Busto Arsizio - 21 giugno 2024, 09:10

Monsignor Claudio Livetti compie gli anni: 93 candeline con il 70esimo di sacerdozio alle porte

Alla guida della comunità cristiana di Busto per 22 anni, don Claudio celebrerà la messa per la festa patronale di San Giovanni, il 24 giugno, con il vescovo Franco Agnesi. Riflettendo sul ruolo del sacerdote dice: «Ha ricevuto un sacramento per servire. Se segue un’impostazione clericale e pretende di comandare, tutto si inaridisce». Il pronostico: «Arriveranno le donne sacerdote»

Monsignor Livetti indica l'attestato del suo Battesimo

«Sono contento che alla festa patronale di San Giovanni si ricordino gli anniversari sacerdotali. Alla messa delle 11.30 concelebrerò con il mio compagno don Peppino Aldeni e monsignor Franco Agnesi, che compie 50 anni di sacerdozio. Così alla predica pensa lui!». Sorride monsignor Claudio Livetti, 70 anni da prete quasi compiuti, 22 alla guida della comunità cristiana di Busto (la foto in fondo all’articolo risale al suo insediamento), nel pieno di giorni densi di ricorrenze. Non solo quella dell’ordinazione, il 27 giugno, ma anche il compleanno (oggi spegne 93 candeline) e l’anniversario del Battesimo. Nelle due stanze che occupa all’Istituto La Provvidenza, monsignor Livetti indica un attestato inviatogli nel 2001 dal parroco di Ferno, suo paese natale, un piccolo certificato appeso alla parete, con i nomi dei genitori, Paolo e Giuseppina, quelli di madrina e padrino, Carolina Livetti ed Erminio Magnoli, e naturalmente la data: 28 giugno 1931. «Posso indicare quel giorno come la vetta della mia “carriera” da cristiano».

Con la consueta prontezza, approfondisce: «Sulla scorta del Concilio Vaticano II, dico che esiste un unico battesimo e c’è un unico sacerdozio. Poi ci sono i preti che, però, non sono supercristiani. Sono ministri di Dio a servizio della comunità. È uno dei motivi per cui ho sempre avuto grande rispetto dei laici, li ho coinvolti molto. Trovo triste che ci sia ancora qualche prete “clericale”. Papa Francesco dice: puliamo la Chiesa dall’idea del clericalismo. Il prete è un cristiano che ha ricevuto un sacramento per servire. Se poi c’è senso di fraternità, si crea collaborazione. Se invece c’è una sorta di faraone che vuole comandare, tutto si inaridisce».

Ragionamento basato su solidi pricìpi, ma anche attento alla concretezza, vista la penuria di vocazioni: «In forza del Battesimo, i laici hanno possibilità, e capacità, di esprimersi nella Chiesa, di partecipare a quello che il Papa chiama “cammino sinodale”, al camminare insieme. Certo, anche se già oggi sono importanti, c’è un altro cammino da portare avanti per coinvolgere di più le donne». Di più quanto? «Ci saranno le donne sacerdote, come nella chiesa anglicana. È questione di tempo. Oggi si parla di diaconesse, che erano presenti nella Chiesa primitiva. È un passo. Personalmente sono, invece, contrario alla figura del “prete uxorato”. Il prete deve avere Gesù come centro della sua vita. Si sceglie la famiglia o la comunità cristiana, trovo impossibile che si riesca a servire nello stesso modo, con la stessa intensità, entrambe. Il celibato è, di per sé, una forma di impegno».

Sul ruolo del prete: «Ho avuto belle e importanti esperienze sia all’oratorio, in parrocchia, che fra gli scout. Nel primo caso, avevo in mano tutte le chiavi. Quelle delle attività religiose ma anche dei tornei sportivi, delle feste, delle gite, degli incontri… Nello scoutismo, invece, c’è la figura del capo, che è il responsabile, e il prete va lì per svolgere la parte spirituale. Ecco, credo che in futuro saranno più diffuse figure simili a quelle che si trovano tra gli scout e che ci saranno di meno quelle con in mano tutte le chiavi».

Che cosa direbbe don Livetti a un giovane che sente la vocazione? «Quello che dico a chi pensa di costruire una famiglia: il progetto deve essere a lungo termine. Occorre verificare bene dall’inizio. Se il percorso è ben avviato dalla partenza, quando arriveranno le difficoltà ci si impegnerà per risolverle, sarà più difficile che si getti la spugna. Caso a parte è quello degli sciocchi che vogliono fare carriera. Il cardinal Schuster, che mi ha ordinato, diceva che nella Chiesa Ambrosiana l’unica carriera è quella del facchino. Ci sono pesi da portare, sempre maggiori. Bisogna farlo con amore».

Carichi sollevati a lungo, nel caso di monsignor Livetti. «E sono felice – confida – anche se sento anziani così affaticati da dire che non vogliono andare avanti. Dico a me stesso, però, che se il buon Dio mi ha dato un nuovo acciacco, devo accoglierlo e affrontarlo. La vita è un dono».

Stefano Tosi