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Territorio | 19 agosto 2024, 23:28

IL RICORDO. Beppe Casolo Ginelli, cronista dal cuore grande: tra macchine fotografiche, cabine telefoniche e amicizia vera

Avrebbe compiuto 85 anni tra pochi giorni il giornalista di Somma Lombardo, che sapeva coniugare umanità e precisione ed è scomparso la scorsa primavera. Le pagine terribili dei sequestri, l'amore per il territorio e quel saper essere segugio sempre

IL RICORDO. Beppe Casolo Ginelli, cronista dal cuore grande: tra macchine fotografiche, cabine telefoniche e amicizia vera

Avrebbe compiuto 85 anni tra pochi giorni (il 24 agosto) Beppe Casolo Ginelli. Un giornalista, un cronista che sapeva coniugare umanità e precisione con naturalezza. Se n’è andato la scorsa primavera e alla cerimonia, nella sua Somma Lombardo, gli hanno reso omaggio colleghi che hanno condiviso un tratto importante di strada con lui.

Io l’ho conosciuto quando quei tempi stavano correndo via, a metà degli anni Novanta: lui allora era stato per un breve periodo addetto stampa al Comune di Busto Arsizio e a guidare la redazione della Prealpina c’era Antonio Porro. Un match costante, tra i due colleghi e amici, scandito da storie incalzanti, battute fulminanti, risate e ricordi.

L’era senza cellulari e senza internet, in cui Porro insegnava a scolpire 30 righe su una macchina da scrivere a proposito di una rapina in una località della provincia a mezz’ora di distanza, con la chiusura del giornale che incombeva. Come facevi? I segreti li custodiremo gelosamente, tanto non interessano nemmeno granché in quest’era capovolta dove si guarda alla connessione della rete, non alle relazioni tra le persone.

Ma a lui, Beppe Casolo Ginelli, le relazioni importavano, eccome, e quei segreti li conosceva tutti. Fin da giovane ha sentito il richiamo della cronaca dentro di sé e ha dato tanto, tutto, premiato anche da concorsi. Con la macchina fotografica sempre appresso, sempre nel posto giusto al momento giusto. Alleate fondamentali, le cabine telefoniche (quelle oggi estinte): lui che amava profondamente il suo territorio, le individuava tutte. E all’occasione, il telefono di casa diventava lo strumento di contatto con rapitori: accadeva anche quello.

Perché sì, Beppe è stato un cronista che ha attraversato gli anni terribili dei sequestri: un dramma, su cui la mia generazione di giornalisti almeno non ha dovuto scrivere. Con i suoi grandi occhi chiari e quel cuore altrettanto grande che aveva, mi sembra di ascoltarlo ancora mentre racconta e penso: ma come ha fatto a vivere e scrivere quelle pagine efferate?  

Allora penso al Beppe che si adopera a realizzare meticolosamente album fotografici e a collezionare cartoline, ma anche che non si perde una dritta e non esita a fiutare la pista come un segugio mica solo sulla nera. Di segugi, allora, ce n’erano diversi, solisti che sapevano rispettarsi e anche accordarsi se necessario. In uno dei suoi indimenticabili post, un maestro come Maniglio Botti narrava di aver colto la vera notizia in un pezzo di un corrispondente locale e di essere partito verso la località dove si teneva un’assemblea ben più particolare di quanto fosse stata presentata. «E feci bene – osserva - perché nel paese in questione trovai un caro amico e collega, Beppe Casolo Ginelli, giornalista del Giorno, il quale non so come aveva avuto la mia stessa dritta. Già in pista. E ci accordammo per lavorare in coppia».

 

In pista, Beppe, sempre. Premiato da concorsi, frustrato una volta da una apparente delusione che poi però divenne una vittoria.

Sono ancora lì, in redazione, e tu entri a raccontarmela. Quando affrontasti lo scritto dell’esame di giornalismo e tra i titoli dei temi ce n’era uno su un sequestro di persona. Da sbrigare in scioltezza, dopo tutti quelli scritti, è fatta. Che gelo – mi narri ancora – quando arriva la comunicazione che non sei promosso. Ti viene da ripensare a tutto ciò che si è fatto fino a quel momento e da essere tentato di gettarlo, se non sentissi quella fiamma da sempre che ti arde dentro.

Per fortuna, tu sei un segugio e prima di sostenere di nuovo l’esame, riesci a scovare la motivazione della bocciatura: «Ricostruzione troppo precisa dei fatti». Rimprovero che qualsiasi giornalista vorrebbe sentirsi rivolgere.

Allora, risuona una risata, una di quelle impagabili che vi facevate tu e Antonio. Hai vinto ancora, Beppe, ma neanche ti importa forse, perché tu vuoi solo fare il lavoro più bello del mondo e lo stai facendo. Probabilmente anche lassù.

Ma. Lu.

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