L’attrazione per i fumetti nata quando era piccolo, con Topolino. Poi, nel tempo, l’apprezzamento per le pubblicazioni più “da grandi”, come quelle della Bonelli, il culto della narrazione maturato sui romanzi, la scoperta del Fantasy. E l’approdo ai manga: Marco Rossi, classe 1976, residente a Gallarate, un lavoro alla Liuc di Castellanza, non si limita a sfogliare, a seguire e approfondire i propri gusti premiando le produzioni altrui. È un mangaka, un autore, per hobby e per passione. La sua opera più recente è una storia epica, di popoli e mondi. Con “Il vero volto” (foto sotto), Marco ha partecipato all’ultima edizione di Lucca Comics. Portandosi dietro il suo protagonista antieroe, Pumpu. «È un nome - spiega - che ho personalizzato, di lontana derivazione pre-romana. Addirittura etrusca. Viene da“Pompeo”, per semplificare. Pumpu è un fessacchiotto, adulto nel fisico e ragazzino dentro. È grande e grosso ma, per molti aspetti, infantile».
Non ne parli con grande trasporto…
Questo perché non sono mai innamorato dei miei personaggi. Ragiono molto sui loro difetti. Pumpu ricorda vagamente i forzuti di certo cinema, alla Maciste. O alcune caratterizzazioni di Bud Spencer. Durante la storia cresce. E arriva a combattere contro una figura che inizialmente ammira e che diventa negativa.
In quale contesto?
Nel mondo in cui vivono le popolazioni dei Ture e dei Rahase. Sono due società che si trovano a un livello di sviluppo paragonabile a quello della prima età del bronzo. I Rahase, che possiedono tecnologie leggermente migliori, vogliono sottomettere i Ture e ridurli in schiavitù. Cercano anche di imporre il loro dio, Raha.
E Pumpu?
È un convinto guerriero Rahase. Viene catturato da due streghe Ture. Costretto a confrontarsi con il lato negativo del suo credo, si smarrisce, perde identità. Per giunta, allaccia un legame affettivo con la strega più giovane, Tefari…
La trama sembra piuttosto articolata…
Lo è: in tutto “Il vero volto” si sviluppa su 270 pagine. Va detto che, in generale, gli appassionati di manga si aspettano storie estese.
Nel tuo caso, è un gusto che deriva dall’apprezzamento per i romanzi, per la narrazione sulla lunga distanza?
Forse. Ma se dovessi individuare una parentela tra manga e qualcos’altro, probabilmente sceglierei il cinema o il teatro. Arti in cui l’immagine e la gestualità sono centrali.
Come nasce un mangaka?
Posso parlare del mio caso… Ovviamente sono stato, e sono, un lettore. A un certo punto ho iniziato a disegnare, legandomi a un club, ma non ero molto bravo. C’è stato un po’ di tira e molla, anche per via degli studi e del lavoro… Sono migliorato partecipando a un corso.
“Il vero volto” è tutto tuo?
Sì, sono autore al cento per cento: sceneggiatura e immagini.
Quanto tempo prende la realizzazione di una graphic novel del genere?
Disegno quando riesco, ma con la massima costanza possibile. Mediamente produco una pagina in circa dieci ore, cioè il tempo che mi ritaglio più o meno in una settimana. Per ultimare “Il vero volto” ci sono voluti oltre cinque anni. Ed è stato pubblicato giusto in tempo per l’ultima edizione di Lucca Comics.
Lì come è andata?
È stato bello, come sempre. Per chi ama fumetti e affini, c’è tutto. E, come sempre, è stato necessario fare a spallate: la folla è parte integrante della manifestazione. Lucca è una città con meno di 100mila abitanti e un evento che accoglie 200mila visitatori. È un fantastico carnevale. Una delle manifestazioni, nel suo genere, più grandi al mondo, ma con un fascino tutto suo, dato anche dal contesto cittadino. Comunque…
Comunque?
Non ci sono capitato in mezzo, come autore, da un momento all’altro. Quando pubblicavo on line, sono entrato in contatto con un’associazione, il collettivo Mvp. “Il vero volto” è uscito per Massimo Vertua Production. Frequentiamo gli eventi legati alla cultura pop, continuando a fare parte di una sorta di sottobosco, di nicchia. Puntiamo sul concetto del “siamo diversi da”, proviamo a distinguerci in un mercato con tanti attori. E tanti colossi.
Ecco, il mercato. C’è spazio per un’opera come la tua?
Relativamente. Ammettiamolo: se non sei un appassionato è difficile che ci capiti su, anche se entri in un negozio specializzato. Non sempre le fumetterie apprezzano questo tipo di prodotto. E poi, se ampliamo lo sguardo sul panorama globale, esiste un “giro economico” che tende a premiare poche combinazioni fatte di casa editrice – personaggio – marchio. Pensiamo alla Marvel e alle avventure inesauribili che si generano intorno a un numero relativamente contenuto di protagonisti, proposti e riproposti… Spiderman, tanto per fare un esempio. Ecco, il mercato, in gran parte, è occupato da quello. In Giappone, il fenomeno è un po’ meno esasperato, le storie tendono ad avere una fine. Anche se Dragon Ball è nato nel 1984.
Però gli appassionati sono tanti, con gusti diversificati…
Sì. Chi non si immerge nei manga magari non lo sa ma, oltre alle produzioni più note, ne esistono moltissime altre. Quelle riconducibili al genere della commedia romantica, il fumetto coreano, che gode di ottima salute, e così via… Ho anche l’impressione che, in zona e non solo, siano parecchi a produrre lavori propri. Aggiungo che, negli ultimi 20-30 anni, è aumentato a dismisura l’interesse femminile per il fumetto. Hanno iniziato delle ragazzine che, col tempo, ovviamente sono cresciute. Ci sono tantissime donne in questo mondo, specialmente disegnatrici.
Che cosa consiglieresti a un potenziale autore, a qualcuno che vuole provare a disegnare la sua storia?
Spesso il suggerimento è: contieni il numero di pagine. I lettori di manga hanno davanti a sé innumerevoli esempi di avventure che proseguono anche per migliaia di pagine. Chi passa all’azione potrebbe fare un passo alla volta, imparare a gestire. Per incominciare, una ventina di pagine può essere un buon esercizio».
Tu ci riesci, a contenere?
Così così. Non sono mai sceso sotto le 32 pagine.
Le recensioni, o le interviste agli autori, si concludono sempre con le stesse informazioni. In questo caso sarebbero: Marco Rossi, “Il vero volto”, Massimo Vertua Production, 278 pagine, 20 euro.
Be’, possiamo aggiungere un dato generazionale. Quelli della mia età, o giù di lì, spesso considerano i 20 euro un prezzo alto. Non lo è, non per un volume interamente a colori. E c’è un paradosso: facile che i più giovani non facciano una piega. È una questione d’età, sono più abituati a maneggiare graphic novel, a riconoscere i vari tipi di pubblicazione. Hanno un vantaggio: ci sono nati in mezzo.