Tanti a invocare - almeno a parole, perché poi si fa in fretta a lagnarsi - un bianco Natale; invece in queste ore, si è tinta di grigia l'attesa. Un grigio bellissimo, elegante, se si può e si vuole tornare bambini.
La nebbia, quanti stamattina - al netto dei comprensibili timori per chi deve viaggiare - come bambini hanno sospirato, visto che ormai è così rara. La nebbia che tanto occulta e molto altro rivela, che fa avvertire di più i brividi, di freddo come di stupore. Che avvolge tutto e a un tratto si ritrae da un angolo del quadro, per raccontare meglio i colori: come si vede, ad esempio, al monumento della stazione centrale. O ancora, in piazza San Giovanni, sulla pista di pattinaggio, come una luminaria discreta e naturale.
La nebbia, o la scighéa come si dice a Busto Arsizio, questa antica compagna di viaggio che induce a rallentare, sostare, perdersi e ritrovarsi. Anzi, in città il vocabolario è vastissimo, perché ogni tipo di nebbia ha le proprie sfumature, quindi la propria definizione.
Viaggiando per Busto tutto sembra fermarsi per lasciarsi contemplare: il che nel periodo prenatalizio ha qualcosa di miracoloso. Una formula magica che fa in fretta a sciogliersi, a contatto con la routine e la tecnologia, prima che per le leggi del meteo.
Condividiamo così alcune immagini, ma soprattutto una poesia. Versi dello scrittore Luigi Giavini, che inducono a stare attenti a non disperdere l'effetto benefico della scighéa nei cuori.
Mi mancava la scighéa / frègiu mantello / per la natura assopita. / Sa smorzan i rumúi / voglia di camino / da stá insèma /apusi dul fögu. / Una mano senza cuore / la pizza a tv, / l'incanto svanisce