Sono 31 i detenuti che lavorano per Eolo nella casa di reclusione di Bollate, mentre nella sede dell’azienda, a Busto Arsizio, è stato assunto un uomo che ha lasciato il carcere. Luca Spada crede moltissimo in questo progetto e non solo: ha voluto lanciare un appello ai colleghi imprenditori perché percorrano a loro volta questa strada.
Una scelta che mostra più motivi per essere adottata: l’aiuto a una persona per ricostruire il suo futuro e non ricadere negli errori del passato, il contributo dunque al sistema Paese e benefici fiscali per le imprese.
Tre volte vittoriosi
Si parla spesso di logica win win: «Ma questo è un triplice win» osserva Luca Spada. Che ha anche condiviso un post sulla questione.
Nei giorni scorsi ho avuto il piacere di partecipare all'evento Partnership Pubblico-Privato: l'impatto positivo per comunità e aziende organizzato dall'amico Valerio De Molli, CEO di The European House-Ambrosetti. Il 2024 sarà il quarto anno di collaborazione con bee.4 altre menti. Come EOLO abbiamo ormai oltre 30 detenuti che lavorano per noi dalla Casa di Reclusione di Milano Bollate, oltre ad un ex-detenuto che ora lavora in sede a Busto Arsizio.
Alla scorsa assemblea di Confindustria Varese il tema era affiorato anche nel discorso del riconfermato presidente Roberto Grassi (LEGGI QUI).
«Certo – dice Luca Spada – sono stato suo vicepresidente per 4 anni. Ho preso a cuore questa attività, far conoscere a più imprenditori possibili l’importanza di dare una possibilità ai detenuti».
Il tasso di recidiva cambia
È un caso tipico in cui sensibilità e pragmatismo si incamminano insieme senza esitazioni. A sostegno, arrivano anche le cifre. Ci sono circa 60mila persone nei penitenziari italiani.
Dagli studi, ricorda Luca Spada, emerge che «il tasso di recidiva è altissimo, più del 70%, per i detenuti disoccupati. Mentre quello dei detenuti che hanno avuto la possibilità di lavorare è del 2%».
I benefici fiscali
Ma anche dal punto di vista di aziende e sistema ci sono tanti vantaggi. Spada mette a fuoco ad esempio i benefici fiscali. Per Eolo i detenuti si occupano del call center, attività che talvolta le aziende affidano all’estero: «Assumere un detenuto in Italia costa meno che assumere una persona in Albania, ad esempio: 520 euro di crediti di imposta al mese più 95% di sgravio sui contributi. Dunque ci sono due temi chiave, quello sociale e quello economico».
Ma Spada evidenzia un altro aspetto, quello motivazionale: «Sì, c’è una qualità significativa della persona. Nello specifico, il call center viene spesso visto come un impiego di ripiego, a tempo determinato… questo non per l’impresa ma per la persona appunto. Invece, per un detenuto è un lavoro che lo distoglie dalla routine quotidiana, non è chiuso in cella a guardare il soffitto, ma focalizzato sul lavoro e sul parlare con il cliente. Questa dedizione è introvabile…». Il futuro di queste persone passa dall’importante occasione che viene loro offerta: «Una persona che rimane 10, 15 o 20 anni in galera, perde completamente le relazioni sociali e il contatto con il mondo del lavoro. Se esce in queste condizioni, torna a delinquere perché non sa fare altro. Se invece in carcere ha sviluppato competenze e lavoro, va a lavorare».
Dall’abisso tracciato da quelle percentuali sulla recidiva agli antipodi, al tre volte “win”: anche lo Stato ci guadagna, poiché quel detenuto non tornerà in cella.
Come funziona
Eolo lavora con il carcere di Bollate, perché ha uno spazio per svolgere questo servizio, ma si sta valutando di estendere l’attività ad altre case di reclusione. A Busto Arsizio, ad esempio, la Valle d’Ezechiele si sta impegnando a sensibilizzare le aziende e a mostrare i primi frutti di assunzioni degli ex detenuti.
Come l’uomo che ha lasciato il carcere milanese «ed è stato subito preso nella nostra sede di Busto – ribadisce Spada – Tra l’altro ricordo agli imprenditori che i benefici fiscali valgono anche per i 18 mesi successivi alla fine della detenzione».
Un patrimonio prezioso
Di qui l’appello che Luca Spada lancia con forza ai colleghi: «Diamoci da fare. Tantissimi imprenditori oggi hanno un po’ di prevenzione, condivisibile ma per la maggior parte esagerata. Il mio invito è a togliersi qualsiasi tipo di pregiudizio. La legge Smuraglia c’è da 20 anni, eppure pochi la conoscono. Se si pensa che ci sono 60mila persone detenute… la prima volta che me l’hanno detto sono rimasto positivamente stupito. Sono lo 0,1% della popolazione. Uno può fare filantropia per un po’ di tempo, ma se non c’è un beneficio strutturale non può funzionare nel medio-lungo periodo o su un elevato numero di imprese».
Ecco perché anche sui social ha ribadito l’appello: «Amici imprenditori, abbiamo 60.000 persone negli istituti penitenziari italiani. C'è un patrimonio prezioso che aspetta di essere scoperto e valorizzato».