresi i tombini, e non riuscivamo a vedere l’asfalto, c’era come uno strato sopra. Ci sono state 20 forature, 5 o 6 ruote rotte. Non sapevamo cosa aspettarci: in queste condizioni è molto facile perdere l’aggancio del manubrio, scivolare e andare incontro a incidenti molto seri. Per queste ragioni ci siamo messi d’accordo per far annullare la gara. Avremmo potuto finirla, ma non si sa mai quando gli incidenti possano capitare».
Un giornalista gli chiede se non fosse possibile effettuare due giri di neutralizzazione e poi ricominciare, visto che la pioggia verso le 14.30 è scesa di intensità. Netta e un po’ polemica la risposta del campione sloveno: «Non sono un meteorologo, ma sotto l’acqua in bici ci sono stato tante volte. Per quella che è la mia esperienza l’acqua non scompare dall’asfalto appena smette di piovere. Piuttosto sapevamo che ci sarebbe stato brutto tempo, da giorni: secondo me la soluzione avrebbe potuto essere quella di accorciare la gara delle donne e anticipare di un’ora la nostra partenza…».
QUI la nostra intervista a Oldani.