Fate tre passi indietro con tanti auguri. Chi ha vissuto l'epoca del Monopoli e ha pescato la fatidica carta del gioco, va disilluso se parliamo di elezioni provinciali: i passi indietro sono in realtà sei, poiché in consiglio è rimasta una sola donna (LEGGI QUI).
Un inciampo occasionale? Può darsi, ma nel frattempo a Busto accadeva qualcos'altro. Quella Busto, città più popolosa della provincia, che dopo quelle elezioni non si è trovata rappresentata a Villa Recalcati.
C'era altro in corso in città. Il rimpasto, che è stato infine servito, dopo che i fornelli avevano già dato in pasto appunto il voto a Villa Recalcati. Niente da dire sui nuovi ingressi a Palazzo Gilardoni e saranno i cittadini a manifestare il loro gradimento o meno, al termine di questa legislatura.
Sulla tattica, sul metodo, però, si può riflettere. Perché occorresse adesso fare un rimpasto, era noto solo ai partiti (liste civiche comprese). Il sindaco Emanuele Antonelli avrebbe potuto (forse dovuto) mandare tutti al diavolo, a maggior ragione dopo il consiglio comunale in piena estate in cui si è trovato in quasi splendida solitudine (accanto a lui solo il consigliere Rogora con il voto contrario alla mozione del Pd rielaborata dal centrodestra) sulla situazione della raccolta differenziata in città.
Perché, che cosa sarebbe successo se avesse detto no? L'avrebbero mandato a casa?
Ci viene difficile crederlo. Di rimpasto si è parlato tanto sui social e sui media. Una scelta legittima a metà mandato, a patto di spiegarne ai cittadini appunto la necessità.
Fa sorridere il fatto che diversi assessori siano stati accompagnati alla porta dopo averne presentato pubblicamente i risultati, non le eventuali mancanze. Mariani ripetutamente sul palco a suon di Pnrr, Artusa sull'onda lunga di Busto Europea città dello sport o dei campionati mondiali di pugilato conquistati dalla città, Loschiavo dopo la settimana della mobilità in cui i politici erano lì a sfilare (un po' meno i cittadini, ma questa è un'altra storia). Sul fronte della scuola - per passare a Cerana - si era apparentemente trovata la quadra sulle mense e si erano lanciati i bandi dei giovani.
Ma c'è qualcos'altro che ci fa tornare con il pensiero a Varese, al netto delle differenze delle vicende. A Busto, in nome delle quote rosa si operano gli ultimi ritocchi che ritocchi non sono. Bisogna avere tre donne, è la regola da osservare. Ecco, in nome delle donne cosa succede: si partorisce una giunta con poteri più maschili, visto che il sindaco e il vice sono uomini, ma anche che quest'ultima carica è stata tolta a una donna - Maffioli - che si è anche vista levare il commercio, restando così con il pur tosto piatto di cultura, identità e grandi eventi. Per ragioni sconosciute o meglio non spiegate veramente (LEGGI QUI).
Questo rimpasto, capito dai partiti, non dai cittadini. Ma qui vogliamo precisare che non stiamo facendo una garbata invettiva populista: i cittadini, questi esercizi di metodo (e di non merito, in doppia accezione) in fondo se li meritano. Non ha votato nemmeno la metà dei bustocchi alle ultime amministrative, quindi molti hanno poco da recriminare.
Fatto sta che in nome delle donne, delle sbandierate quote rosa, Busto ha un governo di impatto meno femminile. E intanto guarda caso non è rappresentata a Villa Recalcati, dove prima aveva pure una vicepresidente.