Adamo Cocco, finalmente nella sua sala stampa. Dalla sua Pro Patria, seguita con professionalità, meticolosità e passione fino alla sua scomparsa.
Una domenica iniziata nel segno delle emozioni, quelle che non sono una fiammata, ma invitano a tenere acceso il fuoco di un mestiere, quello del giornalista, in un momento così complesso come quello del calcio.
Era stata decisa anni fa l’intitolazione della sala stampa dello stadio Speroni a quello che è un maestro del giornalismo sportivo, nato 101 anni fa e scomparso prematuramente a 57 anni. GUARDA QUI
Ci è voluto del tempo e molti personaggi che ha cantato, come pure colleghi e amici, non ci sono più. Altri erano lì, allo stadio Speroni, questa mattina ancora grati e e commossi. C’erano il figlio Dario e la nipote Cinzia, accolti da Sandro Turotti, direttore sportivo della Pro, e Nicolò Ramella, responsabile della comunicazione; la presidente Patrizia Testa ha fatto sapere di essere dispiaciuta perché non poteva essere presente. Per il Comune c’erano l’assessore allo Sport Maurizio Artusa e il collega Mario Cislaghi, il consigliere Luca Folegani. Quindi, l’ex presidente e giocatore Alberto Armiraglio che aveva portato avanti l’istanza della intitolazione, i rappresentanti dei club, del Pro Patria Museum e i giornalisti, ovviamente: di ogni tempo. Ma poi che batticuore alla vista di Gipo Calloni, uno dei pilastri della storia della Pro.
Un maestro, dice Giorgio Giacomelli, ricordando il fervore e l’organizzazione che permettevano un tempismo pazzesco per l’uscita dei giornali con i mezzi dell’epoca. E che sapeva “sgridare” il super presidente Peppino Cerana se toppava scelta tecnica.
Un maestro, con una genialità importante, ribadisce un altro collega, Aldo Restelli, «per quanto riguarda il calcio a Busto, ha creato un interesse superiore anche con nuovi giornali, ha fatto scuola».
Oggi, tra l’altro, ricorre un anno dalla morte di un caro collega, Giorgio Romussi, ieri ricordato alla Pasqua dell’Atleta.
Corsi e ricorsi che invitano a prendersi cura della memoria di chi ci ha preceduto.
Dario non ha seguito le orme professionali di papà, ma ne ha respirato i valori: «Mi fa molto piacere che finalmente ce l’abbiamo fatta. In questo gruppo c’è qualcuno che se lo ricorda ed è la soddisfazione più grande».
Un sogno è realizzato, dunque, ma a un patto per così dire: giustamente Artusa ha citato la fresca promozione della Primavera, quindi il futuro della Pro Patria.
Ecco il nostro nuovo sogno, che poi è la conseguenza naturale del precedente. Che di Cocco, ora che ha il nome stampato sul muro della sala stampa, si continui a parlare, che i giornalisti ne siano ispirati, che i tigrotti lo leggano tuffandosi in un mondo non senza problemi, ma dove i valori e la dedizione erano al servizio di un racconto leale, se necessario anche scomodo.
Per amore del giornalismo e dello sport, per il loro avvenire, si ricordi sempre Adamo Cocco.
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