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Calcio | 16 agosto 2024, 17:00

L'INTERVISTA. Discepoli, quella Pro dolceamara di vent'anni fa e i giovani calciatori di oggi: «Ci sono ma vanno aspettati. Ecco come»

L'ex tigrotto fa parte del terzetto di osservatori federali che lavorano per il ct azzurro Spalletti e l'Under 21: «Bisogna liberare il talento. Lo dicono anche gli ultimi Europei. E bisogna remunerare gli educatori con contratti pluriennali»

foto per cortesia di Daniele Belosio

foto per cortesia di Daniele Belosio

Sono passati quasi vent'anni dal luglio 2005 quando Gian Cesare Discepoli fu scelto dalla famiglia Vender come allenatore della Pro Patria. I ricordi sono ancora vivi per l'ex mister tigrotto; sono istantanee ben nitide che hanno saputo resistere alll'usura del tempo. Si è depositato qualche velo di polvere, ma è sufficiente soffiarci sopra per scoprire  ancora il loro colore intenso. E dire che su quella panca biancoblù ha vissuto una sola stagione. Eppure...

Sogno e delusione biancoblù

«Come faccio a scordare la vittoria col Genoa in uno Speroni gremito – e l'emozione tradisce la sua voce - una vittoria indimenticabile per il blasone dell'avversario, ma anche per come l'avevamo preparata e giocata. Dopo quella partita che chiamiamo, sfortunata dell'andata, in tutti c'era una voglia di rivalsa. Ma ho ben presente quella successiva con il Monza al Brianteo, forse la più bella dal punto di vista tecnico. Ero in panchina e godevo nel vedere la Pro Patria giocare un gran bel calcio. Così come mi era piaciuta quella in casa col Cittadella. Insomma quella era una Pro Patria con gente di personalità e di grande caratura tecnica come Tramezzani, Temelin, la coppia centrale difensiva Franchini e Perfetti. Peccato non aver portato avanti il lavoro perché quella squadra necessitava solo di qualche ritocco e l'anno successivo si sarebbe potuto giocare il campionato con qualche ambizione».

A distanza di anni Discepoli non ha ancora digerito quel ben servito della famiglia Vender; probabilmente non gli andrà mai né su né giu. Anche questa è una foto del'album biancoblù che non si è ingiallita perché «ci sta nel calcio che tu non venga confermato, ma che ci voleva chiamarmi e dire: guardi Discepoli non la vogliamo confermare ed avrei accettato. Comunque quando l'ho scoperto ho fatto presente le mie ragioni perché da sempre preferisco dire le cose in faccia come ho sempre fatto anche con i miei giocatori. Putroppo quel comportamento della società ha inciso sul rendimento della squadra, sul prosieguo del campionato e questo mi è dispiaciuto parecchio».

Al servizio dei giovani

La chiacchierata con Discepoli non è però un'operazione nostalgia, ma vuol parlare di calcio con chi è stato per decenni in trincea ed ora mette la sua esperienza al servizio di chi è in prima linea. Vuole approfondire la direzione che sta prendendo il pallone. Una sorta di dialogo dei massimi sistemi.

L'ex tigrotto fa parte del terzetto di osservatori federali che lavorano per il commissario tecnico della Nazionale Luciano Spalletti e dell'Under 21 Carmine Nunziata. «La mia zona di competenza è il centro-nord, gli altri due si occupano del nord est e del sud - spiega - Andiamo a vedere squadre di serie A e di serie B. Vado dove abbiamo delle segnalazioni e facciamo i nostri report. Mi interesso dei giocatori 2004/2005. Oltre che con Spalletti, che conosco da tempo, ho lavorato anche con Di Biagio quando era ct dell'under 21. Anche se ho smesso di allenare, rimango sempre attivo e mi permette di stare in un calcio di un certo livello».

Scovare o scoprire i giovani, valutarli, soppesarli, seguirli è molto stimolante, ma non certo agevole in un calcio che alle giovani generazioni sembra voglia aprire le porte, soprattutto dopo qualche sberla (Europeo ndr), ma che poi nella realtà sbarra le porte. E poi trovarli questi giovani.

I giovani da aspettare

«Ci sono – rassicura Discepoli – e lo dimostrano i successi delle nostre under 17 e 19, ma come ha detto giustamente Furlani, l'atleta del salto in lungo alle Olimpiadi, i giovani vanno aspettati. Dobbiamo avere pazienza ed arrivano. Purtroppo da noi non esiste questa cultura. Un allenatore sa che se manda in campo dei giovani e il caso vuole che pareggi due partite e ne perda una, rischia il posto ed allora preferisce guardare oltre».

E aggiunge: «Va anche detto che noi abbiamo un concetto di “giocatore-giovane” molto particolare. Sento parlare di giocatori giovani in serie C a ventidue anni quando in Olanda ci sono diciottenni che giocano la Chiampions League. Non ci siamo».

Per Discepoli sono importanti le seconde squadre «per far giocare i ragazzi in un campionato vero che non può essere la Primavera. Purtroppo carenze di strutture non consentono il loro sviluppo anche se in terza serie sono viste come delle intruse. Non sono d'accordo con chi ritiene le Under 23 una sorta di mercato parallelo. Vi sono giocatori che sono maturati e adesso s'impongono a livello alto e penso a Soulè e Yldiz o anche a qualche giocatore dell'Atalanta perché hanno giocato un campionato vero».

Ma per Discepoli è arrivato il momento di «liberare il talento, lo hanno detto gli ultimi europei vinti da chi ha giocatori che sono capaci di giocare uno contro uno, di dribblare e di andare in porta, e lo hanno confermato le nostre under 17 e under 19. Ci sono giocatori che sanno giocare al pallone ed occorre proseguire su questa strada. In che modo? Remunerando gli educatori con contratti pluriennali così da poter programmare la crescita dei giocatori. Si prendono a sedici anni e lì si portano avanti migliorando la loro fisicità e sopratutto la loro tecnica, Abbiamo bisogno di talenti. Ormai tatticamente le squadre si sono tutte evolute».

Eh sì, è il pallone l'attrezzo del mestiere. Basta dare numeri. Al bando le formule. Chi è andato all'oratorio sa che il più bravo è sempre stato quello che sapeva dribblare.

Giovanni Toia


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