Foto inedite, documenti unici, interventi di esperti mai pubblicati, disegni esclusivi, notizie nuove. Di questo si è parlato ieri, 15 dicembre, alla Galleria Boragno in occasione della presentazione del secondo volume sulla Cascina dei poveri, a firma di Tito Olivato, Alice Fiorillo, Alfredo Castiglioni e Augusto Spada.
Un’oretta in cui il prof Olivato ha raccontato le novità sul gioiello quattrocentesco che pare abbia dato i natali a Beata Giuliana. Sono state spiegate slide con disegni e foto inedite, si sono aggiunte curiosità mai ascoltate sulla Cascina dei poveri, come quella parte antistante la chiesetta dove fino al secolo scorso si cucinava o sulla scuola elementare voluta dall’allora sindaco Lualdi.
Si è rispolverato il testamento di Giovan Battista Rauli, lo speziale appartenente a una famiglia benestante di Busto Arsizio che ha permesso la celebrazione della messa nella cascina, si è ricostruito il lavoro certosino dello storico a tu per tu con le fonti. Tant’è che Tito Olivato e Alice Fiorillo hanno setacciato per mesi gli archivi dell’ospedale di Busto Arsizio e di Stato di Milano portando alla luce lettere, testamenti, atti notarili, estratti, alberi genealogici e tanto altro. Tutto materiale interessante che è confluito appunto nel libro “Cascina dei poveri, luogo del cuore 2 – Tra cronaca di oggi e storia di ieri”.
E non sono mancati anche i riferimenti all’oggi: si è parlato delle attività che hanno interessato la cascina e l’oratorio in questi ultimi dodici mesi, sono sfilate immagini dei concerti, mostre, concorsi, bonifiche, attività di riqualificazione che hanno impegnato l’associazione Riabitare. Si è parlato del nuovo sodalizio, ma soprattutto si è voluto tenere alto il concetto che il passato non deve mai essere in nessun modo cancellato con un colpo di spugna. «Perché senza storia – ha rimarcato Olivato – l’uomo e la donna perdono la propria identità. Cancellare la Cascina significherebbe togliere in una sola volta oltre 500 anni di storia, di relazioni, di ricordi, di ansie, gioie, lavori, famiglie che hanno arricchito per più di mezzo millennio il territorio di Busto Arsizio, in particolare della periferia».
Applausi sono andati anche ai contributi dei due architetti recentemente scomparsi: Alfredo Castiglioni e Augusto Spada, il cui ricordo era testimoniato dalla presenza delle mogli e del figlio Alessandro. Dei due esperti che hanno divulgato la storia della città si è ricordato un intervento di Castiglioni all’Ite Tosi dove «si metteva in risalto – ha proseguito Olivato – la forza di un popolo e di un territorio le cui costruzioni avrebbero sempre dovuto tener conto del contesto e chi invece in diverse occasioni ha seguito la logica del facile guadagno a discapito del tessuto sociale: basti citare i palazzi prospicienti il Sempione, quelli su viale Stelvio che hanno trasceso il piano regolatore degli anni Settanta».
Di Spada si è rispolverato un intervento sulla Selva longa. «Il contributo dell’architetto, arricchito da quello di Padre Miano e di Roberto Pracchi mette in evidenza – ha concluso – l’importanza di questa zona molto vasta al tempo di Beata Giuliana e ora praticamente inesistente, un’area boschiva ricca di vegetazioni e di lupi e sorgeva lungo la Strata de Mediolano: una vasta brughiera che si estendeva tra Busto Arsizio e Gallarate».