Ha condiviso 40 anni con i suoi pazienti gorlesi: lui, marnatese, dice che Gorla Maggiore l'ha adottato. A fine anno il dottor Amedeo Celora si congeda per la meritata pensione e il sindaco Pietro Zappamiglio lo saluterà sabato, esprimendo la riconoscenza del paese, delle generazioni che si sono rivolte a lui.
«Pazienti fantastici»
Un saluto semplice, perché questa è la storia di un medico di famiglia e della sua gente, una storia di normalità che però va raccontata, anche se sottovoce, per guardare al futuro, alle sue sfide. E anche per incoraggiare i giovani in un periodo storico che appare così complicato. Al posto del dottor Celora, è arrivato il dottor Alessandro Morrone che ha vissuto un periodo di cammino accanto a lui.
«Ho visto bambini diventare adulti, adulti diventare anziani sì... - osserva il dottor Celora - Ho cominciato nell'83 con le prime sostituzioni, poi l'inizio vero e proprio alla fine dell'85. Il medico di famiglia diventa suo malgrado, oltre che riferimento clinico, psicologico». Ciò significa anche ascoltare, dare un consiglio, prendere parte a quei momenti della vita familiare che poi restano impressi nei ricordi e nelle emozioni.
«Con i miei pazienti ho avuto la fortuna di essere accettato come una persona di famiglia - spiega ancora il dottor Celora - Mi hanno permesso di entrare nell’intimità della loro vita, non come semplice spettatore, ma ho partecipato emotivamente a situazioni molto intense. Ho vissuto una vita molto soddisfacente sotto tutti gli aspetti».
Il Covid e i tempi degli esami
In quarant'anni i mutamenti sono stati profondi. Ecco che si affaccia Internet e il dottore non lo demonizza: «È l'ansia che spinge a vedere le cose, ma questo permette anche di porre sul tavolo l'argomento e parlare con il paziente, è un modo diverso di agganciarlo. Si parte da una emotività incontrollata per ricondurlo in una situazione che sia razionale». Potere del dialogo, componente essenziale, per cui «ci vogliono tempo e pazienza, e poi richiede due interlocutori... Devo dire che ho avuto pazienti fantastici».
Ma poi è piombato addosso a quest'epoca il Covid, con le sue tracce che si appesantiscono sulla sanità invece di allentarsi: «La cosa peggiore è che ci ha lasciato un disordine assoluto nel poter fare esami. E sta peggiorando nel tempo. In quest'ultimo mese sento parlare di prenotazioni per il 2025... Una situazione difficile, soprattutto per gli oncologici... inaccettabile peregrinare da un ospedale all'altro».
I primi passi e il futuro
Il futuro si preannuncia con queste ombre, il passato ci riconduce ai primi passi del dottor Celora, appena uscito dall'università a Milano. I suoi maestri, sul campo, cioè all'ospedale di Busto, garantiscono una pratica che definisce di grande qualità: «Il dottor Savastano, il dottor Rocca, il dottor Gobbi, tre maestri super. Mi hanno permesso di imparare il mestiere e di rubarglielo, un pochino. Sono stato molto fortunato. Poi il vecchio dottor Borsani mi ha lasciato i suoi pazienti...».
I maestri sono quelli che aiutano anche a capire cos'è la vita e lavorare a Gorla Maggiore è stata una scuola, assicura: «Credo di aver dato parecchio dal punto di vista tecnico, ho una moglie innamorata del lavoro di insegnante. Quindi abbiamo entrambi una passione per le nostre professioni. Ma devo dire che ho ricevuto tantissimo dalle persone. Credo di aver vissuto molto pienamente la vita. Ci ho messo un po' di impegno anch'io e il rapporto con le persone è stato molto intenso - profondo».
Niente consigli ma...
Per chi ha avuto maestri come quelli menzionati, viene spontaneo chiedere un consiglio ai giovani. A maggior ragione in un momento come quello attuale, in cui si respira una disaffezione anche per questa professione, tra burocrazia e altri pesi.
«Difficilmente do consigli - osserva il dottor Celora - I giovani sono ben impostati. Dico una cosa banale, ma vera: bisogna avere una prospettiva di lungo termine sul proprio lavoro. Impostare il proprio lavoro in modo tale da essere all'altezza. In questo momento, poi, è importante la medicina di gruppo. Occorre creare gruppi di 6, 7 persone e dotarsi di personale infermieristico e di segreteria. Pensare alla telemedicina, alla diagnostica... Ci vogliono investimenti, ma bisogna guardare al futuro, non fermarsi alla giornata. Organizzarsi per essere all'altezza della situazione nei prossimi due decenni».
Mettersi insieme, guardarsi negli occhi e decidere: facciamo così. È l'immagine che il dottor Celora consegna, convinto che si possa «lavorare qualitativamente bene e godere del proprio lavoro». Allora, si può invitare un giovane a intraprendere questo mestiere «bellissimo e complicato», perché «dà un sacco di soddisfazione».